martedì 30 agosto 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (17)

TOYNBEE (1)

Toynbee apre la sua monumentale " Studio della storia " affermando che la storia diventa intellegibile soltanto se si prendono in considerazione i grandi aggregati umani o grandi sistemi di interrelazioni tra individui ( cioè, la società ). Lo studio della storia di un singolo stato o di una singola nazione, contrariamente a quello che hanno sempre pensato gli storici, non è intellegibile se essi vengono staccati dalla civiltà a cui appartengono.

La storia inglese, per esempio, non può essere compresa appieno se essa non viene inserita e studiata nell'ambito della cristianità occidentale. Anche gli stessi elementi, quali il sistema di produzione industriale e il sistema di governo parlamentare rappresentativo, che più sembrano caratteristici ed esclusivi del popolo inglese, non possono essere spiegati al di fuori di questo quadro di riferimento.

Attualmente i quadri di riferimento, o grandi civiltà. per Toynbee, sono cinque: quella occidentale, già citata, la cristiana ortodossa, la islamica, la indù e quella del lontano oriente. Dietro ognuna di esse stanno le civiltà originarie di cui esse sono affiliazioni.Dietro alla civiltà occidentale, per esempio, troviamo la civiltà ellenica e dietro questa, a sua volta, troviamo la civiltà minoica. In tutto le civiltà sono ventitré, sedici sono affiliazioni di civiltà precedenti e sei sorsero direttamente da società primitive.

Le civiltà sorgono quando le società primitive devono rispondere ad una sfida che minaccia la loro esistenza. Questa sfida è di natura geografica-ambientale.

La civiltà egiziana e quella sumerica, per esempio, dovettero rispondere alla sfida di una natura ostile che, con periodiche inondazioni dei fiume, rendeva paludoso ed inabitabile l'arido terreno circostante. Quella Maya dovette affrontare la foresta tropicale; quella Andina il brullo altipiano costiero; la minoica la forza del mare; la Sinica, che sorse sulle rive del Fiume Giallo, dovette affrontare la stessa degli egizi e dei sumeri, anche se non lo sappiamo con certezza.

Le civiltà affiliate sorsero dal crollo e dalla disintegrazione di queste prime sei civiltà. La sfida, a cui esse dovettero rispondere, non era più di carattere fisico-ambientale, ma era di carattere umano-storico.

I Greci furono chiamati a risolvere il grave problema della sovrappopolazione. Ed essi fornirono tre risposte diverse. Corinti e Calchide fondarono delle colonie oltremare. le famose colonie della Magna Grecia. Sparta conquistò militarmente il territorio circostante, sottomettendo le popolazioni locali. Atene diede vita ad una classe di artigiani e di mercanti itineranti. Le conseguenze furono che Sparta dovette militarizzarsi, rendendo lo stato una caserma. Atene dovette dare maggiore spazio politico a queste classi, abolendo la forma di governo aristocratico ed inventando la democrazia ( repubblica ).

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mercoledì 24 agosto 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (16)

SPENGLER

La storia del mondo, per Spengler, non può essere confusa con la storia dell'umanità. Questa non esiste e, se esiste, è un " concetto zoologico e un nome vuoto " ( Spengler, 1957: 40 ).

La storia del mondo non si è svolta in senso lineare e concatenato inseguendo un fantomatico " progresso " dell'umanità, ma si è svolta secondo " un eterno formarsi e disfarsi, un meraviglioso apparire e scomparire di forme organiche... una molteplicità di civiltà possenti, scaturite con una forza elementare dal grembo di un loro paesaggio materno, al quale ciascuna resta rigorosamente connessa in tutto il suo sviluppo: civiltà, che imprimono ciascuna una propria forma all'umanità, loro materia, e che hanno ciascuna una propria idea e delle proprie passioni, una propria vita, un proprio volere e sentire, una propria morte...

ogni civiltà ha proprie, originali possibilità di espressione che germinano, si maturano, declinano e poi immediatamente scompaiono " ( Spengler, 1957: 40-41 ). La storia del mondo, per Spengler, è la somma di queste civiltà. Nulla di più.

