venerdì 31 dicembre 2010

L'UOMO E IL TEMPO

IL TEMPO
Il tempo è un concetto relativo. Per noi terrestri, il tempo è iniziato con la formazione del nostro sistema solare. Esso si misura in anni, mesi, settimane e giorni. L'anno non è una misura arbitraria stabilita dall'uomo. E' una misura astronomica ricavata dall'attenta osservazione delle stelle. L'anno astronomico è il tempo occorrente affinchè la terra compia un giro completo intorno al sole e si trovi nell'esatta posizione iniziale.

Questo tempo è stato misurato in 365 giorni e sei ore. Per questo motivo, ogni quattro anni si ha un anno bisestile di 366 giorni. Il mese è la dodicesima parte dell'anno. La settimana, la quarta parte del mese, e il giorno, di 24 ore, rappresenta il tempo occorrente affinchè la terra faccia un giro su se stessa.

9) L'UOMO E IL TEMPO
Da quando ha scoperto l'agricoltura, l'uomo ha dovuto prendere coscienza dell'importanza del tempo. Da esso, infatti, dipendeva tutta la sua vita sociale: il tempo della semina e il tempo del raccolto; il tempo delle inondazioni e il tempo delle piogge. Egli aveva bisogno di conoscere quando questi eventi si sarebbero verificati per meglio programmare le sue attività.

Per sua comodità, l'uomo ha diviso il tempo in:
passato (il tempo che non c'è più),
presente (quello che c'è attualmente) e
futuro (quello che ci sarà).

L'uomo delle prime grandi civiltà (Mesopotamia ed Egitto) aveva imparato a misurare il tempo, ma non aveva imparato a dare un ordine cronologico agli eventi.

10) IL TEMPO CRONOLOGICO
L'idea di dare un ordine progressivo alle cose avvenute nel tempo (cronologia, dal greco chrònos = tempo) venne ai Greci del V secolo a.C. Essi stabilirono di prendere un punto di partenza per datare tutti gli eventi in ordine successivo (cronologia). Questo punto di partenza fu la prima edizione dei Giochi Olimpici, avvenuta nel 776 a.C.

Gli ebrei scelsero la data della creazione del mondo che, secondo la bibbia, avvenne nel 3760 a. C. I Romani partirono dal 753 a.C., quando, secondo loro, fu fondata Roma. I Mussulmani, invece, scelsero l'anno dell'Egira (662 d.C.), quando Maometto, il loro profeta, dalla Mecca fuggì a Medina.

Il mondo cristiano, infine, fa partire tutto dalla nascita di Gesù Cristo, che viene fissato come l'anno uno. Tutto quello che si trova prima viene indicato con 'avanti cristo' (abbreviato in a.C.). Tutto quello che si trova dopo viene indicato con 'dopo Cristo' (abbreviato in d.C.), ma si usa anche 'Anno Domine' (abbreviato in A.D.).

lunedì 27 dicembre 2010

PARLIAMONE: LA COMPARSA DELL'UOMO

3) UNA STRUTTURA BIOLOGICA RIVOLUZIONARIA: IL CERVELLO
La massa grigia che i primi rettili avevano nella loro scatola cranica
aveva la funzione di stabilizzatrice dell' equilibrio corporeo.
Nell'ominide, questa massa grigia era quantitativamente superiore alle sue
necessità biologiche ed era ancora in evoluzione. Essa era stata in continua
evoluzione sin da quando il primo rettile era comparso sulla terra.
Oggi sappiamo che il cervello dell'uomo è composto da tre strati: il
paleocervello, il primo strato, che rappresenta il cervello dei primi rettili, a
cui sono legati gli impulsi primordiali della paura e dell'aggressività; il
cervello- mammifero, il secondo strato, a cui sono legati gli impulsi del
sentimento, e la neocorteccia, il terzo strato, proprio dell'uomo, a cui sono
legati gli impulsi della razionalità (fig. 46, I tre strati del cervello
dell'uomo, da trovare).
4) L'EVOLUZIONE BIOLOGICA DEL CERVELLO
Quando l'uomo uscì dalla sua condizione animale aveva soltanto i primi due
strati: il paleocervello e il cervello-mammifero. Il terzo strato, la
neocorteccia, l'ha imcominciato a sviluppare quando ha iniziato il suo cammino
verso la completa umanizzazione.
Il peso del suo cervello, infatti, non è stato sempre uguale nel tempo. Il
primo esemplare della specie Homo, l'homo abilis, di cui parleremo più avanti,
aveva un cervello che oscillava tra i 650 e gli 800 centimetri cubici. Il
successivo homo erectus aveva una capacità cranica di 800-1300 centimetri
cubici.
Solo con l'uomo di Neanderthal si raggiungono le dimensioni attuali del
cervello, 1200-1600 cm cubici (fig. 47 Dalla figura puoi vedere l'evoluzione
della scatola cranica del'uomo. Quella dell'homo erectus è bassa e lunga. La
fronte poco spaziosa e le arcate sopracciliare molto massicce. In quella
dell'uomo di Neanderthal queste caratteristiche si affinano per raggiungere la
forma attuale con l'homo sapiens sapiens la cui calotta cranica è più alta ed
arrotondata, l'arcata sopracciliare meno massiccia e la fronte molto più
spaziosa).
5) LE FUNZIONI DEL CERVELLO
Ma a cosa serviva questa massa di materia grigia di cui la natura aveva
dotato l'uomo? A nulla, per i suoi bisogni immediati, che erano quelli della
ricerca del cibo, della ricerca di un riparo e della difesa dalle bestie feroci.
Ma essa era la sede dove venivano registrate le azioni che compiva giorno dopo
giorno e, quando ne prenderà coscienza, ne conserverà la memoria. Questo lo
renderà capace di sviluppare la sua intelligenza e, con questo nuovo potente
strumento, diventerà il dominatore assoluto della Terra.
PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com
Da questo momento, cioè dal momento in cui prenderà coscienza di questa
capacità del cervello, nell'evoluzione dell'uomo si avrà una biforcazione:
terminata la sua evoluzione biologica, con la formazione di tutti gli organi che
ha oggi, incominciò la sua evoluzione sociale e culturale.

giovedì 19 agosto 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (13)

L’EVOLUZIONE MENTALE DELL’UOMO
"Tutta la storia passata dell'uomo è un preludio alla sua capacità odierna di un pensiero logico [formale]" (Copeland, 1974: 35).

Pensiero logico che, tuttavia, l'uomo ha incominciato ad acquisire con le prime civiltà urbane, ma a livello diverso, o -se vogliamo- ad una maturità diversa.

La storia dell'uomo è stata una successione di stati di maturità. In ogni epoca, l'uomo storico ha raggiunto la sua maturità, ma ad un livello diverso. Generalmente superiore a quello precedente. Tranne nell'epoca medievale occidentale, quando si ebbe un REGRESSO.
In termini piagetiani, ogni maturità raggiunta (forma), o massimo livello di struttura mentale per quell'epoca, costituiva il contenuto della forma successiva.

E questo è il principio che ha guidato l'evoluzione mentale dell'uomo nella storia. Quando un popolo, una civiltà, o uno Stato, aveva raggiunto la sua maturità (forma), aveva preparato, per ciò stesso, il contenuto per l'uomo della civiltà successiva.

"Attraverso questo processo, gli stadi dello sviluppo cognitivo dimostrano un'essenziale relatività di FORMA E CONTENUTO, poichè ciò che è forma ad un livello diventa contenuto al successivo.

“Così le strutture operative concrete sono forma rispetta al livello senso-motorio che esse soppiantano, ma sono contenuto rispetto all'operatività ipotetica-deduttiva che ancora deve venire " (Rotman, 1977: 83).

La forma delle civiltà dell'Antico Oriente (pensiero transduttivo) costituì il contenuto della forma della civiltà greca (pensiero operatorio concreto), come quest'ultima costituì il contenuto della forma della civiltà europea (pensiero operatorio formale).

Per riassumere, il concetto di maturità è relativo. Non assoluto. E questo è vero sia per l'uomo come specie, sia per l'individuo. La maturità assoluta, per l'uomo, se esiste, si avrà solo quando egli avrà imparato ad utilizzare tutte le capacità-possibilità del suo organo cervello, che ora, come abbiamo visto, utilizza solo al tre per cento.

Ma anche allora, non è certo che non ci sarà un livello successivo. Se le capacità del cervello sono quelle di assimilare, organizzare, connettere, inventare, ecc., è probabile che egli troverà un modo nuovo di utilizzare questa capacità-abilità, per cui la fine potrebbe significare un nuovo cominciamento.

Già altre volte, l'uomo ha dimostrato di avere questa possibilità. Quando si credeva che ormai avesse raggiunto il massimo delle sue possibilità nel campo della conoscenza, c'è stato sempre qualcuno, individuo, nazione o civiltà, che ha fornito un nuovo paradigma ed il cammino è ripreso, ma su un altro binario. Non sarà questo il caso prossimo venturo?

La civiltà europea, di cui l'Inghilterra fa parte, è figlia dell'eredità sociale dell'uomo come specie che ha realizzato se stesso nella storia.

Nel XVI secolo dell'era moderna, in Inghilterra si erano create le condizioni per la nascita di un uomo nuovo, ma vecchio quanto la storia, che era destinato a prendere in mano i destini dell'umanità per condurla verso un nuovo ed impensabile traguardo: quello del sovvertimento totale dell'organizzazione sociale e produttiva, che era esistita sin dalla notte dei tempi (CIVLTA’ AGRICOLA), e dell'instaurazione di un nuovo sistema di produzione (CIVILTA’ INDUSTRIALE)che avrebbe cambiato il volto del mondo.

FINE

venerdì 13 agosto 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (12)

IL PASSAGGIO DEL TESTIMONE

Il passaggio da un livello di struttura mentale (o intelligenza) all'altro era " molto più complesso di una pura e semplice identificazione " (Piaget, 1967: 51). Il popolo, che aveva raggiunto l'ultimo livello, era incapace di raggiungere il successivo.
Per poterlo fare, esso avrebbe avuto bisogno di una maggiore capacità di rielaborazione delle conoscenze che esso stesso aveva prodotto. Questa incapacità lo rendeva non suscettibile di ulteriore sviluppo e lo faceva entrare in una fase di stagnazione indefinita..
Il processo si bloccava finchè non si iniziava di nuovo con un altro popolo o civiltà esterna, dotata di una grande capacità ricettiva e della duttilità mentale necessaria per compiere la nuova sintesi.
Nel mondo classico, questo popolo era un popolo barbaro (il proletariato esterno di Toynbee), che premeva sulle frontiere della civiltà. Nel mondo moderno, invece, era un popolo, che, pur partecipando della stessa civiltà, era rimasta indietro nello sviluppo, ma conservava intatte le sue potenzialità per fare un nuovo balzo in avanti, come è stato il caso dell'Inghilterra nell'ambito della civiltà europea.
Nel mondo classico, questo processo avveniva a livello di psicologia collettiva (civiltà, nazione, stato). Nel mondo moderno, sotto i colpi incalzanti della nuova massa di conoscenze accumulate in tutti i campi e la sua organizzazione attraverso il metodo scientifico, questo processo si verifica a livello di psicologia di gruppo (branca del sapere).
Nel campo della scienza moderna, per fare un esempio, quando una teoria scientifica, o paradigma, non risponde più alle esigenze della ricerca, la scienza, a cui quella teoria si riferisce, entra in crisi finchè non viene fornito un nuovo paradigma.
Tuttavia, questo nuovo paradigma, anche se anticipato da molto tempo, viene riconosciuto ed accettato solo quando il vecchio viene manifestamente ed universalmente dichiarato in crisi.
Di solito, il nuovo paradigma non sorge fintanto che il vecchio è ancora valido in qualche modo. "Quale sia la natura dello stadio finale - come avvenga che un individuo inventi (o trovi di aver inventato) un modo nuovo di dare ordine ai dati ora raccolti tutti insieme - rimane per ora inscrutabile e può darsi che lo rimanga per sempre.
“Possiamo notare soltanto una cosa in proposito: coloro che riescono a fare questa fondamentale invenzione di un nuovo paradigma sono quasi sempre o molto giovani oppure sono nuovi arrivati nel campo governato da quel paradigma che essi modificano.
“Forse non c'era bisogno di rendere esplicito questo: è ovvio, infatti, che sono quelli gli uomini, i quali, proprio perchè sono solo scarsamente condizionati dalle regole tradizionali della scienza normale da parte della precedente attività, hanno una maggiore probabilità di vedere che quelle regole non servono più a definire problemi risolvibili e di concepire un altro insieme di regole che possano sostituirle "(Kuhn, 1969: 117).
CONTINUA

giovedì 5 agosto 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (11)

L’UOMO SI REALIZZA NELLA STORIA

E' nella storia che l'uomo ha realizzato se stesso. Ed è nella storia che egli ha maturato i suoi livelli di struttura mentale: dal più basso, quello delle scimmie antropoidi, al più elevato, quello dell'uomo moderno.

