giovedì 27 maggio 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (2)

LA MENTE-COMPUTER
Il cervello dell'uomo, molto impropriamente, può essere paragonato ad un computer. Prima di incominciare a funzionare ha bisogno di dati. L'uomo, che usciva dalla ferinità, questi dati non li aveva.
La sua massa-cervello era una TABULA RASA. Egli era come il neonato che "non immagina niente perchè non ha memorizzato niente" (Laborit, 1977: 42).
I dati (CONOSCENZE), che servivano per mettere in funzione il cervello, e farlo specializzare come MENTE, dovette acquisirli per gradi e lentamente. Questo PROCESSO EVOLUTIVO richiese tempi biblici.
Tempo materiale per accumulare i dati (CONOSCENZE) attraverso l'esperienza (informazioni memorizzate). Tempo per organizzare queste conoscenze e codificarle.
Man mano che acquisiva una maggiore quantità di CONOSCENZE ORGANIZZATE si verificava una MAGGIORE SPECIALIZZAZIONE del cervello. Per cui si innestava un PROCESSO VIRTUOSO che faceva crescere le capacità intellettive dell’uomo.
E questa crescita non è destinata a fermarsi. È un meccanismo che si autoalimenta. Una maggiore specializzazione della mente consentiva, e consente, l'elaborazione di una maggiore quantità di CONOSCENZE, che, a sua volta, provocava, e provoca, un ulteriore avanzamento nella specializzazione del cervello (Morin, 1974).
E così si andrà avanti finché il cervello non avrà utilizzato appieno tutte le sue POTENZIALITA’, che oggi sono utilizzate intorno al 3%.
Infatti, "il cervello umano... mentre produce software [elabora dati], e cioè mentre esplica tutte le sue funzioni, non rimane immutato. Cambia anche nella sua struttura.
“Il suo hardware [massa-cervello], che è costituito da trenta miliardi di cellule nervose [NEURONI], cambia a causa degli innumerevoli messaggi che determinate sostanze chimiche [NEUROTRASMETTITORI] fanno rimbalzare da una cellula all'altra.
Questa RETE MIRABILIS [cervello], come è stata chiamata, che lega tutte le cellule in conseguenza degli stimoli esterni, si modifica e si evolve " (Costa, 1986).
In altri termini, il cervello dell'uomo ha funzionato, attraverso le epoche storiche, come hanno funzionato i computers moderni, la cui capacità di dare risposte (RISOLVERE PROBLEMI) è strettamente legata alla loro programmazione.
L'input determina l'output. Più dati si forniscono alla macchina, più questa sarà in grado di dare risposte elaborate e complesse, proprio come il cervello dell'uomo, il quale, non lo si dimentichi, ha la FONDAMENTALE ABILITA’ di ORDINARE, CATALOGARE, CLASSIFICARE, ASSIMILARE, CONFRONTARE, SELEZIONARE, ASSOCIARE.
In breve, il cervello ha la CAPACITA’-ABILITA’ di elaborare i dati (INFORMAZIONI)acquisiti per estrarre da essi le informazioni di cui sono depositari.
In effetti, "l'intelligenza dell'uomo non può consistere solo nell'aumentare le proprie conoscenze, ma consiste, più propriamente, nel RIELABORARE, RICATALOGARE e, quindi, GENERALIZZARE LE INFORMAZIONI IN MODI NUOVI E SORPRENDENTI" (Rosenfeld, 1988: 168).
CONTINUA

giovedì 20 maggio 2010

L’INTELLIGENZA:L’ARMA VINCENTE DELL’UOMO (1)

