venerdì 27 gennaio 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (41)

LE PRIME ESPERIENZE DELL’UOMO

L’uomo iniziò la sua esperienza come raccoglitore-cacciatore. La prima non presentava grosse difficoltà ed era una pratica che egli conosceva molto bene in quanto praticata anche nello stadio precedente.

La seconda, invece, richiedeva una abilità ed una destrezza che presupponevano una diversa e più efficace utilizzazione e delle mani e del cervello (Lee-De Vore, 1968). Egli aveva a che fare con bestie che erano sempre più veloci e, molto spesso, anche più forti di lui.

Se voleva avere successo, doveva supplire alle deficienze naturali con arnesi inventati e creati da lui per essere utilizzati come ausilio (Aitchison, 1960: 2). Da qui non ci volle molto per capire che una pietra aguzza su cui era caduto ferendosi, o in cui si era imbattuto, poteva diventare un arnese che poteva essere utilizzato a suo vantaggio, o che un pezzo di legno con cui, magari, aveva battuto i rami di un albero per far cadere dei frutti, poteva essere utilizzato diversamente.

Tutte le informazioni che egli aveva acquisito nello stadio preumano (Jones, 1941: 6), e che era riuscito ad organizzare in immagini mentali, venivano utilizzate per ricavarne una conoscenza diretta ad altri scopi.

Era l'inizio dell'avventura intellettuale dell'uomo. Egli non poteva avvalersi di alcun sapere o conoscenza prodotta prima di lui. Egli rappresentava, in senso filogenetico, l'infanzia dell'umanità.

Lo stato mentale era, in effetti, una tabula rasa. Tutto doveva essere creato, inventato, scoperto (Breasted, 1916: 2). E tutto fu creato, inventato e scoperto in forma semplice e rudimentale, come semplice e rudimentale è la produzione del bambino dei nostri giorni(Bruner, 1965: 71-80), in senso ontogenetico, prima che acquisisca e faccia proprio l'eredità sociale delle generazioni presenti e passate attraverso la comunicazione del processo educativo.

L'australopiteco aveva iniziato questa sua attività "creatrice" lavorando il primo utensile della storia: la pietra spezzata da una parte per renderla tagliente. Questo fu il suo massimo contributo alla storia dell'uomo, ma fu un contributo molto importante in quanto fissava l'inizio di un'attività sconosciuta al regno animale e tipica dell'uomo: la creazione di utensili da utilizzare in modo cosciente e "intelligente".

Anche le scimmie sono capaci di svolgere delle attività (Kurland-Beckerman, 1985: 73-93), che possono sembrare intelligenti, ma, in realtà, si tratta di azioni meccaniche, ripetitive, svolte in modo inconscio. Insomma, esse utilizzano degli utensili, ma non sanno fabbricarli (Grassi, 1978). "E, sebbene quest'ultima attività si sia sviluppata dalla prima, c'è un'abissale differenza tra l'uso e la fabbricazione di utensili " (Graham, 1962).

La tecnica della pietra spezzata fu successivamente perfezionata dal Pitecantropo, il quale moltiplicò le operazioni su una stessa scheggia fino ad ottenerne una specie di lama regolare. E questo fu il massimo sforzo intellettuale che il Pitecantropo seppe fare: oltre non seppe andare.

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sabato 21 gennaio 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (40)

L'UOMO ARRIVA ALLA FORMULAZIONE DEL PENSIERO

Con il successivo uomo di Neandertal (o Homo faber) si raggiunge il primo traguardo definitivo dell'evoluzione biologica: la capacità della scatola cranica raggiunge la sua massima espansione, 1450-1600 cm. cubici, ma le sembianze conservano tratti ancora molto primitivi.

E' con l'uomo di Cro-Magnon che l'uomo raggiunge la stabilizzazione della sua morfologia attuale. Ma quale differenza tra i due! L'uomo di Neandertal, pur possedendo le stesse potenzialità biologiche e neurologiche dell'uomo di Cro-Magnon e pur avendo raggiunto per primo la stabilizzazione della capacità della scatola cranica, non aveva ancora maturato la capacità di pensare.

L'uomo di Cro-Magnon fu, per quello che ne sappiamo, la prima creatura capace di formulare il pensiero. Ci vollero 100.000 anni per raggiungere questa abilità, tanti quanti ne intercorsero, più o meno, tra la comparsa dell'uomo di Neandertal, che aveva una massa cerebrale identica alla sua, ma non sapeva utilizzarla per la formulazione del pensiero, e la sua comparsa che, invece, sapeva farlo. Come ci volle quasi un milione di anni perchè l'uomo sviluppasse la massa cerebrale della neocorteccia che, ai fini delle ordinarie funzioni corporee, non gli era necessaria.