Il raggiungimento di ogni livello ha richiesto secoli, anzi millenni di maturazione, come è stato il caso della civiltà egiziana e di quella mesopotamica, anche se più limitatamente.

Il tempo di maturazione, comunque, si è andato progressivamente contraendo. Dai millenni delle prime civiltà, ai secoli dell'epoca moderna ed ai decenni dell'era contemporanea.

Il livello raggiunto dipendeva dal particolare popolo storico che lo realizzava. Ma nessun popolo, o civiltà, è mai riuscito ad aggiungere più di un livello a quelli acquisiti ontogeneticamente.

Il processo attraverso il quale si è realizzato lo sviluppo dei livelli di struttura mentale è il seguente: il popolo, che era dotato delle energie necessarie per diventare civiltà, si presentava sulla scena del mondo come alunno che apprende tutte le conoscenze acquisite fino a quel momento.

Le fa sue, le imita (imitazione creatrice) e, nel periodo della maturità, crea una nuova sintesi, dando vita ad una nuova civiltà, diversa e più matura di quella precedente.
Dopo di che, sviluppata questa sintesi fino alla massima potenzialità (fase di crescita), non era in grado di svilupparne una nuova, pur avendo, nel frattempo, accumulato tutti gli elementi per farlo.

Quindi, l'organizzazione politico-sociale si irrigidiva e diventava ripetitiva (ripeteva se stessa) e sparivano sia le capacità assimilative, sia la potenza creatrice, e si consumava quello che si era prodotto nel passato senza nulla aggiungervi.
Era come se le energie vitali, che avevano prodotto quella sintesi, si fossero interamente prosciugate e al loro posto fosse rimasto un vuoto orgoglio per l'alto grado di organizzazione raggiunto (alto grado di civiltà).

La crisi si palesava completamente quando si sviluppava una psicologia collettiva di superiorità rispetto al mondo esterno, che veniva definito barbaro, per cui non si era più aperti al contributo esterno e si entrava in un lungo periodo di stagnazione.
Si consumavano le glorie del passato. Questo è stato il caso delle civiltà dell'Antico oriente, della civiltà classica, del Rinasciemto e dell'Inghilterra del mondo contemporaneo.

Il sistema politico ha giocato un grande ruolo nella realizzazione di questo processo. Esso era favorito in quelle società che garantivano all'individuo la libertà di essere e di agire.

Non sorgeva, o si inaridiva, in quelle società che comprimevano (o negavano) la sua libertà di autorealizzazione. Il ruolo della potenza politica, invece, sembra sia stata irrilevante.

Infatti " la cultura greca fiorì prima e dopo che le piccole città-stato ebbero la loro breve era di gloria militare. Gli italiani diedero il loro contributo quando le loro città erano lacerate dalla guerra civile ed erano in gran parte sotto il dominio di altre nazioni"(Muller,1952:70 ).

L'Inghilterra lo diede quando ancora lottava per risolvere i suoi problemi istituzionali all'interno e cercava un proprio spazio all'esterno nella sua eterna lotta contro la potenza militare dominatrice dell'epoca: la Francia.

CONTINUA

domenica 1 agosto 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (10)

LA VERITA’ COSTRUITA
La massa di conoscenza, accumulata nei millenni, è servita all'uomo per far acquisire al cervello-computer quel grado di specializzazione che lo ha messo in grado di trascendere la realà concreta per costruire la sua verità.
In altre parole, l’uomo è passato dallo stadio della verità-scoperta (pensiero astratto legata alla realtà) allo stadio odierno della verità-costruita (pensiero astratto formale).

Senza quella massa di conoscenza non si sarebbe mai potuto raggiungere l'attuale livello di struttura mentale. Ecco perchè il metodo sperimentale è stato una conquista che si è ottenuta per ultima.

Esso non segna solo l'inizio della rivoluzione scientifica, ma fu anche, e soprattutto, una rivoluzione del pensiero: moriva un modo di pensare legato alle cose concrete e ne nasceva un altro che si sentiva libero di trascendere la realtà per superarla.
Questo fu il risultato di uno sforzo collettivo di tutte le generazioni che si sono succedute nella storia dell'uomo, le quali hanno sviluppato lentamente, ma progressivamente, nuovi abiti mentali.

Questi abiti mentali "sebbene vengono assunti dagli individui non sono creati da essi: solo i grandi uomini possono indossarli con grazia e naturalezza, ma nessuno di essi è in grado di costruirne uno.

“Essi sono il prodotto della società. Sono il lavoro di un'infinità oscura di uomini e donne, senza pretesa di conquistarsi un posto in quella che viene chiamata la storia del pensiero.

“Essi appartengono, in breve, a quelle rappresentazioni collettive che nessuno ha saputo descrivere meglio del sociologo francese Durkheim. Queste rappresentazioni collettive, che costituiscono tutte le conoscenze che l'uomo possiede, sono il frutto di un'immensa collaborazione collettiva, che si estende non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Per produrle, una moltitudine di intelligenze ha associato, unito, mescolato le sue idee ed i suoi sentimenti" (Farrington, 1950: 4-5).

E la Rivoluzione industriale è una di queste rappresentazioni collettive, anche se sarà materialmente realizzata, nell'ultima fase, dall'Inghilterra.

Queste conquiste, tuttavia, non furono costanti nel tempo. Esse furono inframmezzate da lunghi periodi di stagnazione, di regressi a livelli inferiori e di grandi balzi in avanti.

Anche se finora abbiamo parlato dell'uomo, è chiaro che queste conquiste furono il prodotto finale di alcune popolazioni particolari che, per una serie di motivi, di cui parleremo più avanti, erano molto più avanzati nello sviluppo della struttura mentale.
Basti pensare che l'età del ferro, tanto per fare un solo esempio, si ebbe nel 3000 a.C. in Mesopotamia, nel 500 a Roma e solo nel 50 d.C. nella Germania meridionale.

Ma, anche se avevano una velocità di circolazione piuttosto bassa, queste conquiste si propagavano dappertutto e diventavano il patrimonio di tutta l'umanità, man mano che tutti i popoli progredivano nel loro livello di struttura mentale.

"Idealmente la tradizione sociale è una: l'uomo odierno è teoricamente erede di tutte le età ed eredita l'esperienza accumulata da tutti i suoi predecessori.
“Questo ideale, tuttavia, è lungi dalla realizzazione. Oggi l'umanità non forma una società, ma è divisa in molte società distinte; tutte le prove disponibili suggeriscono che questa divisione non era minore, anzi era più grande, nel passato, per quanto lontano possa penetrare l'archeologia "(Childe, 1949:21).

CONTINUA

giovedì 15 luglio 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (9)

PRIMUM COGNOSCERE DEINDE PHILOSOPHARE

E' stata questa necessità-bisogno di capire la realtà circostante, unitamente a quella di risolvere i problemi così come essi venivano ponendosi, senza sottovalutare la necessità-bisogno di soddisfare la propria curiosità, così caratteristica dell'uomo di tutte le epoche, che hanno creato quell'attività di pensiero, senza la quale non ci può essere sviluppo, che ha consentito l'accumularsi di una massa enorme di conoscenze che, innalzando costantemente il suo livello di struttura mentale, ha dato all'uomo, nell'epoca moderna, quella onnipotenza che si era attribuita confusamente nella fase pre-logica.
E questa rivendicazione di onnipotenza cosciente avverrà in Inghilterra, a partire dal XVII secolo, ad opera di Francesco Bacone, anche se gli strumenti per ottenerla saranno messi a punto da altri.
La confusione di pensiero tra il mondo interiore ed esteriore era la tappa obbligata per raggiungere l'abilità di dare ordine alla propria esperienza e fare una nuova sintesi che superasse la prima.
Nella fase logica concreta, l'uomo rimane ancora attaccato al mondo della natura. Non più per percepirlo come animato e dotato di intenzionalità, ma per percepirlo come realtà separata dal proprio io, su cui inizia a fare delle riflessioni per trarne tutte quelle conoscenze che gli consentiranno di avanzare ulteriormente a livello di pensiero.
Se nella fase precedente aveva sviluppato il PENSIERO INTUITIVO, in questa egli incomincia a sviluppare quello DEDUTTIVO. Con questo nuovo strumento (capacità INTUITIVA-DEDUTTIVA) interpreta il mondo del reale ed acquisisce il PRINCIPIO DI CAUSALITA’, che prima gli mancava.
Anche la lingua subisce una maggiore specializzazione. Si formano strutture più complesse che lo mettono in grado di esprimere la nuova articolazione di PENSIERO LOGICO-CONCRETO.
La capacità intuitiva-deduttiva è una " costruzione libera o almeno spontanea e diretta dell'intelligenza " (Piaget, 1970: 43), che non richiede alcuna organizzazione.
Essa, tuttavia, era una tappa obbligata per arrivare alla CAPACITA’-ABILITA’ INDUTTIVA, che richiede una organizzazione dei dati della conoscenza per arrivare dal particolare al generale, attraverso l'astrazione.
Ma un'astrazione ancora legata al mondo del reale, quella che Piaget chiama astrazione riflettente. Il pensiero formale, l'astrazione formale, si avrà solo nella fase successiva, quando non si lavorerà più su un dato o una conoscenza che viene dalla realtà, ma su un ipotesi, una congettura, un'intuizione che ci viene dalla massa delle conoscenze che abbiamo acquisito nel corso della storia, pur non essendo legata ad essa direttamente e molto spesso in contrasto con essa.
CONTINUA

giovedì 8 luglio 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (8)

L’UOMO SI REALIZZA NELLA STORIA

Nella storia dell'uomo, il PENSIERO AUTISTICO (Piaget, 1959: 43) delle popolazioni primitive era una condizione necessaria per raggiungere la STRUTTURA MENTALE TRANSDUTTIVA delle prime civiltà storiche, come quest'ultima era indispensabile per raggiungere il LIVELLO OPERATORIO CONCRETO delle CIVILTA’ CLASSICHE e questo, a sua volta, pose le premesse per arrivare al LIVELLO OPERATORIO FORMALE dei nostri giorni.
Ma nessuna popolazione , nessuna civiltà, è stata mai in grado di aggiungere, a livello di filogenesi, più di un livello all'evoluzione della struttura mentale dell'uomo.
Come nessuna popolazione, nessuna civiltà, è stata mai in grado di saltare un livello d’intelligenza. L'esperienza recente ha dimostrato che, quando l'uomo, che è in possesso di una struttura mentale logica formale, come quella dell'uomo contemporaneo, ha tentato di integrare al suo livello le POPOLAZIONI PRE-LOGICHE PRIMITIVE, che ha incontrato sul suo cammino, ne ha fatto dei DISADATTATI e li ha DISTRUTTI PSICOLOGICAMENTE, facendo loro perdere la propria identità.
Lo sviluppo delle strutture mentali, a livello filogenetico, non può essere abbreviato. Esso è strettamente correlato alla massa di informazioni che l'organo cervello deve elaborare, e al suo grado di specializzazione.
Al livello pre-logico, il suo grado di specializzazione è molto basso. La massa di informazioni che deve elaborare è esigua (Lindberg, 1935). nè sarebbe in grado di elaborarne una maggiore.
Per farlo avrebbe bisogno di una maggiore specializzazione, e questa si può raggiungere solo gradatamente attraverso l'elaborazione di nuove e più avanzate conoscenze che derivino dall'esperienza(sua e/o delle generazioni precedenti)- la sola ed unica fonte di acquisizione di conoscenze (Newell-Shaw-Simon, 1958).
E' questa PROGRESSIVA SPECIALIZZAZIONE che condurrà l'uomo all'ultima tappa (finora) del suo sviluppo mentale: quella di PROGRAMMATORE DI CONOSCENZE.
Da qui le QUATTRO EPOCHE PEDAGOGICHE dell'uomo: quella della VERITA’ INTUITA, quella della VERITA’ RIVELATA, quella della VERITA’ SCOPERTA e - ultima tappa al presente - quella della VERITA’ COSTRUITA.
Ma anche all'interno dello stesso livello di struttura mentale non sono possibili salti o abbreviazioni. Le capacità INTUITIVE precedono quelle DEDUTTIVE; queste, a loro volta, precedono quelle INDUTTIVE e, quest'ultime, precedono quelle SPERIMENTALI.
Invertire l'ordine dei fattori, in questo caso, il prodotto cambia. Così come cambia saltandone uno. L'uomo ha iniziato la sua storia (fase sensomotoria) acquisendo la capacità di organizzare le sue sensazioni percettive e coordinare i suoi movimenti(kohler,1957).
L'acquisizione di queste sue abilità fondamentali, che lo hanno fatto staccare per sempre dal ramo delle sue cugine scimmie, lo ha fatto entrare nella seconda fase (quella pre-logica o pre-operativa) del suo sviluppo mentale, in cui egli " attribuisce a se stesso l'onnipotenza " (Freud, 1970: 130).
In questa fase egli sa "Come è fatto il mondo, [lo sa ] al modo stesso in cui [percepisce] sè medesimo " ( Freud, 1970: 134 ): dotato di vita e di intenzionalità.
“Inizialmente è vivente qualsiasi oggetto che abbia un'attività, essendo questa essenzialmente relativa all'utilità dell'uomo... Poi la vita è riservata ai mobili e infine ai corpi che sembrano dotati di moto proprio, come gli astri e i venti.
“Alla vita è ricollegata, d'altra parte, la coscienza, non una coscienza identica a quella dell'uomo, ma il minimum di consapevolezza e intenzionalità necessarie alle cose per compiere le loro azioni e soprattutto per muoversi e dirigersi verso le mete loro assegnate (finalismo)...
“L'animismo e il finalismo esprimono una confusione o mancanza di distinzione tra il mondo interiore e soggettivo e l'universo fisico, e non un prevalere della realtà psichica interna" (Piaget, 1967: 34-35).