LE DOTAZIONI BIOLOGICHE DELL’UOMO
L'uomo è il prodotto dell'evoluzione delle forme viventi sul nostro pianeta. Egli viene da lontano. Anzi da lontanissimo. E, nella sua forma attuale, è relativamente recente (qualche milione di anni, dice la paleontologia). Per quello che ne sappiamo, sembra che egli sia l'unico animale ad usare RAZIONALMENTE la massa contenuta nel suo cranio: il CERVELLO.
Questa massa-cervello, ci dice la biologia, è anch'essa frutto dell'evoluzione. Essa è composta da tre strati distinti:
1) il PALEOCERVELLO o CERVELLO FERINO (dall'essere primitivo, il rettile), da cui discendono gli impulsi dell'AGGRESSIVITA’ e degli ISTINTI, ed è dotato di MEMORIA CORTA;
2) il CERVELLO DEI PRIMI MAMMIFERI (sovrapposto al primo), dotato di MEMORIA LUNGA, da cui discendono gli impulsi dell' AFFETTIVITA’, del SENTIMENTO e della PAURA;
3) il NEOCERVELLO o NEOCORTECCIA, dotata di CAPACITA’ ASSOCIATIVA, che è propria ed esclusiva dell'essere umano,per cui ne fa un ESSERE RAZIONALE ED INTELLIGENTE, MA ANCHE UN ESSERE DEBOLE.
La biologia ci dice ancora che la NEOCORTECCIA ha cessato di crescere ed è rimasta immutata dalla metà del pleistocene. Questo spiega perchè biologicamente non c'è alcuna differenza tra le varie razze umane esistenti sul nostro globo.
L'evoluzione delle forme viventi "aveva dotato l'uomo di un organo che egli non sapeva utilizzare correttamente" (Koesler, 1959: 513). La natura aveva fatto fronte a tutte le necessità immediate delle altre forme viventi.
Aveva dotato le giraffe di colli lunghi per meglio raggiungere le foglie degli alberi. Aveva fornito altri animali di zoccoli duri. Altri ancora di denti aguzzi. Aveva ridotto il cervello di altri, allargando, però, la loro corteccia visuale (uccelli).
Solo con l'uomo era andata al di là delle sue immediate necessità e l'aveva dotato di un "ORGANO DI LUSSO E COMPLESSO..., la cui corretta e completa utilizzazione gli avrebbe richiesto millenni di apprendimento, ammesso che la specie umana imparerà mai ad utilizzarlo tutto" (Koesler, 1959: 514). Per ora ne utilizza solo il 3%.
A stretto rigor di termini, al suo apparire sulla terra, l'uomo non aveva bisogno di un organo così complesso per risolvere i suoi problemi quotidiani, ma quest'organo gli si dimostrerà utilissimo quando diventerà cacciatore.
Quello che è certo è che egli non sapeva e non poteva utilizzare quest'organo in tutte le sue POSSIBILITA’ e PTENZIALITA’. Era BIOLOGICAMENTE COMPLETO, ma, per funzionare a regime, aveva bisogno di un SISTEMA OPERATIVO, che doveva essere costruito attraverso l’ ESPERIENZA ACCUMULATA(INFORMAZIONI MEMORIZZATE)di millenni.
Sembra sempre più apparente che la MENTE e la RAGIONE non facevano parte dell'EQUIPAGGIAMENTO BIOLOGICO ORIGINARIO DELL’UOMO, come le sue braccia e le sue gambe, il suo cervello e la sua lingua, ma che le abbia acquisite entrambe lentamente e le abbia COSTRUITE CON SFORZI ENORMI.
CONTINUA

domenica 16 maggio 2010

UN PERCORSO INTELLETTUALE

Venerdi 13/05/10 ho messo la parola fine al racconto della mia vita. Ma essa non sarebbe completa se non aggiungessi il problema principe che ha sempre dominato la mia mente lungo tutto il mio percorso intellettuale. Che io fossi un ragazzo intelligente non c’erano dubbi. Che questa mia intelligenza fosse un tantino diversa da quella di tanti altri era, ed è, fuor di dubbio.

Questa coscienza mi creava una certa inquietudine. Mi domandavo da dove venisse questa intelligenza. Era stata la natura a darmela o avevo contribuito anch’io in qualche modo? La risposta a questa domanda, per me, era di estrema importanza.

Se era stata la natura a darmela ero stato semplicemente un fortunato. Se, invece, avessi contribuito anch’io, in qualche modo, a farla sviluppare avrei potuto essere orgoglioso di me stesso.

A questo problema, di non poco conto, ho dedicato degli studi approfonditi, che mi sono stati utilissimi per quello che io ritengo il mio libro più importante. Di difficile lettura perché frutto di una ricerca mastodontica sulle conquiste dell’Uomo nella storia. Da quando è uscito dalla ferinità fino alla sua conquista più grande e più sconvolgente perché ha cambiato il corso della sua storia: LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE.