Per Spengler, " il mezzo per conoscere le forme morte è la legge matematica ", mentre " il mezzo per conoscere le forme viventi è l'analogia " ( Spengler, 1957: 14 ). E le civiltà hanno un ciclo di vita analogo a quello dell'uomo. Esse hanno un'infanzia, una gioventù, una maturità e una vecchiaia. Nello svolgimento di questo ciclo, esse diventano prima una cultura, poi una civiltà ed, infine, una civilizzazione. La " cultura nasce nel momento in cui si desta una grande anima " ( Spengler: 45 ) e in questa fase si è nel pieno " vigore creativo, nella feconda primavera " ( Braudel, 1973: 243 ). Le culture diventano una civiltà quando si pongono delle aspirazioni e le realizzano nel pieno della maturità, ma, quando tutti i fini sono raggiunti e non si hanno altre aspirazioni, le civiltà si trasformano in civilizzazione.

" La civilizzazione è l'inevitabile destino di una civiltà. Con ciò si può raggiungere un'altezza, dalla quale si può scorgere la soluzione dei problemi ultimi e più ardui. Le civilizzazioni sono gli stadi più esteriori e più artificiali di cui una specie umana superiore è capace. Esse rappresentano una fine, sono il divenuto che succede al divenire, la morte che segue alla vita, la finità che segue all'evoluzione " ( Spengler: 57 ). E la civiltà Occidentale ha raggiunto questo stadio, quello della civilizzazione, sin dal XIX secolo.

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mercoledì 17 agosto 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (15)

GLI STORICI

Gli storici, che si occuparono di storia universale in modo sistematico e con una ricerca immensa, sono due: Osvald Spengler ( tedesco ) e Arnold Toynbee ( inglese ). Tutti e due appartengono al secolo XX e scrissero la loro opera a poco distanza l'uno dall'altro, ma le concepirono entrambi nello stesso periodo: gli anni precedenti la prima guerra mondiale. Fu questo primo grande conflitto mondiale, che già si preannunciava nell'aria, che fece loro sentire il bisogno di dare una risposta ai problemi del loro tempo ed entrambi si resero conto che questa risposta non poteva venire dall'esame della storia recente, ma doveva essere ricercata in un quadro più ampio.

Osvald Spengler scrive: " nel 1911 avevo intenzione di desumere, dallo studio di alcuni fenomeni politici del tempo presente e da quel che da essi si poteva desumere per l'avvenire, qualcosa di proprio a più vasti orizzonti. La guerra mondiale, forma esteriore già divenuta inevitabile della crisi storica, era allora imminente e si trattava di comprenderla partendo dallo spirito non dei precedenti anni, ma dei precedenti secoli. Nel corso di quel lavoro, allora ristretto, dovetti convincermi che per comprendere davvero l'epoca occorreva una documentazione assai più ampia... E alla fine apparve ben chiaro che nessun frammento della storia può essere davvero chiarito se non si sia prima lumeggiato il segreto della storia mondiale in genere, più propriamente quella della storia dell'umanità superiore intesa come unità organica dalla struttura periodica " ( Spengler, 1957: 82-83 ).

Per Toynbee " lo scopo dichiarato dello Study ..., almeno come fu concepito all'inizio, era di mettere a confronto tutte le civiltà conosciute dall'uomo per scoprire le cause del loro sorgere e decadere. Toynbee ci dice che lo stimolo per una tale ricerca gli venne d'improvviso nel periodo immediatamente precedente la prima guerra mondiale, quando, insegnante di storia antica ad Oxford, si trovò a leggere la storia della guerra Peloponnesiaca di Tucidide con occhi nuovi, con gli occhi di uno che sta per subire la medesima esperienza. L'affinità che da allora sentì per i Greci del V secolo a.C. in contrasto con i suoi antenati europei del Medio Evo, lo portò ad intraprendere uno studio comparativo di vasta portata. Questo, egli sperava, avrebbe potuto giustificare una predizione del destino di una civiltà occidentale che stava già sperimentando un tempo di conflitti " ( Dray, 1969: 130-31 ).