CONTINUA

giovedì 1 luglio 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (7)

LE CRISI DI CRESCITA

Il processo di sviluppo della struttura mentale, che ho descritto, non è cumulativo. È evolutivo. Esso non si verifica per stadi obbligati attraverso un processo ineluttabile di crescita e trasformazione. Dal più semplice al più complesso. Ma si realizza attraverso una serie di equilibri in sè conchiusi e perfetti, che vengono messi in crisi in successione, e , quindi, superati da una nuova massa di dati (informazioni).
"Questo significa che ogni livello superiore rappresenta qualcosa di nuovo rispetto a quello che lo precede, e non può essere compreso che nei suoi stessi termini.
“Il livello più primitivo non può essere derivato mediante sottrazioni di singole qualità da un livello superiore. Ogni livello, per quanto primitivo possa essere, rappresenta una totalità relativamente conchiusa, autosufficiente.
“Per contro, ogni livello superiore è fondamentalmente un'innovazione e non può essere ottenuto mediante semplice addizione di certe caratteristiche a quelle che contraddistinguono il livello precedente " (Warner, 1970: 20-21).
Nell'individuo le crisi vengono provocate, e risolte, o da un ambiente particolarmente favorevole o dal sistema educativo, o da entrambi.
Ogni crisi è la premessa per raggiungere il livello successivo di struttura mentale , che comprende ed ingloba i livelli precedenti, ma è qualitativamente diverso.
I livelli precedenti sono preparatori dei livelli successivi (Rey, 1930-48, I: VII). Senza i primi non è possibile avere i secondi. "Ogni livello di struttura mentale, integrando quelli precedenti, riesce a liberare, in parte, l'individuo dal suo passato e ad inaugurare nuove attività " (Piaget-Inhelder, 1969: 150).
Ogni individuo può raggiungere, teoricamente, tutti i livelli di struttura mentale che l'uomo ha maturato nella filogenesi fino a quella particolare epoca storica. Teoricamente, perchè abbiamo visto che non tutti gli individui riescono a raggiungere gli stessi livelli.
Alcuni si fermano ai livelli più bassi, altri - pur raggiungendo livelli più elevati - non vi riescono a permanere. Solo una minoranza li raggiunge stabilmente.
E questo dipende da tanti fattori. Dall'ambiente socio-economico-culturale. Dal sistema politico. Dal sistema educativo, e, non ultime, dalle potenzialità neurologiche (Imhelder-Piaget, 1958: 150).
Il livello di struttura mentale dipende dalle abilità acquisite. Ogni livello rappresenta il momento culminante di ciò che si è preparato nei livelli precedenti.
Nei primi livelli si acquisiscono quelle abilità-capacità che rendono possibile una nuova, diversa e più completa organizzazione dei dati della conoscenza.
E questo è stato il processo attraverso il quale si è realizzato lo sviluppo dei livelli di struttura mentale.

CONTINUA

giovedì 24 giugno 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (6)

LE TRE ETA’ DELL’UOMO

L'individuo, nel suo sviluppo, attraversa tre età fondamentali: quella in cui prevale l’INTELLIGENZA PSICOMOTORIA, quella in cui si afferma la forma di PENSIERO EGOCENTRICA e quella, infine, in cui si forma il PENSIERO RAZIONALE. All'interno di queste troviamo i quattro LIVELLI PSICOLOGICI o di STRUTTURA MENTALE, di cui abbiamo già parlato nel post precedente.

Nel primo di questi livelli, quello SENSOMOTORIO, che va dalla nascita ai diciotto mesi, e che corrisponde alla prima età dell'uomo, dell’uomo che usciva dalla ferinità, si passa dai RIFLESSI SEMPLICI alle SEMPLICI ABITUDINI per arrivare, man mano, a comportamenti più complessi, quali il COORDINAMENTO DELLA PERCEZIONE E DEL MOVIMENTO, l'invenzione del CONCETTO FINE-MEZZO e il concetto della PERMANENZA OGGETTIVA.

Nel secondo, che va DAI DUE AI SEI ANNI e che corrisponde alla SECONDA ETA’ DELL’INDIVIDUO, non si riesce a fare una distinzione tra il PROPRIO IO e la REALTA’ ESTERNA, che viene vista come ANIMATA DI VITA PROPRIA (ANIMISMO) e di una propria finalità (FINALISMO) (Piaget, 1967: 34).

In questo livello si sviluppano l'immaginazione, il linguaggio e le facoltà percettive. La forma di pensiero è egocentrica, irreversibile, e manca del concetto di conservazione.

Il terzo, che va dai sette agli undici anni, supera le limitazioni della stadio precedente. Il pensiero diventa reversibile e ordinato; si sviluppano le capacità logiche concrete e si acquisisce il principio di causalità.
Del quarto, che va dai dodici ai sedici anni , non abbiamo bisogno di aggiungere altro a quanto già detto.

Questi livelli di STRUTTURA MENTALE, o età psicologica, non sono fissi nel tempo. Essi sono quelli che l'individuo ha maturato nell'epoca moderna.
Nelle epoche passate, e fino al XVI secolo, essi erano presenti solo fino al terzo livello, e quindi l'età cronologica corrispondente nell'individuo nei vari livelli era molto più alta di quella citata più sopra.

"Non si dimentichi che quello che per Pitagora e Archimede o per Galileo e Newton era punta avanzata del progresso, col passare dei secoli è divenuto materia d'insegnamento nelle scuole medie, perfino per alunni non particolarmente dotati " (Laeng, 1982: 385).
Solo pochi individui di alcune civiltà, come vedremo, riuscirono a raggiungere il quarto livello, ma non completamente.

La MENTE DELL’UOMO ha bisogno di tempo per svilupparsi. Questo tempo non è elastico, ma rigido. Nell'ONTOGENESI esso non può essere anticipato o posticipato, a meno che non si persegua volutamente questo scopo, falsando un pò quelli che sono i ritmi di crescita naturali.

Ogni età ha il suo sviluppo mentale. Questo sviluppo non è legato esclusivamente a fattori neurologici, ma vi giocano un grande ruolo la trasmissione sociale e l'ambiente.
Se questi due fattori sono idonei, il periodo cronologico di maturazione dei livelli nell'individuo può essere più breve e "niente impedisce che, in un futuro più o meno distante, l'età media [di maturazione dei livelli] subisca un'ulteriore riduzione" ( Inhelder, 1958: 337 ).

Questo è ancora più vero se si tiene conto che le attuali capacità dell'organo cervello (neocorteccia) sono utilizzate solo per il due-tre per cento.

La transizione tra un livello e l'altro "avviene per mezzo di due processi: l'ORGANIZZAZIONE, che integra una struttura psicologica all'altra, e l'ADATTAMENTO, che modifica le strutture psicologiche in risposta all'ambiente...

“L'adattamento comprende l'ASSIMILAZIONE e l' ACCOMODAMENTO, due processi complementari che sono presenti in ogni atto cognitivo. L'individuo assimila ogni nuova esperienza a ciò che già conosce, e, nello stesso tempo, accomoda ciò che conosce a ricevere la nuova esperienza.

" L'assimilazione e l'adattamento sono le stesse in tutte le età... molti cambiamenti della nostra vita cognitiva avvengono lentamente... ed essi avvengono in alcune persone prima che in altre. Ciononostante, raggiungiamo alcune abilità in un tempo più o meno definito (sebbene le abbiamo costruite lentissimamente), e poi rimaniamo fermi in quello stadio finchè non siamo pronti per passare a quello successivo " (Ambron, 1978: 85).

CONTINUA

giovedì 17 giugno 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (5)

I LIVELLI EVOLUTIVI DELL’UOMO

L'individuo, da quando viene al mondo e fino al raggiungimento della maturità, attraversa quattro livelli evolutivi o psicologici.
In ogni livello matura una STRUTTURA MENTALE legata ad una precisa forma di pensiero:FIGURATIVO o OPERATIVO. Il PENSIERO FIGURATIVO è PERCETTIVO, IMITATIVO, FANTASTICO. Esso COMPRENDE LA REALTA’ NELLA SUA STATICITA’: l'ESSERE DELLE COSE.
Il PENSIERO OPERATIVO. Che può essere CONCRETO O ASTRATTO, non si ferma alle cose così come sono percepite e vissute, ma la conoscenza delle cose è presa come punto di partenze per operare delle TRASFORMAZIONI su di esse.
E' concreto quando esso rimane LEGATO ALL’ESPERIENZA. E' astratto quando esso TRASCENDE il dato dell'esperienza materiale. E l'ASTRAZIONE, a sua volta, SI REALIZZA IN DUE MODI DIFFERENTI. Nel primo modo si astrae dalla realtà quale essa è o si presenta ed è quindi collegata direttamente con l'esperienza.
A questo tipo di astrazione sono collegate le conoscenze empiriche (es., il bambino che ha due pesi in mano astrae che hanno pesi differenti, ecc.).
Nel secondo caso non si astrae direttamente dalla realtà, ma dalle operazioni compiute su di essa (es., se prendo dieci sassolini e li metto in un certo ordine ottengo dieci, ma comunque cambio l'ordine ottengo sempre dieci; quindi, compiendo queste varie operazioni sulla realtà - i sassolini - ho ottenuto una conoscenza che non è necessariamente legata ad essa, ma è legata alle operazioni che ho fatto su di essa. In questo caso ho scoperto la PROPRIETA’ COMMUTATIVA. Questa è un'operazione intellettuale che solo il soggetto poteva operare, anche se essa è insita nella realtà).
Piaget chiama astrazione semplice il primo tipo di astrazione e astrazione riflettente il secondo. A questa ultima definizione, tuttavia, Piaget attribuisce un doppio significato.
Nel primo significato, che va attribuito "al passaggio da un livello evolutivo inferiore, dove la riflessione cosciente è assente o minima, a un livello superiore " (Inhelder, 1982: 414), l'astrazione avviene operando sui dati reali della propria esperienza concreta(vedi il caso dei sassolini). In questo significato, l’ASTRAZIONE viene definita propriamente RIFLETTENTE.
Nel secondo significato, l’individuo è in grado di coordinare ed organizzare le azioni con quelle che già possiede (Inhelder, 1982: 414). Quando l’individuo ha maturato questa capacità, ha raggiunto il PENSIERO FORMALE, che è il più avanzato che l'uomo abbia mai raggiunto.
La realtà viene completamente trascesa per avanzare ipotesi, costruire modelli, stabilire teorie, ecc., anche in contrasto con i dati della propria esperienza.
" E' chiaro che i processi mentali che entrano in azione nelle operazioni formali sono alquanto complessi e astratti... Essi sono, in effetti, alla base del pensiero scientifico (Flavell, 1963).
Solo un quarto degli adolescenti e un terzo degli adulti sono in grado di raggiungere il LIVELLO DELLE OPERAZIONI FORMALI(Kuhn, Hanger, Kohlberg e Hoan, 1977) .
Ci sono degli individui che sono incapaci di raggiungere il livello delle ASTRAZIONI FORMALI, anche se alcuni possono raggiungere questo livello in modi più appropriati alle loro attitudini, come, per esempio, nel campo delle specializzazioni professionali (Piaget).
Il livello delle OPERAZIONI FORMALI non è universalmente raggiunto da tutti gli individui. E chi lo raggiunge non ha la certezza di averlo raggiunto in via definitiva e conservarlo (Neimark, 1975).
In altre parole, può accadere che un adolescente, che ha raggiunto il livello delle operazioni formali quando frequentava le lezioni di fisica e chimica ad alto livello, può, dopo pochi anni, dimenticare il processo logico di approccio che egli usava e, perciò, trovarsi in difficoltà quando deve risolvere un problema quotidiano che richiede una attenta e meditata analisi logica (Watron-Lindgen,1979: 128).