Ma questo era vero quando io ero impegnato nella ricerca. Gli anni ottanta del XX secolo. Ora non è più vero. Dagli anni novanta dello stesso secolo, l’Uomo ha dato vita ad una rivoluzione ancora più grande: quella di INTERNET, che ha messo a disposizione dell’uomo della strada, in tempo reale, tutto il sapere che l’umanità ha prodotto e che produce quotidianamente.

Questo mio percorso intellettuale lo pubblicherò a partire da venerdì 21 maggio. Lo farò, ancora una volta, a puntate. Così renderò più chiara la risposta alla mia domanda iniziale, che non sarà espressa esplicitamente.

Buona lettura

giovedì 13 maggio 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (37)

IL GIARDINO DI ALLAH

La preside partecipò ad altre due mie esperienze. La prima fu la visita al MAR NERO. Si dovevano oltrepassare delle montagne impervie con strade non bitumate. Ma la segretaria aveva pensato a tutto. Si fece accompagnare da un suo cugino ingegnere, che in quelle montagne sperdute, su un promontorio che dominava tutta una vallata, si era costruito una mega villa tutta luce. Nel senso che le pareti esterne, che davano sulla vallata, erano di vetro blindato.

In mezzo a quelle montagne, la segretaria, senza dirmelo, volle soddisfare una mia forte curiosità. Volevo sapere perché si parlava del LATTE E MIELE DEL GIARDINO DI ALLAH?. Scese dalla macchina. Lei sola. Entrò in un bar-ristorante e ne uscì con quattro piattini di LATTE E MIELE. Quello che si dice si trovi nel GIARDINO DI ALLAH.

Un sapore deliziosissimo, indescrivibile. Assoluto. Totale. Nulla può paragonarsi ad esso. E questo LATTE E MIELE si trovava solo tra quelle montagne. Rivolta verso di me, la segretaria disse: “HA CAPITO ORA?”. Si, avevo capito. Le parole non avrebbero potuto descriverlo. Qualche giorno più tardi capii perché non ci fece entrare il quel bar-ristorante. Per una cosa non detta perché non percepita dagli iraniani, ma presente ovunque in Iran.

Arrivati sul MAR NERO, la spiaggia era divisa in due da un grandissimo telone. Il reparto maschile da quello femminile. Separati. Ma non c’era gente. Era troppo presto per i bagni. La preside non volle venire in barca. Ci andammo io e la segretaria. L’ingegnere rimase a tenere compagnia alla preside. Sulla barca ebbi un altro assaggio dell’assurdità dell’ISLAMISMO.

Il barcaiolo disse alla segretaria: “SIGNORA, SE VUOLE TOGLIERSI IL FAZZOLETTO IO NON FARO’ LA SPIA. “ Il chador rimase, ma il fazzoletto, che copriva i capelli, se lo tolse. Per rimetterlo non appena ci siamo riavvicinati alla riva.


Ora non mi rimane che parlare dell’ultima esperienza culturale. La più importante perché sentita dentro. La visita al tempio di AHURA MASDA nel deserto. Questa non era una visita programmata dall’inizio. Fu un’occasione che colsi al volo. Un imprenditore italiano aveva messo a mia disposizione il suo aereo per andare a visitare le ROVINE DI PERSEPOLI, una delle cinque capitali dell’IMPERO PERSIANO.

Tramite la preside ringraziai, ma chiesi se era possibile fare il cambio con un SUV con autista e aria condizionata. Partimmo destinazione tempio di Ahura Masda nel deserto. A sera ci fermammo in un’oasi. Dovevamo attraversare un piccolo villaggio. Gli abitanti stavano sull’uscio di casa e ci invitavano ad entrare. La preside decise che in una di queste dovevamo entrare. Era una sorta di pedaggio che dovevamo pagare.

Ci fecero il tè con il SAMOVAR e ci offrirono tante cose da mangiare, tutte derivate dal latte. La preside chiese alla segretaria di sedersi accanto a me per dirmi cosa potevo mangiare e cosa no. C’erano rischi di forti infezioni. Ma, cosa più importante, feci la mia prima conoscenza della sporcizia. Ma non era ancora quella allo stato puro, che dovevo incontrare da lì a poco.