Con l'uomo di Cro-Magnon, l'evoluzione biologica e morfologica si era conclusa completamente e iniziava quella straordinaria evoluzione culturale, che renderà l'uomo padrone assoluto del mondo fisico e lo spingerà a travalicarlo per indagare sui grandi segreti dell'universo alla ricerca della sua provenienza e del senso della sua esistenza.

Questa evoluzione culturale è strettamente connessa con la massa cerebrale della neocorteccia, che con i suoi 30 miliardi di neuroni, ha dato all'uomo il più formidabile strumento per superare tutti gli svantaggi della sua specie.

Sin dal suo primo sorgere, infatti, egli si presenta svantaggiato rispetto agli altri mammiferi. Ha qualche bisogno in più ed è molto più debole. A suo vantaggio aveva la versatilità delle sue mani, le potenzialità di un linguaggio e le sconosciute capacità del suo cervello.
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lunedì 16 gennaio 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (39)

L’EVOLUZIONE CULTURALE DELL’UOMO

Prima dell'uomo di Cro-Magnon, la storia dell'uomo è stata la storia della sua evoluzione biologica. L'evoluzione culturale, anche se presente, era insignificante, ma essenziale per l'evoluzione successiva: in effetti, essa creò le basi su cui sarà edificata la futura capacità intellettiva dell'uomo.

L'australopiteco (o grande scimmia antropomorfa del Sud), la prima creatura a camminare in posizione eretta, morfologicamente aveva le sembianze più dello scimpanzè che dell'uomo. La sua scatola cranica non superava i 700 cm cubici, "cioè, poco più di quella del gorilla".

La deambulazione in posizione eretta era biologicamente svantaggiosa. L'apprendimento della coordinazione dei movimenti, nella nuova posizione, richiese un periodo molto lungo e la posizione quadrupede non scomparve mai del tutto. Essa ritornava ogni qual volta le necessità lo richiedevano.

Con il Pitecantropo (o uomo-scimmia), che troviamo subito dopo l'australopiteco nella catena dell'evoluzione dell'uomo, la posizione bipede è ormai stabilizzata e la sua morfologia presenta qualcosa di umano, ma i tratti fondamentali rimangono ancora scimmieschi.

La sua scatola cranica subisce un'evoluzione piuttosto rilevante. Infatti, essa può contenere una massa di 1000 cm cubici, trecento in più dell'australopiteco. E questo è un dato molto significativo. "L'uomo non nasce come essere umano nel pieno senso culturale del termine... egli nasce come un organismo biologico grezzo con degli istinti e dei bisogni primari, come quelli del cibo, del riparo e del sesso" (Ratner, 1941: 97-98).

La posizione eretta provoca in lui un doppio mutamento: nella morfologia, gli fa perdere le sembianze scimmiesche per assumere quelle che poi noi chiameremo umane; nella scatola cranica, provoca una crescita nella massa che essa contiene e questo costituisce una straordinaria e rivoluzionaria mutazione biologica, forse la più importante: quella che rese l'uomo capace di creare se stesso e le sue civiltà.

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mercoledì 11 gennaio 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (38)

LA DICOTOMIA CERVELLO-MENTE

Quando l'uomo esce dalla ferinità, con la sua posizione eretta, è in possesso solo di questi due stadi del cervello (Hawkes-Wooley, 1963: 59), ma -da quel momento- incomincerà a svilupparne un terzo (Trivus, 1971: 35-37), la neocorteccia, che si dimostrerà la più rivoluzionaria delle strutture biologiche dell'uomo.

Nel tempo, la neocorteccia diverrà la sede dove si registreranno le azioni che egli compie nella vita quotidiana per affrontare e risolvere, a livello istintuale, i problemi che gli si pongono e ne conserverà la memoria (Oakley, 1954: 17).

Quando imparerà a coordinare questa memoria avrà acquisito l'abilità che lo rende "diverso e superiore a tutti i mammiferi" (Burtt, 1946: 13), al cui ordine appartiene: il pensiero.

Il pensiero è una conquista relativamente tarda nella storia dell'uomo. L'uomo che usciva dalla ferinità non lo possedeva. Egli agiva sotto l'impulso degli istinti primordiali (paleocervello) o delle emozioni e del sentimento (cervello mammifero).
Il pensiero sopraggiungerà quando egli avrà acquisito la capacità-abilità di organizzare le imitazioni e le azioni interiorizzate (informazioni) (Mumford, 1969: 90) in immagini mentali per creare dei messaggi.

cioè, quando svilupperà la capacità di organizzare una lingua semplice di base, fatta di agenti, azioni, attributi, ecc., sviluppando, così, un'attività del cervello prima sconosciuta, a cui noi oggi diamo il nome di mente. E' da questo momento che nasce la dicotomia cervello-mente, che sarà poi la sua caratteristica fondamentale (Prometeo, 1984).