CONTINUA

giovedì 10 giugno 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (4)

LA STRUTTURA MENTALE DELL’UOMO

La storia ci dice che l'uomo è passato attraverso un'evoluzione di pensiero che lo ha portato da un grado di conoscenza del tutto inesistente (primi uomini) ad uno di grande rilievo (uomo moderno).
La storia ci dice ancora che questa evoluzione è avvenuta in milioni di anni: dall'uomo che incominciò a levigare la prima pietra all'uomo che muove alla conquista dello spazio nell'era dell'intelligenza artificiale.
Questa evoluzione all'inizio fu lentissima, quasi impercettibile. Per milioni di anni, pur avendo un cervello biologicamente identico a quello di oggi, l'uomo continuò a servirsi quasi esclusivamente del PALEOCERVELLO e di quello sovrapposto dei primi mammiferi.
La sua vita era fatta di ISTINTI, di PAURE e di SENTIMENTI allo stato primordiale. La NEOCORTECCIA, che doveva rivelarsi, poi, come la SEDE DI TUTTO L’UNIVERSO DELLE COSE UMANE, era lì pronta per essere utilizzata, ma non lo era.
Solo lentamente l'uomo ha imparato ad acquisire le sue conoscenze, ad organizzarle, a razionalizzarle e crescere, per ciò stesso, nella sua struttura mentale. Questa crescita, per quel che ne sappiamo, si è accelerata negli ultimi seimila anni, da quando è comparso quello che chiamiamo l'UOMO CIVILE, l'UOMO DELLA STORIA, il fondatore delle prime grandi civiltà.
"Se è vero che l'individuo ancora ricapitola in miniatura la storia della razza" (Cornford, 1932), attraverso quale processo è avvenuta questa crescita(FILOGENESI)?
Il meccanismo fondamentale è stato il seguente: una massa di informazioni, conoscenze e rappresentazioni, organizzate attorno ad una struttura mentale, crea una situazione di equilibrio.
Ma ogni equilibrio è instabile. Una nuova massa di informazioni, conoscenze e rappresentazioni, che non è assimilabile dalla struttura mentale esistente, lo mette in crisi e provoca la formazione di un nuovo equilibrio e quindi di una nuova struttura mentale, di una NUOVA INTELLIGENZA.
Questo processo può teoricamente continuare all'infinito. Ma nell'uomo, come si è storicamente determinato, ha prodotto finora quattro tipi di intelligenze (sensomotoria, pre operativa, operativa concreta, operativa formale).
Ma lasciamo la parola alla EPISTEMOLOGIA GENETICA, che si è assunta il compito dichiarato di studiare "la formazione e il significato della conoscenza [e di vedere] per quali vie e quali mezzi la mente umana passa da un livello di conoscenze inferiore ad uno più avanzato...
“di spiegare come avviene la trasmissione tra un livello di conoscenza inferiore a uno che è generalmente giudicato essere più avanzato... Questi passaggi sono di natura storica e psicologica e, qualche volta, persino di natura biologica" (Piaget, 1970: 12-13).
Questo studio, tuttavia, diventa possibile solo se si parte "dall'ipotesi fondamentale... che c'è un parallelismo tra l'organizzazione logica e razionale [dei dati] della conoscenza e i corrispondenti processi psicologici formativi [dell'uomo]...
“Naturalmente il campo di studio più fruttuoso e più ovvio sarebbe la ricostruzione della storia umana - la storia del pensiero umano nell'uomo preistorico. Sfortunatamente, non siamo sufficientemente informati sulla psicologia dell'uomo di Neandertal o sulla psicologia dell'Homo siniensis di Teilhard de Chardin.
“Poichè questo campo della BIOGENETICA ci è precluso, faremo come fanno i biologi e ci rivolgeremo all' ONTOGENESI. Niente potrebbe essere più accessibile dell'ontogenesi per lo studio di queste nozioni.
“Ci sono bambini attorno a noi. Ed è con i bambini che avremo la migliore possibilità di studiare lo sviluppo del pensiero logico, del pensiero matematico, del pensiero legato al mondo fisico e così via " (Piaget, 1970),
CONTINUA

giovedì 3 giugno 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (3)

L’UOMO COSTRUTTORE DELLA SUA MENTE

L'uomo primitivo e l'uomo moderno hanno avuto ANATOMICAMENTE e BIOLOGICAMENTE le stesse potenzialità. Solo che l'uomo primitivo non poteva sfruttare queste potenzialità perchè il suo cervello era ancora allo stato grezzo. Era una lavagna dove non c’era scritto nulla perchè non aveva ancora acquisito esperienze-conoscenze.
Il Cervello, per acquisire la sua SPECIALIZZAZIONE, e diventare MENTE, ha seguito questo processo: un lunghissimo periodo storico di ACCUMULAZIONE e di CODIFICAZIONE delle CONOSCENZE acquisite attraverso le esperienze quotidiane (scheggiare-levigare la pietra, accendere il fuoco, ecc.); poi ha imparato ad ORGANIZZARE E TRASFORMARE queste conoscenze.
Infine, attraverso la TRASMISSIONE ORGANIZZATA, ha imparato ad UTILIZZARE QUESTO SUO “SAPERE”. Solo quando è arrivato a questo punto (epoca moderna) ha incominciato a PRODURRE CONOSCENZE A GETTO CONTINUO con l’ausilio del METODO SCIENTIFICO.
"la trasmissione organizzata è incominciata con l' istituzionalizzazione del progresso scientifico.“L'accumulazione delle conoscenze, specialmente della conoscenza scientifica, è praticamente senza limiti.
“Ma questo processo di accumulazione è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per la possibile continuazione dell'EVOLUZIONE BIOLOGICA. Però è certamente una condizione “sine qua non” per l'ULTERIORE SVILUPPO DELL’INTELLIGENZA" (Leinfellner, 1983: 166).
I neurologi hanno stimato che, nella fase attuale, l'uomo usi solo il due o tre per cento delle potenzialità dei NEUROTRASMETTITORI interni del cervello (Koesler, 1959: 514). E questo è molto importante ai fini dello sviluppo della sua intelligenza futura.
Ma come è avvenuto questo processo? Noi sappiamo che, biologicamente, l'uomo è rimasto immutato da almeno diecimila anni. Sappiamo anche qual è stata la sua evoluzione.
Dalla primordiale forma di pesce che vive nelle acque tiepide e salmastre di un mare primordiale (Tetide), alla forma di un anfibio, per passare poi a quella di rettile, per raggiungere, infine, quella di mammifero.
La storia di questa evoluzione (FILOGENESI) è inscritta dentro ognuno di noi esattamente così come si è svolta. Essa si ripete ogni qual volta un ovulo viene fecondato.
Nella vita del feto si riproducono (ONTOGENESI), secondo la "LEGGE DI RICAPITOLAZIONE" di Hackel,le tappe dell'evoluzione dell’uomo. C'è uno stadio nello sviluppo del feto in cui si somiglia ad un pesce (che vive nello stesso ambiente tiepido e salmastro del mare primordiale), poi ad un anfibio e, infine, a un mammifero.
Così, nell'ONTOGENESI, si ripercorre, in nove mesi, il cammino che nella FILOGENESI ha richiesto milioni di anni. Ricerche più recenti hanno dimostrato che l'ontogenesi dell'uomo si può scrivere anche per altre strade: quella del DNA o acido desossiribonucleico.
I genetisti hanno dimostrato, attraverso l'esame del DNA, che l'uomo differisce dalle SCIMMIE ANTROPOIDI, dal punto di vista genetico, soltanto dell'un per cento.
Questo significa che l'uomo, con quell'un per cento, ha saputo costruire la sua EVOLUZIONE MENTALE E CULTURALE..
L'EVOLUZIONE BIOLOGICA è il prodotto del caso e della necessità (Jacob, 1971) ed appartiene al regno della BIOGENETICA. L’ EVOLUZIONE MENTALE è, invece, il PRODOTTO, via via sempre più cosciente, dell'UOMO ed appartiene alla PSICOLOGIA GENETICA e alla EPISTEMOLOGIA GENETICA.
Questo "processo di SVILUPPO MENTALE... sembra svolgersi, con un notevole parallelismo, sul piano della STORIA DELLA CULTURA e su quello della STORIA DELL’INDIVIDUO" (Petter, 1971).

CONTINUA

giovedì 27 maggio 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (2)

LA MENTE-COMPUTER
Il cervello dell'uomo, molto impropriamente, può essere paragonato ad un computer. Prima di incominciare a funzionare ha bisogno di dati. L'uomo, che usciva dalla ferinità, questi dati non li aveva.
La sua massa-cervello era una TABULA RASA. Egli era come il neonato che "non immagina niente perchè non ha memorizzato niente" (Laborit, 1977: 42).
I dati (CONOSCENZE), che servivano per mettere in funzione il cervello, e farlo specializzare come MENTE, dovette acquisirli per gradi e lentamente. Questo PROCESSO EVOLUTIVO richiese tempi biblici.
Tempo materiale per accumulare i dati (CONOSCENZE) attraverso l'esperienza (informazioni memorizzate). Tempo per organizzare queste conoscenze e codificarle.
Man mano che acquisiva una maggiore quantità di CONOSCENZE ORGANIZZATE si verificava una MAGGIORE SPECIALIZZAZIONE del cervello. Per cui si innestava un PROCESSO VIRTUOSO che faceva crescere le capacità intellettive dell’uomo.
E questa crescita non è destinata a fermarsi. È un meccanismo che si autoalimenta. Una maggiore specializzazione della mente consentiva, e consente, l'elaborazione di una maggiore quantità di CONOSCENZE, che, a sua volta, provocava, e provoca, un ulteriore avanzamento nella specializzazione del cervello (Morin, 1974).
E così si andrà avanti finché il cervello non avrà utilizzato appieno tutte le sue POTENZIALITA’, che oggi sono utilizzate intorno al 3%.
Infatti, "il cervello umano... mentre produce software [elabora dati], e cioè mentre esplica tutte le sue funzioni, non rimane immutato. Cambia anche nella sua struttura.
“Il suo hardware [massa-cervello], che è costituito da trenta miliardi di cellule nervose [NEURONI], cambia a causa degli innumerevoli messaggi che determinate sostanze chimiche [NEUROTRASMETTITORI] fanno rimbalzare da una cellula all'altra.
Questa RETE MIRABILIS [cervello], come è stata chiamata, che lega tutte le cellule in conseguenza degli stimoli esterni, si modifica e si evolve " (Costa, 1986).
In altri termini, il cervello dell'uomo ha funzionato, attraverso le epoche storiche, come hanno funzionato i computers moderni, la cui capacità di dare risposte (RISOLVERE PROBLEMI) è strettamente legata alla loro programmazione.
L'input determina l'output. Più dati si forniscono alla macchina, più questa sarà in grado di dare risposte elaborate e complesse, proprio come il cervello dell'uomo, il quale, non lo si dimentichi, ha la FONDAMENTALE ABILITA’ di ORDINARE, CATALOGARE, CLASSIFICARE, ASSIMILARE, CONFRONTARE, SELEZIONARE, ASSOCIARE.
In breve, il cervello ha la CAPACITA’-ABILITA’ di elaborare i dati (INFORMAZIONI)acquisiti per estrarre da essi le informazioni di cui sono depositari.
In effetti, "l'intelligenza dell'uomo non può consistere solo nell'aumentare le proprie conoscenze, ma consiste, più propriamente, nel RIELABORARE, RICATALOGARE e, quindi, GENERALIZZARE LE INFORMAZIONI IN MODI NUOVI E SORPRENDENTI" (Rosenfeld, 1988: 168).
CONTINUA

giovedì 20 maggio 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (1)