In apertura delle loro opere, entrambi mossero un attacco a fondo agli storici del tempo. Il primo affermò che gli storici non avevano saputo leggere la storia e, quando lo avevano fatto, " i mezzi per venire ad un serio risultato furono ignorati o inadeguatamente utilizzati " ( Spengler, 1957: 1 ). La storia, per Spengler, non può essere divisa in antica, medievale e moderna. Questo svolgimento lineare poteva essere frutto solo della miopia degli storici. In realtà, nella storia si è verificata una successione di " culture " o " civiltà ", ognuna con la propria inconfondibile individualità, e quindi lo studio della storia deve essere lo studio comparato di queste " civiltà ".

Il secondo accusò gli storici di avere una visuale limitata, incapaci di andare al di là della " storia parrocchiale ", cioè nazionale, la quale non è intellegibile se non è inserita nell'ambito della civiltà a cui appartiene ( Toynbee, 1934-1954 ).

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martedì 9 agosto 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (14)

AUGUSTE COMTE

Auguste Comte ( 1798-1854 ), nel suo corso di filosofia positiva, traccia uno sviluppo storico dell'umanità senza tenere conto della storia dei singoli popoli o delle singole civiltà, sulla scia di quanto aveva fatto Condorcet, il quale aveva visto nella storia un'unica realtà: la società e non i singoli popoli, anche se questi , con la loro esperienza, con le loro vicissitudini ed i loro travagli, avevano contribuito al suo progresso. Per Comte, l'umanità aveva attraversato tre grandi periodi ( legge dei tre stadi ): il teologico o della fantasia, il metafisico o astratto e lo scientifico o positivo. Questi tre periodi corrispondevano alle tre età dell'uomo: l'infanzia, la gioventù e la maturità.

I tre stadi, per Comte, ebbero una durata diseguale. Nel primo, quello teologico, che va dalla prima società dell'uomo alla fine del medioevo, l'umanità, nella sua ricerca " della causa prima di tutti i fenomeni, nella sua ricerca della conoscenza assoluta " ( Comte, 1896. I: 2 ),attraversa tre età: quella del feticismo, quando la natura veniva considerata dotata di anima e quindi di vita cosciente; quella del politeismo, nella sua duplice forma di teocrazia, rappresentata dalla civiltà egiziana, e di militarismo, rappresentata da Roma, in cui si verifica la confusione dei poteri: quello spirituale e quello temporale, e si afferma la forma economica della schiavitù; quella del monoteismo, infine, che fu preparata dai Giudei, in cui si ha la separazione dei poteri: quello spirituale si dedica all'educazione e alla formazione dell'individuo e quello temporale si appropria dell'azione, nel più ampio significato del termine.

Nel secondo stadio, quello metafisico o astratto, che rappresenta una brevissima tappa transitoria di fronte all'immensa durata del primo o all'infinità del terzo, l'umanità incomincia a darsi spiegazioni astratte della realtà che la circonda ed attribuisce tutti i fenomeni " a misteriose entità, che, nel principio, pensa siano emanazione dei fenomeni stessi, ma l'osservazione quotidiana abitua la mente a riferirli sempre più esclusivamente all'evento prodotto " ( Comte, 1896, II: 324 ).

Nel terzo, infine, quello scientifico o positivo, si era giunti alla nuova era, che stava appena incominciando ai tempi di Comte, al punto di arrivo del lungo cammino dell'umanità. Tuttavia esso era stato già raggiunto nelle scienze fisiche con l'invenzione del metodo scientifico. Comte riservava a sè il compito di farlo raggiungere anche alle scienze sociali e, in particolar modo, alla sociologia, l'ultima delle scienze, in ordine di tempo, ma la prima in ordine di importanza, in quanto ingloba e fa suo le conquiste delle altre che l'hanno preceduta, secondo la classificazione che egli ne fa nel primo volume del suo corso di filosofia positiva .

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