Nella storia dell'uomo, quest'organizzazione delle informazioni si è avuta a diversi livelli: dalla più semplice, quella sensomotoria dell'uomo primitivo, alla più complessa, quella operatorio formale dell'uomo contemporaneo, per cui parliamo di livelli di struttura mentale o intelligenza.

La storia dell'uomo è stata la storia dell'evoluzione di questi livelli di struttura mentale. Tutte le conquiste fatte dall'uomo nella storia sono conquiste strettamente ed indissolubilmente legate alle sue capacità intellettive.

La capacità di coordinare i suoi movimenti in posizione eretta, la lavorazione della prima pietra per farne un arnese, l'invenzione della lancia o dell'arco per la caccia grossa, l'invenzione dell'agricoltura e della terracotta, ecc., rappresentano tutti stadi dell'evoluzione delle sue capacità intellettive.

Queste sono cresciute lentissimamente, per passi graduali e successivi, ma non consecutivi. Tra i diversi livelli non c'è mai stata, fino al XVII secolo, un'evoluzione costante. I regressi a livelli inferiori, fino ad un certo periodo storico, sono stati la regola piuttosto che l'eccezione.

Per questo motivo, letture della storia, come quella di Vico, non sono arbitrarie, ma trovano una giustificazione nelle vicende dell'uomo. Il progresso costante, anche se lento - esasperatamente lento, almeno fino al primo quarto del XX secolo - si è avuto solo a partire dal secolo della rivoluzione scientifica.

Cioè, da quando Galileo - nel XVII secolo - consegnò ai suoi simili un metodo per la ricerca valido sotto tutti i climi e in ogni angolo della terra, e la cui diffusione fu facilitata dal fatto che la tribù umana era completamente civilizzata, tranne poche frange di nessuna rilevanza storica, e relativamente omogeneizzata, almeno per quello che riguarda l'Occidente.

Le orde barbariche, che nei tempi antichi premevano alla frontiera del mondo civile e che spesso erano la causa contingente della sua distruzione, secondo l'efficace lettura della storia fatta da Toynbee, erano completamente assorbite nel mondo civilizzato.

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venerdì 6 gennaio 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (37)

IL LUNGO CAMMINO DELL'UOMO

La Storia dell'uomo inizia con le civiltà dell'Antico Oriente. Prima abbiamo la lunga notte della preistoria. Esse furono le prime, per quanto ne sappiamo, ad iniziare quel tipo di organizzazione politica (Carneiro, 1970: 733-38) e sociale (Hawkes-Wooley, 1963) che poi sarà caratteristica di tutta l'umanità successiva.

Comunque, esse costituiscono il punto di arrivo di un processo che era iniziato quando l'uomo si era staccato, in via definitiva, dalle scimmie antropoidi (Le Gros, 1967) per dar vita ad una specie mai vista prima sulla terra, nè immaginabile dal punto di vista biologico: la specie homo.

In effetti, il distacco dell'uomo dalle sue cugine scimmie non fu determinato da una mutazione genetica, ma avvenne per una mutazione culturale (Hewes, 1964: 416-18): la capacità, acquisita quattro milioni di anni avanti Cristo, di camminare in posizione eretta.

Questa fu la prima rivoluzione, forse la più grande, che l'uomo abbia mai compiuto. Egli sottraeva alla locomozione due dei suoi arti e li aveva li pronti per essere utilizzati in altre attività. Con questo atto, egli usciva dalla condizione animale strettamente intesa per iniziare il primo luminoso capitolo della storia dell'uomo.

Quando sottraeva due dei suoi arti alla locomozione, egli era già in possesso di una struttura e di una capacità, che - assieme alle neo acquisite mani - dovevano costituire la triade della sua potenza futura come dominatore del mondo fisico.

La capacità era quella di emettere suoni e rumori. Una capacità comune a tutto il regno animale ma - a differenza degli altri animali - l'uomo imparerà a dare ordine a questi suoni e rumori; imparerà ad articolarli e a renderli comprensibili ai suoi simili; cioè, li trasformerà in linguaggio ( MacDonald, 1960: 289-308 ) e questo lo metterà in grado di comunicare la propria esperienza non solo ai suoi contemporanei, ma anche ai posteri, attraverso il racconto orale prima e la scrittura poi, ponendo le basi, attraverso l'accumulo delle conoscenze, della sua ulteriore evoluzione.