LE DOTAZIONI BIOLOGICHE DELL’UOMO
L'uomo è il prodotto dell'evoluzione delle forme viventi sul nostro pianeta. Egli viene da lontano. Anzi da lontanissimo. E, nella sua forma attuale, è relativamente recente (qualche milione di anni, dice la paleontologia). Per quello che ne sappiamo, sembra che egli sia l'unico animale ad usare RAZIONALMENTE la massa contenuta nel suo cranio: il CERVELLO.
Questa massa-cervello, ci dice la biologia, è anch'essa frutto dell'evoluzione. Essa è composta da tre strati distinti:
1) il PALEOCERVELLO o CERVELLO FERINO (dall'essere primitivo, il rettile), da cui discendono gli impulsi dell'AGGRESSIVITA’ e degli ISTINTI, ed è dotato di MEMORIA CORTA;
2) il CERVELLO DEI PRIMI MAMMIFERI (sovrapposto al primo), dotato di MEMORIA LUNGA, da cui discendono gli impulsi dell' AFFETTIVITA’, del SENTIMENTO e della PAURA;
3) il NEOCERVELLO o NEOCORTECCIA, dotata di CAPACITA’ ASSOCIATIVA, che è propria ed esclusiva dell'essere umano,per cui ne fa un ESSERE RAZIONALE ED INTELLIGENTE, MA ANCHE UN ESSERE DEBOLE.
La biologia ci dice ancora che la NEOCORTECCIA ha cessato di crescere ed è rimasta immutata dalla metà del pleistocene. Questo spiega perchè biologicamente non c'è alcuna differenza tra le varie razze umane esistenti sul nostro globo.
L'evoluzione delle forme viventi "aveva dotato l'uomo di un organo che egli non sapeva utilizzare correttamente" (Koesler, 1959: 513). La natura aveva fatto fronte a tutte le necessità immediate delle altre forme viventi.
Aveva dotato le giraffe di colli lunghi per meglio raggiungere le foglie degli alberi. Aveva fornito altri animali di zoccoli duri. Altri ancora di denti aguzzi. Aveva ridotto il cervello di altri, allargando, però, la loro corteccia visuale (uccelli).
Solo con l'uomo era andata al di là delle sue immediate necessità e l'aveva dotato di un "ORGANO DI LUSSO E COMPLESSO..., la cui corretta e completa utilizzazione gli avrebbe richiesto millenni di apprendimento, ammesso che la specie umana imparerà mai ad utilizzarlo tutto" (Koesler, 1959: 514). Per ora ne utilizza solo il 3%.
A stretto rigor di termini, al suo apparire sulla terra, l'uomo non aveva bisogno di un organo così complesso per risolvere i suoi problemi quotidiani, ma quest'organo gli si dimostrerà utilissimo quando diventerà cacciatore.
Quello che è certo è che egli non sapeva e non poteva utilizzare quest'organo in tutte le sue POSSIBILITA’ e PTENZIALITA’. Era BIOLOGICAMENTE COMPLETO, ma, per funzionare a regime, aveva bisogno di un SISTEMA OPERATIVO, che doveva essere costruito attraverso l’ ESPERIENZA ACCUMULATA(INFORMAZIONI MEMORIZZATE)di millenni.
Sembra sempre più apparente che la MENTE e la RAGIONE non facevano parte dell'EQUIPAGGIAMENTO BIOLOGICO ORIGINARIO DELL’UOMO, come le sue braccia e le sue gambe, il suo cervello e la sua lingua, ma che le abbia acquisite entrambe lentamente e le abbia COSTRUITE CON SFORZI ENORMI.
CONTINUA

domenica 16 maggio 2010

UN PERCORSO INTELLETTUALE

Venerdi 13/05/10 ho messo la parola fine al racconto della mia vita. Ma essa non sarebbe completa se non aggiungessi il problema principe che ha sempre dominato la mia mente lungo tutto il mio percorso intellettuale. Che io fossi un ragazzo intelligente non c’erano dubbi. Che questa mia intelligenza fosse un tantino diversa da quella di tanti altri era, ed è, fuor di dubbio.

Questa coscienza mi creava una certa inquietudine. Mi domandavo da dove venisse questa intelligenza. Era stata la natura a darmela o avevo contribuito anch’io in qualche modo? La risposta a questa domanda, per me, era di estrema importanza.

Se era stata la natura a darmela ero stato semplicemente un fortunato. Se, invece, avessi contribuito anch’io, in qualche modo, a farla sviluppare avrei potuto essere orgoglioso di me stesso.

A questo problema, di non poco conto, ho dedicato degli studi approfonditi, che mi sono stati utilissimi per quello che io ritengo il mio libro più importante. Di difficile lettura perché frutto di una ricerca mastodontica sulle conquiste dell’Uomo nella storia. Da quando è uscito dalla ferinità fino alla sua conquista più grande e più sconvolgente perché ha cambiato il corso della sua storia: LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE.

Ma questo era vero quando io ero impegnato nella ricerca. Gli anni ottanta del XX secolo. Ora non è più vero. Dagli anni novanta dello stesso secolo, l’Uomo ha dato vita ad una rivoluzione ancora più grande: quella di INTERNET, che ha messo a disposizione dell’uomo della strada, in tempo reale, tutto il sapere che l’umanità ha prodotto e che produce quotidianamente.

Questo mio percorso intellettuale lo pubblicherò a partire da venerdì 21 maggio. Lo farò, ancora una volta, a puntate. Così renderò più chiara la risposta alla mia domanda iniziale, che non sarà espressa esplicitamente.

Buona lettura

giovedì 13 maggio 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (37)

IL GIARDINO DI ALLAH

La preside partecipò ad altre due mie esperienze. La prima fu la visita al MAR NERO. Si dovevano oltrepassare delle montagne impervie con strade non bitumate. Ma la segretaria aveva pensato a tutto. Si fece accompagnare da un suo cugino ingegnere, che in quelle montagne sperdute, su un promontorio che dominava tutta una vallata, si era costruito una mega villa tutta luce. Nel senso che le pareti esterne, che davano sulla vallata, erano di vetro blindato.

In mezzo a quelle montagne, la segretaria, senza dirmelo, volle soddisfare una mia forte curiosità. Volevo sapere perché si parlava del LATTE E MIELE DEL GIARDINO DI ALLAH?. Scese dalla macchina. Lei sola. Entrò in un bar-ristorante e ne uscì con quattro piattini di LATTE E MIELE. Quello che si dice si trovi nel GIARDINO DI ALLAH.

Un sapore deliziosissimo, indescrivibile. Assoluto. Totale. Nulla può paragonarsi ad esso. E questo LATTE E MIELE si trovava solo tra quelle montagne. Rivolta verso di me, la segretaria disse: “HA CAPITO ORA?”. Si, avevo capito. Le parole non avrebbero potuto descriverlo. Qualche giorno più tardi capii perché non ci fece entrare il quel bar-ristorante. Per una cosa non detta perché non percepita dagli iraniani, ma presente ovunque in Iran.

Arrivati sul MAR NERO, la spiaggia era divisa in due da un grandissimo telone. Il reparto maschile da quello femminile. Separati. Ma non c’era gente. Era troppo presto per i bagni. La preside non volle venire in barca. Ci andammo io e la segretaria. L’ingegnere rimase a tenere compagnia alla preside. Sulla barca ebbi un altro assaggio dell’assurdità dell’ISLAMISMO.

Il barcaiolo disse alla segretaria: “SIGNORA, SE VUOLE TOGLIERSI IL FAZZOLETTO IO NON FARO’ LA SPIA. “ Il chador rimase, ma il fazzoletto, che copriva i capelli, se lo tolse. Per rimetterlo non appena ci siamo riavvicinati alla riva.


Ora non mi rimane che parlare dell’ultima esperienza culturale. La più importante perché sentita dentro. La visita al tempio di AHURA MASDA nel deserto. Questa non era una visita programmata dall’inizio. Fu un’occasione che colsi al volo. Un imprenditore italiano aveva messo a mia disposizione il suo aereo per andare a visitare le ROVINE DI PERSEPOLI, una delle cinque capitali dell’IMPERO PERSIANO.

Tramite la preside ringraziai, ma chiesi se era possibile fare il cambio con un SUV con autista e aria condizionata. Partimmo destinazione tempio di Ahura Masda nel deserto. A sera ci fermammo in un’oasi. Dovevamo attraversare un piccolo villaggio. Gli abitanti stavano sull’uscio di casa e ci invitavano ad entrare. La preside decise che in una di queste dovevamo entrare. Era una sorta di pedaggio che dovevamo pagare.

Ci fecero il tè con il SAMOVAR e ci offrirono tante cose da mangiare, tutte derivate dal latte. La preside chiese alla segretaria di sedersi accanto a me per dirmi cosa potevo mangiare e cosa no. C’erano rischi di forti infezioni. Ma, cosa più importante, feci la mia prima conoscenza della sporcizia. Ma non era ancora quella allo stato puro, che dovevo incontrare da lì a poco.

Arrivammo all’albergo dell’oasi. Al ristorante la preside mi consigliò di bere direttamente alla bottiglia. Di toccare le cose il meno possibile. Mangiammo tutti pochissimo. Ma la sorpresa fu nella mia stanza. Rimasi esterrefatto. Avevo trovato la sporcizia allo stato puro. Che più sporcizia non si può.

Mi sono detto: come farò a dormire questa notte?. Dove potrò poggiare i miei vestiti?. Come farò a farmi la doccia domattina? Era una sporcizia che ripugnava. Assoluta. Stratificata da millenni , credo. Ero disperato quando sentii bussare alla porta. Era la segretaria, “preside ho portato le lenzuola per rifarle il letto. Un tappetino per la doccia con lenzuolo da bagno e una asciugamano per coprire la sedia così potrà poggiarci i suoi indumenti”. Santa donna di una preside! Aveva pensato a tutto.

Il mattino seguente arrivammo al tempio di ZARATUSTRA, o ZOROASTRO. Era su un promontorio recintato. Off limits per turisti. Io e la segretaria ci arrampicammo camminando a quattro zampe. Finalmente alla vetta!.

Nelle stradine che erano state calpestate da ZARATUSTRA, l’uomo che aveva dato un nuovo messaggio al mondo col suo DIO UNICO e con l’IDEA DELL’ETERNA LOTTA TRA IL BENE E IL MALE (AHRIMAN). DUE CONCETTI CHE NON ESISTEVANO NEL VECCHIO TESTAMENTO E CHE SI TROVERANNO NEL NUOVO TESTAMENYO di seicento anni più tardi. AHURA MASDA ERA IL DIO DEL BENE E ZARATUSTRA ERA IL SUO PROFETA.

L’Iran mi aveva dato molto. Mi aveva fatto conoscere una civiltà diversa ed aveva saziato le mie curiosità intellettuali. La segretaria-guida aveva compiuto miracoli per esaudire tutti i miei desideri. Desideri di un uomo, un intellettuale, che si presentava al mondo dell’antica PERSIA (la sua regione di origine) come ALUNNO e non come SACCENTE esponente della CULTURA OCCIDENTALE. Questo la segretaria l’aveva capito sin dal primo giorno. Io ero un DIVERSO.


FINE

venerdì 7 maggio 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (36)

UN FUMATORE DI OPPIO


Ma alla mia guida chiesi di più. Volevo partecipare ad un RICEVIMENTO DELLA SOCIETA’ BENE.. E qui ho visto il DOPPIO VOLTO della civiltà islamica. All’esterno le donne erano tutte coperte dallo CHADOR, ma, all’interno, le classi agiate lo smettevano. Sotto lo chador c’erano abbigliamenti bellissimi all’occidentale. C’erano delle minigonne mozzafiato. Allora ho visto la vera bellezza delle donne iraniane. Ho capito perché ALESSANDRO MAGNO si innamorò della sua ROSSANA.

Vicino a me fecero sedere una ragazza di grande bellezza, un FLOWER BUD. Accanto la madre, un bellissimo e freschissimo FLOWER. Fui presentato Io parlavo in francese o inglese a secondo della lingua conosciuta dall’ospite. Mi chiesero se volevo bere. Mi portarono un bicchiere che sembrava acqua. Ma era gin. L’alcool in Iran è proibito.

Molti ospiti si esibirono facendo musica strumentale o cantando accompagnati. Uno di questi suonò il violino e cantò una sua canzone (era una autore di canzoni famose in Iran). La sua musica e la sua voce erano dolcissime e sentii il bisogno di congratularmi con lui. Ma lo feci alla loro maniera. Gli andai vicino. Mi misi la mano destra sul cuore e feci un inchino con la testa. Senza parlare.

La padrona di casa, appartenente a una delle più vecchie famiglie nobili dell’Iran, mi fece un grande onore, così mi spiego dopo la mia guida. Venne a fare la danza del ventre di fronte a me, dedicandomela. La mia guida mi disse che la padrona di casa era rimasta impressionata da come mi ero saputo inserire nei loro usi e costumi. Ecco perché la danza del ventre.

Incontrai questo violinista in una altro ricevimento qualche giorno prima di ripartire per l’Italia. Era la segretaria-guida della scuola che lo dava in mio onore. Aveva invitato tutti i docenti della scuola ed i suoi amici iraniani. Quel signore era senza violino. Lo andai a salutare e mi sono rammaricato che non avrei più sentito la sua bellissima musica e le sue canzoni.

Ad un certo punto questo signore uscì. “Sta andando a prendere il violino”, dissi al docente della scuola italiana che mi era seduto vicino. Il docente più odioso che abbia mai incontrato. Era talmente imbevuto della superiorità della CIVILTA’ OCCIDENTALE che diventava inviso a tutti gli iraniani.

Quel signore ritornò col violino. Si mise al centro del salone. Immediatamente si fece un gran silenzio e lui con la bacchetta del violino indicò me e disse: “POUR VOUS”. Suonò due pezzi sublimi. Lo ringraziai alla stessa maniera della prima volta. Tutti i presenti, iraniani e italiani, batterono le mani per tutti e due. Per il musicista che ci aveva regalato due sue bellissime canzoni e per me che avevo dimostrato un grande rispetto per i costumi iraniani.

Mi andai a risedere vicino a quell’italiano odioso. “Ecco cosa significa essere preside”, mi disse. Allora ho chiarito brutalmente. “Lei è un borioso con una mente piccina. Lei contesta la preside perché vuole il suo posto. Tratta gli iraniani, anche i suoi colleghi della scuola, come se fossero esseri inferiori solo perché appartengono ad una società sottosviluppata rispetto alla nostra”.

“Lei vorrebbe che gli iraniani si inchinassero di fronte a lei che appartiene alla superiore cultura Occidentale. E non sa che questa gente possedeva una grandissima civiltà quando noi italiani abitavamo ancora nelle capanne. Hanno simpatia per me perché percepiscono che io ho un profondo rispetto e apprezzamento per quello che hanno dato alla civiltà dell’uomo.

“Se solo studiasse un po’ la loro storia apprenderebbe che il loro antico DIO UNICO AHURA MASDA e il suo profeta-sacerdote ZARATUSTRA, hanno detto qualcosa con seicento anni di anticipo rispetto ai nostri VANGELI. Come seicento anni dopo i VANGELI venne MAOMETTO che prese molto da questi.

“ Io mi auguro che lei mantenga la promessa di cambiare il suo atteggiamento all’interno della scuola, come mi auguro che lei cambi il suo atteggiamento verso tutta la società iraniana, anche se non condividiamo la politica del suo governo attuale. Quello che noi dobbiamo rispettare è la loro storia. È la loro civiltà. E vedrà che anche lei non avrà bisogno di diventare preside per avere i successi che ho avuto io.” Rimase in silenzio.

La segretaria-guida aveva capito benissimo il mio spirito. La mia era una sete di conoscenza. Volevo fare anche la mia esperienza con l’OPPIO per un fatto culturale. Letterario, se vogliamo. E lei trovò il modo di farmela fare, anche se c’erano fortissimi rischi. In Iran era fortemente proibito usare oppiacei. Ma un suo amico industriale, di antica nobiltà, con la moglie, decisero di farmela fare a casa loro.

Per prima cosa la vestizione. Mi fecero togliere i pantaloni e mi fecero mettere dei pantaloni neri larghi che mi consentivano di sedermi sul tappeto a gambe incrociate. Il mio ospite aveva invitato un amico. Tutt’e tre stavamo per andare in un locale adiacente alla casa. Ma la moglie si oppose. Volle che rimanessimo in casa e mise a disposizione il salotto buono con un tappeto preziosissimo.

Lei preparò tutto. Le zollette di oppio. La pipa. I cuscini. Soprattutto per me, che non avrei retto molto a gambe incrociate. Ma fece anche di più. Disse che sarebbe stata la mia assistente per guidarmi in questa esperienza. Per farmi evitare le possibili conseguenze dopo la sbornia d’oppio.

Di tanto in tanto porgeva, solo a me, dei “frutti” e mi diceva: “mangi questo”. Fumammo per quasi tre ore discutendo del più e del meno. I “frutti” variavano, ma ero costantemente rifornito. Poi la segretaria mi informò che funzione avevano. Evitare una presa troppo forte dell’oppio su di me. Ci riuscì. Quella notte dormii come non mai. E la mattina seguente potei svolgere la mia funzione come al solito.

Una cosa devo dire. Per onestà. Tra me e la segretaria si era stabilita una certa complicità. Non tutto poteva essere detto alla preside. Non avrebbe capito. Ufficialmente, io andavo a letto presto.

CONTINUA

giovedì 29 aprile 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (35)

UN VERO ITALIANO

TEHERAN è stata un’esperienza unica da tanti punti di vista. Come città non aveva nulla di speciale, ma era il cuore pulsante di una grande civiltà del passato: la PERSIA. Ed era uno dei centri più importanti della CIVILTA’ ISLAMICA. Il FONDAMENTALISMO ISLAMICO è nato a Teheran con la RIVOLUZIONE COMENEISTA.

L’impatto con la città e le sue regole islamiche non fu indolore. Sin dal primo giorno ho dovuto rinnovare, in parte, il mio abbigliamento. Le camicie a mezze maniche non erano gradite alle regole islamiche e ho dovuto comprarle a maniche lunghe. Camminare solo per le strade della città si correva il rischio di cadere nei PASDARAN, i guardiani della rivoluzione, che avevano in sospetto tutti gli stranieri.

Ma io ero in buone mani. La preside della scuola mi aveva affidato alle cure della segretaria della scuola. Una iraniana che aveva studiato a Perugia. La scuola stessa era formalmente una scuola italiana a tutti gli effetti. Aveva il proprio edificio con la bandiera italiana. Aveva la propria dirigenza e il proprio corpo docente. Questo era al 60% composto da docenti di ruolo in Italia comandati. Il 40% era stato reclutato tra i docenti locali che avevano studiato all’università di Perugina. Il superiore gerarchico della preside non era un provveditore, ma il Console d’Italia.

La scuola aveva dei grossi problemi interni che creavano un clima di conflittualità all’interno del corpo docente. Questo faceva perdere efficienza alla scuola, che, potenzialmente, avrebbe potuto aggregare un maggior numero di alunni provenienti da altre comunità europee locali che non avevano una propria scuola sul territorio.

Non parlo degli alunni perché vale quello che ho detto per le “scuole di cantiere di Abidjan e Paute”, con la sola differenza che questa scuola poteva fornire una didattica più vicina a quella delle scuole metropolitane perché fornita da tutti i sussidi didattici e le strutture necessarie: palestra, auditorium, ecc.

La scuola aveva una potenzialità di espansione non sfruttata a causa dei contrasti all’interno del corpo docente: quello metropolitano e quello locale. La preside, vicina alla pensione, non era in grado di dare una soluzione a questo problema che angosciava anche il Console e l’Ambasciatore stesso. Era il prestigio dell’Italia che veniva coinvolto.

Il dovere di un Commissario d’esami è quello di presentarsi alla massima autorità italiana presente sul territorio. Io mi presentai al Console, il quale volle che conoscessi anche l’Ambasciatore. Tutte e due erano crucciati per la situazione interna della scuola. Le loro parole fecero effetto su di me. Mi avevano coinvolto senza esprimerlo.

Ho studiato la situazione per giorni dall’interno. Ebbi colloqui con tutti gli interessati, compresa la preside, che era contestata da alcuni docenti. Alla fine ho creduto di aver trovato il modo di portare pace e sviluppo dove c’era guerra e degrado. Ho tenuto un’assemblea di tutto il personale della scuola. Ho esposto le mie idee chiedendo che tutti si assumessero le proprie responsabilità: crescere in armonia, come io proponevo, o continuare nella lenta opera di degrado.

All’unanimità l’assemblea votò il mio progetto, che piacque anche al Console e all’Ambasciatore.
Prima di lasciare Teheran, il Console mi convocò all’ambasciata. Mi consegnò un libro fotografico della stupenda ambasciata italiana con i suoi tesori d’arte ed i suoi incomparabili giardini. Il libro porta questa dedica a sua firma:

“A UN VERO ITALIANO E A UN GRANDE AMICO DELLA SCUOLA ITALIANA DI TEHERAN. CON SINCERI SENTIMENTI DI STIMA, SIMPATIA E GRATITUDINE. “

ETTORE FRANCESCO SEGNI, CONSOLE D’ITALIA A TEHERAN

Ad onor del vero io avevo ricevuto più di quello che avevo dato. Non come uomo di scuola, ma come uomo di cultura e come studioso della società. Io avevo vissuto un’esperienza superba all’interno della SOCIETA’ ISLAMICA, grazie alla mia guida, che apparteneva alla società bene di Teheran.

Sin dal primo contatto capì quello che volevo e si prodigò per farmelo avere. La preside, per il Commissario, aveva preparato le solite visite ai luoghi archeologici dell’antica Persia. Io, invece, volevo vivere all’interno della palpitante società islamica di quel momento. Ed ebbi tutto. Ma la mia guida tenne a precisare una cosa sin da subito: “SIAMO MUSSULMANI, MA NON SIAMO ARABI”. In seguito capì che questa precisazione con me poteva evitarsela.

Il giorno dopo il mio arrivo in città c’era il funerale di un notissimo personaggio, dove la mia guida, appartenente alla società bene di Teheran, doveva andare. Colsi l’occasione per fare esperienza di un funerale mussulmano celebrato in una moschea. Tutta la famiglia della segretaria mi diede assistenza. In primis suo zio, giudice, e suo padre, un notabile persiano. Erano tutti preoccupati per le mie scarpe. Per entrare in moschea bisognava togliersele. Loro erano lì per assicurarsi che, all’uscita, avrei ritrovato le “mie” scarpe. Spesso succede che ti devi prendere quelle che ti lasciano. Io ritrovai le mie. Grazie a loro.

All’interno della moschea, reparto uomini, mi comportai come un mussulmano. Partecipando formalmente alle loro preghiere. Avevo un grande rispetto per quel luogo di culto. Come lo ho quando mi trovo in una chiesa. Prima di uscire andai anche a dare le condoglianze ai familiari del defunto. Tutto in stile mussulmano come facevano quelli che mi precedevano. La folla era immensa. C’era tutta la città.

La mia guida mi fece ottenere un invito ad un FIDANZAMENTO UFFICIALE e a un MATRIMONIO. Sono stato accolto bene in tutte e due le parti perché mi sforzavo di parlare la loro lingua e mi comportavo secondo le loro usanze, che mi venivano spiegate dalla mia guida prima di entrare.

CONTINUA

giovedì 22 aprile 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (34)

DAGLI APPENINI ALLE ANDE


Dell’esperienza di Teheran, di gran lunga la più importante, ne parlerò nel prossimo post. Qui mi voglio occupare della SCUOLA DI CANTIERE del FIUME PAUTE, una località a 400 km a Sud di QUITO, ECUADOR. Qui IMPREGILO, l’impresa che dovrà costruire il PONTE DI MESSINA, stava costruendo una grossa diga idroelettrica.

Il Cantiere era lontanissimo dai centri abitati. C’era solo il villaggio di BUNGALOWS dei dipendenti di Impregilo. La scuola era allogata in uno di questi bungalows. I docenti erano tutti dipendenti dell’impresa che prestavano la loro opera anche come docenti. C’erano anche mogli di dipendenti, qualificate, che insegnavano.

Gli alunni avevano un’ottima preparazione, anche se raggiunta con una didattica tradizionale. Ma non era questo che importava. Era stata la vita che aveva dato una maturità straordinaria a questi ragazzi. Come Commissario non potevo non ammirarli. Anzi ho fatto di più. Sono diventato loro compagno di giochi.

Il Cantiere si trovava al centro di una foresta inestricabile, come la FORESTA AMAZZONICA, da cui non era troppo distante. Come piccoli esploratori, questi ragazzi avevano esplorato un vasto territorio tutto intorno al cantiere ed avevano tracciato dei sentieri. Io chiesi di essere uno di loro in una di queste escursioni. Le mie prestazioni, però, erano alquanto rallentate rispetto a quelle usuali.

Ma i ragazzi lo avevano capito. Era il fenomeno dell’altitudine che mi provocava questo rallentamento. Lo avevo percepito appena sbarcato a QUITO, la capitale dell’Ecuador sulla CORDIGLIERA DELLE ANDE, a 3000 m. di altitudine. I primi giorni le mie gambe ne risentirono. La foresta del Paute era a 3500 m. Ecco perché i ragazzi mi potevano essere maestri per quanto riguardava i fenomeni dell’altitudine.

In effetti, chiesero ad uno dei loro insegnanti di portarmi a quota 5000. A quell’altitudine non riuscivo a stare in piedi. Avevo difficoltà di respirazione. L’insegnante mi fece sdraiare per terra per una ventina di minuti finchè il corpo non si è assuefatto a quella altitudine.

Mentre stavo sdraiato per terra mi venne in mente un racconto che avevo letto da bambino: DAGLI APPENNINI ALLE ANDE, dal libro CUORE di EDMONDO DE AMICIS. Un libro che lessi molte volte. Ora questo viaggio l’avevo fatto io. Mutatis mutandi, naturalmente.

Terminati gli esami, andai a salutare il direttore del campo, il quale mi chiesi quanto mi doveva per i compensi d’esami. “Nulla”, fu la mia risposta. “La missione mi viene corrisposta dal Ministero degli Esteri italiano.” Il direttore si appartò per fare una telefonata. Al rientro mi disse: “il vice direttore generale di Impregilo, in questo momento, è in Ecuador, a Quito. Vorrebbe avere il piacere di averla a cena”.

Arrivai a Quito in aereo. La cena si rivelò un disastro totale per il mio stomaco, ma divenne un’esaltazione unica per la mia persona, come dirigente scolastico e come uomo di cultura. Il mio stomaco fu stravolto, ma non ebbi il coraggio di spegnere l’entusiasmo col quale il vice direttore generale di Impregilo aveva organizzato la cena. Voleva farmi assaggiare qualcosa di unico, ma, il poverino, non pensò che non tutti hanno gli stessi gusti.

Io odio l’aglio. Lui lo amava, evidentemente. Non sapevo se gli altri due commensali, suoi collaboratori, lo amassero anche loro o se si stavano adeguando come mi stavo adeguando io. Il cameriere mise davanti ad ognuno di noi un pentolino su un fornello a tre piedi alimentato da una fiammella. Nel pentolino c’era dell’olio bollente la cui superficie era coperta di agli. Aglio bollente. Al centro del tavolo mise una cesta piena di GAMBERETTI VIVI.