"L'uomo preistorico diede inizio alla specifica attività mentale... e alla formazione della sua futura personalità attraverso l'evoluzione dei gesti e dei suoni in simboli. L'uso di questi simboli, per esprimere e comunicare le proprie esperienze, sarà la condizione necessaria per creare le prime comunità e per avere la prima netta distinzione tra l'uomo e il resto del mondo animale" (Ratner, 1941: 98).

La struttura era rappresentata da una massa di materia molliccia a due stadi, che risiedeva in quella che oggi chiamiamo scatola cranica: il cervello. Il primo stadio (il paleocervello) di questa massa di materia originariamente svolgeva la funzione di stabilizzatore dell'equilibrio corporeo nei movimenti ed era la sede degli impulsi o istinti primordiali: la paura e l'aggressività.

Il secondo stadio (il cervello mammifero), sovrapposto al primo, si sviluppò quando la primitiva condizione di rettile si evolse in quella di mammifero. In questo secondo stadio (cervello mammifero) risiedono gli impulsi dei sentimenti e l'emotività.

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martedì 3 gennaio 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (36)

L’UOMO CONQUISTA IL PENSIERO LOGICO

"Tutta la storia passata dell'uomo è un preludio alla sua capacità odierna di un pensiero logico [formale]" (Copeland, 1974: 35). Pensiero logico che, tuttavia, l'uomo ha incominciato ad acquisire con le prime civiltà urbane, ma a livello diverso, o - se vogliamo - ad una maturità diversa.

La storia dell'uomo è stata una successione di stati di maturità. In ogni epoca, l'uomo storico ha raggiunto la sua maturità, ma ad un livello diverso, generalmente superiore a quello precedente, tranne nell'epoca medievale occidentale, quando si ebbe un regresso.

In termini piagetiani, ogni maturità raggiunta (forma), o massimo livello di struttura mentale per quell'epoca, costituiva il contenuto della forma successiva. E questo è il principio che ha guidato l'evoluzione mentale dell'uomo nella storia.

Quando un popolo, una civiltà, o uno Stato, aveva raggiunto la sua maturità (forma), aveva preparato, per ciò stesso, il contenuto per l'uomo della civiltà successiva. "Attraverso questo processo, gli stadi dello sviluppo cognitivo dimostrano un'essenziale relatività di forma e contenuto, poichè ciò che è forma ad un livello diventa contenuto al successivo. Così le strutture operative concrete sono forma rispetta al livello senso-motorio che esse soppiantano, ma sono contenuto rispetto all'operatività ipotetica-deduttiva che ancora deve venire" (Rotman, 1977: 83).

La forma delle civiltà dell'Antico Oriente (pensiero transduttivo) costituì il contenuto della forma della civiltà greca (pensiero operatorio concreto), come quest'ultima costituì il contenuto della forma della civiltà europea (pensiero operatorio formale).

Per riassumere, il concetto di maturità è relativo, non assoluto. E questo è vero sia per l'uomo come specie, sia per l'individuo. La maturità assoluta, per l'uomo, se esiste, si avrà solo quando egli avrà imparato ad utilizzare tutte le capacità-possibilità del suo organo cervello, che ora, come abbiamo visto, utilizza solo al tre per cento.

Ma anche allora, non è certo che non ci sarà un livello successivo. Se le capacità del cervello sono quelle di assimilare, organizzare, connettere, inventare, ecc., è probabile che egli troverà un modo nuovo di utilizzare questa capacità-abilità, per cui la fine potrebbe significare un nuovo cominciamento.

Già altre volte, l'uomo ha dimostrato di avere questa possibilità. Quando si credeva che ormai avesse raggiunto il massimo delle sue possibilità nel campo della conoscenza, c'è stato sempre qualcuno, individuo, nazione o civiltà, che ha fornito un nuovo paradigma ed il cammino è ripreso, ma su un altro binario. Non sarà questo il caso prossimo venturo ?

La civiltà europea, di cui l'Inghilterra fa parte, è figlia dell'eredità sociale dell'uomo che ha realizzato se stesso nella storia. Nel XVI secolo dell'era moderna, in Inghilterra si erano create le condizioni per la nascita di un uomo nuovo, ma vecchio quanto la storia, che era destinato a prendere in mano i destini dell'umanità per condurla verso un nuovo ed impensabile traguardo: quello del sovvertimento totale dell'organizzazione sociale e produttiva, che era esistita sin dalla notte dei tempi, e dell'instaurazione di un nuovo sistema di produzione che avrebbe cambiato il volto del mondo.

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