La fiammella teneva l’olio sempre bollente. Noi dovevamo mettervi i gamberetti i mangiarceli. Questa era la prelibatezza che il vice direttore voleva farmi assaggiare. Mi domandò se gradivo. “moltissimo”, fu la mia risposta. Qualche volta nella vita bisogna saper essere ipocrita.

Ma ci fu un rovescio della medaglia molto lusinghiero per me. Mi confessò che lui non era solito andare a cena con persone sconosciute, ma io ero un caso particolare. Impregilo aveva preparato un bel gruzzoletto di dollari per me come compenso d’esami, ma io li avevo rifiutati. Era la prima volta che questo accadeva. Negli anni passati tutti gli altri Commissari avevano presentato il loro conto.

Lui voleva rendersi conto se ero stato io a sbagliare o se erano stati gli altri che non erano stati sufficientemente onesti. Alla fine della serata si diede la risposta da solo. “Preside”, mi disse, “dato che lei deve fermarsi ancora per qualche giorno a Quito in attesa dell’aereo, Impregilo vuole ringraziarla per la sua correttezza offrendole un biglietto per le GALAPAGOS. LE SAREMMO GRATI SE ACCETTASSE”.

Come uomo di cultura sono stato felice di aver sottoposto il mio stomaco alla tortura dell’aglio. Le Galapagos è l’arcipelago, di fronte alle coste dell’Ecuador, dove CHARLES DARWIN elaborò la sua TEORIA SULL’EVOLUZIONE DELLA SPECIE. Una teoria che mise in crisi, dopo millenni, la TEORIA CREAZIONISTA uscita dalla Bibbia e difesa dalla Chiesa.

Non era il biglietto per le Galapagos che mi fece sentire gratificato. Quello potevo permettermelo da solo. Ma il gesto e il suo significato. Un uomo come me vive anche di queste cose.

giovedì 15 aprile 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (33)

IL MAL D’AFRICA

Durante la mia carriera di preside ho avuto il piacere di essere nominato, per tre volte, Commissario per gli esami nelle scuole italiane all’estero. In tre diverse parti del mondo. In Africa, in Medio Oriente, in Sud America. Sono state tre esperienze esaltanti per tanti motivi. Prima di tutto perché i ragazzi che ho incontrato erano, in tutti i tre posti, ragazzi di prima scelta.

Ragazzi della vera Italia. Dell’Italia che lavora. Dell’Italia formato esportazione. Il meglio del meglio. Il confronto con i ragazzi in patria non regge. Loro hanno qualcosa in più. Qualcuno direbbe che hanno “un capello in più”. Forse è così. Questi ragazzi sanno che la vita è sacrificio, è impegno, è dedizione. Sentono fortemente la mancanza dell’Italia, ma sanno che torneranno per occupare il loro posto nella società italiana.

La prima esperienza fu in Africa. Ad ABIDJAN. Capitale della COSTA D’AVORIO. La scuola era gestita dall’Eni ai cui figli dei dipendenti era indirizzata. Il corpo docente era tutto italiano. Una parte era composto da docenti titolari di cattedra in Italia comandati all’estero. Il resto erano docenti reclutati tra i familiari dei dipendenti dell’Eni.

Per quanto riguardava gli esami, la vita del Commissario era di tutto riposo per due motivi. I docenti erano fortemente motivati ad ottenere risultati più che positivi. Gli alunni erano fortemente motivati ad apprendere. Dietro di loro c’erano delle famiglie che conoscevano il valore dell’istruzione.

Come COMMISSARIO-TURISTA ho fatto delle esperienze bellissime. Ho voluto conoscere la vera Africa. Quella dei villaggi dei nativi. Quella delle MISSIONI e dell’umanità che le frequenta, ancora preda dell’ANIMISMO. Ho partecipato ad un pranzo collettivo di tutta la comunità della missione offerto da una famiglia africana del luogo. Il missionario mi ha detto che la comunità VIVEVA DI CARITA’. Quel pranzo ne era una testimonianza.

Fu la missione che organizzò la mia visita in un villaggio dell’interno. Già dalla macchina ho visto i guasti della CIVILTA’ OCCIDENTALE. Sul greto del fiume, che costeggiava il villaggio, c’erano delle donne intende a fare il bucato a SENO NUDO. Appena ci hanno visto da lontano si sono coperte in tutta fretta. Questo era un dono della civiltà dell’uomo bianco: l’IDEA DEL PUDORE.

I docenti italiani comandati, per la maggior parte donne, mi hanno fatto capire, finalmente, cosa significasse il MAL D’AFRICA, di cui diventano affetti tutti i bianchi che lasciano l’Africa. Questi docenti percepivano l’indennità di missione all’estero, che significava triplicare il proprio stipendio italiano.

Il costo della vita ad Abidjan era bassissimo. I salari erano da fame. Con poche lire al mese potevi permetterti una persona di servizio per tutto il giorno. Agli inviti a cena delle insegnanti c’era un grande sfoggio di personale di servizio. C’era il cuoco, il cameriere che serviva a tavola con i guanti bianchi, la donna in divisa tuttofare.

La padrona di casa era veramente la “Signora”. Avevo scoperto perché l’uomo bianco soffre di MAL D’AFRICA una volta tornato in Europa. Quelle cose, in Europa, non se le poteva consentire. Era costretto a ridiventare una persona comune.

CONTINUA

venerdì 9 aprile 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (32)

FRANCO FELICETTI’S STORY (32)

FALLIMENTO TOTALE IN POLITICA

In politica è stato un fallimento totale. Tutti quegli studi che avevo fatto si dimostrarono controproducenti. La maggior parte delle persone non entra in politica per DARE, ma per AVERE. Vi entra chi cerca un POSTO AL SOLE. Chi è pronto a raggiungere qualsiasi compromesso pur di arrivare allo scopo. Chi fa sua la massima di Machiavelli: IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI.

Mi resi conto che io non ero fatto per la politica. Nei miei studi di scienza politica avevo incontrato un presidente degli Stati Uniti, non ricordo più come si chiamava, che aveva detto: “la politica è shit (merda), ma a me piace affondarvi le mani”.

Io non sono stato capace di affondarvi le mie. Se volevo restare in politica, i valori, su cui avevo fondato la mia formazione, dovevo rinnegarli. La lealtà in politica non può esistere come valore di lunga durata. Tutto deve essere finalizzato. Tutto deve essere strumentalizzato.

Il mio primo tracollo, come dirigente di partito, lo ebbi perché non seppi ritirare in tempo la mia lealtà ad un leader di medio calibro, che stava per essere fatto fuori. Il triste è che questo aveva capito che l’avrebbero fatto fuori e votò così come si vuole “colà dove si puote”, contro se stesso, salvandosi. Io votai per lui e caddi in disgrazia.

L’amicizia nel partito non può essere un valore stabile. Deve mutare come mutano le fortune. L’amico di oggi può essere l’avversario di domani. Io questo non sapevo farlo. La correttezza per me era sacra. La dirittura morale la stessa cosa. Non ho saputo accettare il “sacro” principio, mai espresso, ma sempre imperante, MORS TUA, VITA MEA.

La democrazia nel partito era una pura formalità. Ti davano la possibilità di votare, ma guai se votavi diversamente dalle direttive che erano piovute dall’alto. In una riunione di partito, a casa del LEADER MAXIMO, mi permisi di esprimere liberamente il mio pensiero, che non era esattamente uguale a quello del leader maximo. All’uscita fui aggredito dagli altri dirigenti, che contavano molto più di me, io ero una NEW ENTRY nel SANCTA SANCTORUM del partito. Mi gridarono: “perché lo hai fatto. Lui questi interventi non li gradisce”.

Avevo capito. Non eravamo andati ad una riunione di partito, dove maturano le decisioni. ERAVAMO ANDATI A PRENDERE ORDINI. Questo mi convinse ancora di più che ero sbagliato per la politica.

Diciamola diversamente. Io, durante i miei studi, avevo idealizzato la vita di partito, che non conoscevo. Non sarei dovuto entrare in politica quando la mia personalità si era fissata. Ci sarei dovuto entrare da ragazzo per crescere con valori diversi. Quella fu l’ultima riunione a cui ho partecipato. Poi sono uscito dal partito in silenzio. Nessuno mi ha mai più cercato. Io ero una persona scomoda. Una persona che aveva idee. E, guaio più grosso, le esprimeva.

Qualche anno più tardi, un partito minore venne a contattarmi in connessione al rinnovo dell’amministrazione comunale di Cosenza. La Fausto Gullo era diventata una scuola di prestigio. La popolazione di Via Popilia era tutta dietro di me. Il consenso per quello che avevo fatto era altissimo. Questi politici volevano sapere se ero disponibile per una candidatura a sindaco.

Diedi il mio assenso. Non li ho più rivisti. Poi seppi che avevano portato il mio nome in una interpartitica. Ma gli altri partiti non vollero nemmeno discuterne. Motivarono il loro dissenso con queste parole: “NON E’ MALLEABILE”. Non cercavano un sindaco. Cercavano un paravento dietro il quale continuare a fare i loro affari.

CONTINUA

giovedì 1 aprile 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (31)

UNA RIVOLUZIONE SOCIALE

Con un corpo docente rinnovato all’80%, demmo inizio a quella che, per noi, doveva essere una RIVOLUZIONE SOCIALE ATTRAVERSO LA DIDATTICA: CONTRIBUIRE A CAMBIARE IL QUARTIERE DI VIA POPILIA ATTRAVERSO GLI ALUNNI.. I docenti più coinvolti nella vecchia gestione, quelli che avevano più contribuito a creare quella situazione di degrado, i meno motivati fecero posto a chi credeva fortemente nella funzione di EDUCATORE. Essere docente, in quella scuola, non bastava..

Tre esempi dimostrarono il grande successo di questo corpo docente fortemente motivato. Due interni ed uno esterno alla scuola. Quelli interni sono degli alunni delle terze classi espressi nella festa di addio alla scuola media: “quelli del mitico 94”, come si sono autodefiniti e quello degli alunni rom (1/3 degli alunni).

“A te, o Felicetti, va il nostro grazie di cuore, ti abbiamo fatto arrabbiare, ti abbiamo a volte deluso. Ci volevi più bravi nel parlare, ci volevi perfetti. Forse questo non lo abbiamo raggiunto, ma sappi che tu per noi sei una presenza importante, uno che lascia il “segno”..

ROM SIM (SONO UNO ZINGARO)

“A nome dei Rom voglio ringraziare questa magnifica scuola, che ci ha aperto il suo cuore e in particolare il preside e tutti i professori che hanno mostrato tanta sensibilità verso la comunità gitana che vive e opera nel territorio di Via Popilia. Il nostro gruppo che per sua storia, cultura, tradizione, pratica il nomadismo e non sempre ha trovato le condizioni favorevoli per inserirsi serenamente in un nuovo tessuto sociale, ha invece in questa scuola trovato apertura mentale e amicizie.

Mi basta ricordare, a questo proposito, gli splendidi murales che parlano a tutti della nostra vita, degli affetti, del profondo sentimento religioso che lega la nostra comunità, della nostra fierezza di appartenere a un popolo misterioso e affascinante qual è quello degli zingari.

!n un mondo che diventa sempre più intollerante, e i recenti fatti di cronaca lo dimostrano chiaramente, basterebbe tendere una mano, cosi come voi avete fatto, per aprire il cuore di noi giovani alla speranza in una società più giusta”.

Antonio Bevilacqua





Il terzo è di Massimo Cacciari del 1996, che ha voluto espressamente rivolgere un encomio agli alunni mio tramite.

Signor preside,
La mobilitazione per la ricostruzione della Fenice é, per così dire, universale. II mondo intero partecipa con uno slancio di grande generosità e grosse somme sono già state devolute...

II contributo degli allievi della Sua scuola, peró, ha un sapore diverso, perché ha una storia e un significato diversi. Una storia e un significato che, sia pure sommariamente, mi sono stati riportati ed hanno riportato compiacimento, emozioni, rispetto…

Non vorrei, dopo averla evitata prima, cadere nella retorica. Non posso, peraltro, non chiederle di riferire ai Suoi allievi che Venezia accetta con gioia il loro "pesantissimo" contributo, AUTENTICA PRIMA PIETRA SU CUI RISORGERA’ LA FENICE…

I Suoi allievi, caro Preside, hanno fornito un esempio alto e nobile di coraggio e di intelligenza, che qui non sarà mai dimenticato. Ne sia fiero, come sono io fiero di porgere idealmente la mano ad ognuno di loro.
Massimo Cacciari,
sindaco di Venezia

1994 e 1996. Due date molto importanti per la Fausto Gullo. La prima è l’anno in cui il Sole24Ore ha scritto che la Fausto Gullo era l’unica SCUOLA ECCELLENTE IN CALABRIA. La seconda rappresenta l’anno in cui io ho lasciato la scuola per dimissioni volontarie e non per raggiunti limiti di età. Avevo 40 anni di servizio. Qualche anima pia mi aveva versato i contributi durante il mio lavoro giovanile.

Ma, purtroppo, quest’anno rappresenta anche l’inizio di un nuovo declino della Fausto Gullo. Era una scuola molto complessa. Aveva bisogno di una direzione forte, onnicompetente, ma i miei colleghi non seppero fornirla. Ed avvenne quello che era sempre avvenuto prima della mia direzione. I migliori alunni di Via Popilia emigrarono nelle scuole del centro città. I peggiori, quelli che non avevano una famiglia normale alle spalle, rimasero.

Ma la cosa che mi ha bruciato di più è stato sapere che il mio successore accompagnò un capobastone nella classe di suo figlio per parlare con prof. di religione. Appena entrato in classe, questo capobastone, di fronte agli alunni, dimostrò per cosa era venuto: ad IMPORRE LA SUA LEGGE. Diede due schiaffi al docente, un prete, dicendo:”non ti permettere più di rimproverare mio figlio”.

“L’AUREO PERIODO FELICETTI”, come lo ha definito ROSITA PARADISO, attuale preside della Fausto Gullo, era finito per sempre. Una grande sconfitta per me, ma una grande sconfitta anche per la società che non seppe garantire la continuità.
(chi volesse saperne di più sulla Fausto Gullo apra il post così intitolato).

CONTINUA

giovedì 25 marzo 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (30)

VIGLIACCO, MAI!!!!!!

L’esperienza alla Fausto Gullo di Via Popilia fece di me un preside stimato e amato da tutti i genitori, ma non da tutti i docenti. Chi non credeva nell’impegno di educatore non poteva amarmi. Poteva avere solo risentimenti contro di me. Ed era giusto che andasse a trovare fortuna altrove.

Il mio trasferimento alla Scuola Media di Via Popilia, non ancora Fausto Gullo, non avvenne per caso. Fu voluto da me con molta determinazione. La scuola era allo sbando. La delinquenza se ne era impadronita. Quella giovanile ne aveva fatto il suo terreno di spaccio. Quella dei capibastoni dettava la sua legge all’interno delle classi. La preside era stata trasferita d’ufficio per incapacità dimostrata.

Nei trasferimenti dei presidi, nessuno dei miei colleghi, che mi precedevano in graduatoria, l’aveva chiesta. Era una scuola da cui stare alla larga. Ma non per me. Io avevo sempre creduto che Via Popilia non fosse stata condannata da Dio, ma era stata condannata dagli uomini. Ed io non volevo essere uno di questi uomini. Anche perché Via Popilia mi aveva accolto da bambino. Avevo imparato a nuotare nel fiume Crati lì vicino.

Appena messo piede in quella scuola, ho iniziato la mia azione di riforma organizzativa. Il Comune non voleva saperne di quella scuola. Ho dovuto lottare per far capire loro che non potevano criminalizzare l’istituzione scuola. Se c’era qualcuno da criminalizzare era il dirigente. Ma adesso il dirigente era cambiato.

Fui ascoltato da un giovane dirigente, il vice capo dell’ufficio tecnico, Franco Collorafi, con il quale facemmo un patto. Il comune avrebbe azzerato tutti i danni e tutti i guasti che la scuola presentava e la scuola si impegnava, per i successivi dieci anni, a non fare spendere al Comune una lira per riparazioni di danni o guasti. Fummo di parola entrambi.

Ma la parte fisica della scuola era il problema meno importante. Quello umano era gigantesco. Gli atteggiamenti mentali non si cambiano facilmente. E ce ne accorgemmo il primo giorno di scuola. Il cortile esterno, non ancora recintato, era pieno di genitori, alunni e televisioni. Tutte le televisioni locali e la RAI erano lì presenti per cogliere il primo fattaccio. Come ogni anno.

Ma quell’anno non successe nulla all’esterno. L’afflusso degli alunni era stato organizzato nei minimi particolari. Ma un capobastone travolse il bidello alla porta gridando che lui sarebbe andato in classe a scegliere il posto a suo figlio. Ho cercato di farlo ragionare spiegandogli che le sue prerogative di padre terminavano alla porta di ingresso. All’interno ero io ad assumermi tutte le responsabilità verso gli alunni e verso i genitori.

Sembrava fosse convinto e fece finta di andarsene. Ma si girò di scatto e mi diedi un pugno in viso. I miei occhiali volarono via e lui che gridava “chi sei tu che non mi fai entrare?!” La mia reazione fu istintiva. Anche senza occhiali. Lo presi per il bavero della giacca e, mentre lo tenevo fermo, diedi ordine alla segretaria di chiamare la polizia e al bidello di chiudere le porte con le chiavi.

Vista la mia decisa fermezza, il capobastone dimostrò una grande verità: sono forti con chi ha paura. Diventano agnellini quando incontrano un forte. Incominciò a belare: “fammi andare via… se viene la polizia mi rovini… sono un pregiudicato”. Allentai la mia presa. Ma prima di lasciarlo andare gli chiesi di promettermi che non avrebbe mai più tentato di entrare nelle classi.

I genitori assistettero alla scena dalla vetrata di entrata. E avvenne il miracolo. Il giorno successivo incominciammo ad avere trasferimenti di alunni di via Popilia che si erano iscritti alle scuole del centro. Ne avemmo molti. Tanti da farne due classi supplementari.

Anche la segretaria e l’applicata di segreteria andarono a prendere i loro figli iscritti altrove. La scuola media di Via Popilia, che ben presto diverrà la Fausto Gullo, aveva acquistato la sua prima credibilità: il polso fermo nella direzione. Gli altri sarebbero seguiti.

Ma il prezzo che io personalmente avrei dovuto pagare era ancora da venire. La delinquenza giovanile non voleva perdere quel mercato di spaccio. Cercarono di intimorirmi in tutti i modi. Prima bucarono più volte le gomme della mia auto parcheggiata all’esterno della scuola. Poi vennero più volte sotto casa a squarciare tutte e quattro le gomme. PER TRE VOLTE HO DOVUTO CHIAMARE IL GOMMISTA PER SOSTITUIRMI LE GOMME. DUE VOLTE HO DOVUTO CAMBIARE IL PARABREZZA. UNA VOLTA IL LUNOTTO POSTERIORE.

Alla fine hanno capito che non avrei ceduto alla violenza. Vigliacco, mai! Il mercato della droga l’ha fatto sparire il figlio di un capobastone. Era un ragazzo di terza. Pulito. Non seguirà mai le orme di suo padre.

Aveva visto i cambiamenti della scuola ed era uno di quegli alunni che hanno creduto in me da subito. Un giorno chiese di parlarmi. Mi fece un discorso sensato: “la droga non andrà mai via finchè c’è un mercato. Dobbiamo fare sparire il mercato. Me ne occupo io con altri compagni che condividono quello che state facendo, ma voi dovete starci accanto”.

Per la fine dell’anno il mercato della droga era sparito completamente per non ritornare mai più. Era il dono che questo ragazzo aveva fatto alla scuola. Alla “sua” scuola, che avrebbe lasciata quell’anno.

CONTINUA

giovedì 18 marzo 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (29)

UN DOCENTE INQUIETO E INSODDISFATTO


Entrato nella scuola non era come credevo. I presidi avevano perso di vista la didattica ed erano diventati dei burocrati. Quello che interessava loro erano le “carte”. Migliorare l’insegnamento era solo un esercizio verbale da sfoderare nelle riunioni a livello provinciale.

Ho avuto tre presidi. Tutti e tre negativi. Il primo si peccava di conoscere l’inglese perché era stato prigioniero degli inglesi durante l’ultima guerra e cercava di autogloriarsi nelle riunioni collegiali. Non si interessava della didattica, quindi non si è mai reso conto della qualità del mio insegnamento e della mia preparazione. Si peccava di sapere l’inglese meglio di me. Alla fine ho dovuto fargli fare una figuraccia davanti a tutto il corpo docente dimostrandogli che il suo inglese era solo uno dei peggiori “slang” delle persone incolte.

Il secondo preside aveva in odio la cultura. Lui era solo un burocrate e ne era cosciente. Non amava i libri. Quando gli chiesi in prestito un libro della biblioteca docenti, me lo negò dicendo che i libri rovinano le persone. A lui interessava solo la massoneria, di cui era un esponente di rilievo.

Il terzo preside, infine, quando gli chiesi di poter utilizzare tutti i sussidi didattici di cui era dotata la scuola per creare un laboratorio linguistico, me li negò dicendo che potevano rompersi. Questo mi fece decidere che se volevo una scuola come dicevo io dovevo andare a crearmela da solo diventando preside. E così feci.

Il primo incarico lo ebbi per la scuola media di Campana, un paese sul versante jonico della Sila. Lì feci la mia rivoluzione nell’organizzazione della scuola e nel rinnovamento della didattica. La scuola, come tutte le scuole d’Italia, era dotata di una moltitudine di sussidi didattici per tutte le discipline, che non veniva utilizzato, ma veniva stipata in ogni anfratto.

Con questi sussidi didattici era possibile introdurre la MULTIMEDIALITA’ nell’insegnamento. Ma l’edificio della scuola non si prestava per istituire un laboratorio multimediale per ogni disciplina. Era una casa per abitazione civile riadattata a scuola. Gli spazi erano limitati alle aule.

Gli uffici erano… addirittura… allogati nell’edificio di fronte a quello delle aule. Tra i due edifici scorreva una strada comunale. Adiacente alla scuola c’erano degli spazi liberi comunali. Solo una grossa fantasia poteva immaginare che da questa situazione si potesse concepire una scuola avanzatissima nella didattica.

La multimedialità non era ancora arrivata nelle scuole italiane. Vi arriverà dopo 15 anni. Ma a Campana la realizzammo quell’anno. Il primo della mia carriera di preside. A me erano state negate le ali che volevo per volare nella didattica della mia disciplina. Se me le avessero date, forse non sarei mai diventato preside.

Da preside volevo che ogni docente avesse questo paia di ali. Dove mancavano le strutture, supplì la fantasia. Abolimmo le aule tradizionali. Al loro posto istituimmo un’aula-laboratorio per ogni disciplina fornita da tutti i sussidi didattici multimediali disponibili.

In questa organizzazione, non era il docente che si spostava al termine dell’ora. Era la classe che si spostava nell’aula laboratorio in orario.

Questo esperimento è potuto nascere perché il corpo docente era giovanissimo. Quasi tutto incaricato. Aveva voglia di fare. Era ancora nella fase dell’entusiasmo. Ma aveva un grossissimo difetto. Era diviso in Montecchi e Capuleti. Bianchi e rossi. La serenità della scuola ne soffriva.

Io stesso ero un rosso, ma non del loro stampo. Io avevo instaurato un ottimo rapporto con il sindaco, un bianco. Questo sindaco era molto intelligente ed accolse tutti i miei suggerimenti per fare una scuola dignitosa.

In fin dei conti ne beneficiavano i ragazzi del suo paese. Costruì finanche una palestra scoperta in uno spiazzo comunale adiacente alla scuola. La divisione politica dei docenti la superai drammatizzando il fenomeno. Convocai tutto il corpo docente al portone d’ingresso della scuola. Ad un bidello… un rosso… chiesi di attaccare il gancio, di cui l’avevo dotato, ad un lato del portone d’ingresso.

Rivolto ai docenti, fortemente incuriositi, dissi: “signori! Siete pregati, prima di entrare nella scuola, di appendere la vostra veste politica a quel gancio. Nella scuola dobbiamo fare politica, ma deve essere solo politica scolastica”. E, rivolto al bidello, segretario di un partito… dissi “tu sei il primo che devi rispettare questa regola”

Il provveditorato, avuto sentore di quello che stava avvenendo a Campana, mi chiese una relazione. Quella relazione fu trasformata in un libretto con questo titolo: CAMPANA: UNA SCUOLA DIVERSA, che si trova pubblicato nel mio sito www.franco-felicetti.it.

Quando lasciai Campana, il giornalino della parrocchia scrisse un articolo: UNA FATA A CAMPANA. Una fata che aveva saputo creare una scuola a dimensione di alunno, dove ognuno avevo potuto raggiungere il traguardo con le proprie forze Quando mi trasferii altrove, i docenti erano, giustamente, delusi .

Uno mi disse: “Ora sarà duro ritornare alla scuola tradizionale senza i laboratori . Ci avete fatto illudere”. La preside, che mi sostituì, smantellò tutto nei primi giorni. Lei non credeva nella multimedialità dei laboratori. Lei credeva nel libro come unico sussidio didattico.

Questa scuola ha avuto un seguito, che si può leggere in un post di questo blog LA SCUOLA MEDIA FAUSTO GULLO DI VIA POPILIA., che il Sole24Ore, nel 1994, definì “l’unica scuola media eccellente in Calabria”. La scuola media FAUSTO GULLO di Via Popilia è nata a Campana. Nel mio primo anno di presidenza.

CONTINUA