Arrivammo all’albergo dell’oasi. Al ristorante la preside mi consigliò di bere direttamente alla bottiglia. Di toccare le cose il meno possibile. Mangiammo tutti pochissimo. Ma la sorpresa fu nella mia stanza. Rimasi esterrefatto. Avevo trovato la sporcizia allo stato puro. Che più sporcizia non si può.

Mi sono detto: come farò a dormire questa notte?. Dove potrò poggiare i miei vestiti?. Come farò a farmi la doccia domattina? Era una sporcizia che ripugnava. Assoluta. Stratificata da millenni , credo. Ero disperato quando sentii bussare alla porta. Era la segretaria, “preside ho portato le lenzuola per rifarle il letto. Un tappetino per la doccia con lenzuolo da bagno e una asciugamano per coprire la sedia così potrà poggiarci i suoi indumenti”. Santa donna di una preside! Aveva pensato a tutto.

Il mattino seguente arrivammo al tempio di ZARATUSTRA, o ZOROASTRO. Era su un promontorio recintato. Off limits per turisti. Io e la segretaria ci arrampicammo camminando a quattro zampe. Finalmente alla vetta!.

Nelle stradine che erano state calpestate da ZARATUSTRA, l’uomo che aveva dato un nuovo messaggio al mondo col suo DIO UNICO e con l’IDEA DELL’ETERNA LOTTA TRA IL BENE E IL MALE (AHRIMAN). DUE CONCETTI CHE NON ESISTEVANO NEL VECCHIO TESTAMENTO E CHE SI TROVERANNO NEL NUOVO TESTAMENYO di seicento anni più tardi. AHURA MASDA ERA IL DIO DEL BENE E ZARATUSTRA ERA IL SUO PROFETA.

L’Iran mi aveva dato molto. Mi aveva fatto conoscere una civiltà diversa ed aveva saziato le mie curiosità intellettuali. La segretaria-guida aveva compiuto miracoli per esaudire tutti i miei desideri. Desideri di un uomo, un intellettuale, che si presentava al mondo dell’antica PERSIA (la sua regione di origine) come ALUNNO e non come SACCENTE esponente della CULTURA OCCIDENTALE. Questo la segretaria l’aveva capito sin dal primo giorno. Io ero un DIVERSO.


FINE

venerdì 7 maggio 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (36)

UN FUMATORE DI OPPIO


Ma alla mia guida chiesi di più. Volevo partecipare ad un RICEVIMENTO DELLA SOCIETA’ BENE.. E qui ho visto il DOPPIO VOLTO della civiltà islamica. All’esterno le donne erano tutte coperte dallo CHADOR, ma, all’interno, le classi agiate lo smettevano. Sotto lo chador c’erano abbigliamenti bellissimi all’occidentale. C’erano delle minigonne mozzafiato. Allora ho visto la vera bellezza delle donne iraniane. Ho capito perché ALESSANDRO MAGNO si innamorò della sua ROSSANA.

Vicino a me fecero sedere una ragazza di grande bellezza, un FLOWER BUD. Accanto la madre, un bellissimo e freschissimo FLOWER. Fui presentato Io parlavo in francese o inglese a secondo della lingua conosciuta dall’ospite. Mi chiesero se volevo bere. Mi portarono un bicchiere che sembrava acqua. Ma era gin. L’alcool in Iran è proibito.

Molti ospiti si esibirono facendo musica strumentale o cantando accompagnati. Uno di questi suonò il violino e cantò una sua canzone (era una autore di canzoni famose in Iran). La sua musica e la sua voce erano dolcissime e sentii il bisogno di congratularmi con lui. Ma lo feci alla loro maniera. Gli andai vicino. Mi misi la mano destra sul cuore e feci un inchino con la testa. Senza parlare.

La padrona di casa, appartenente a una delle più vecchie famiglie nobili dell’Iran, mi fece un grande onore, così mi spiego dopo la mia guida. Venne a fare la danza del ventre di fronte a me, dedicandomela. La mia guida mi disse che la padrona di casa era rimasta impressionata da come mi ero saputo inserire nei loro usi e costumi. Ecco perché la danza del ventre.

Incontrai questo violinista in una altro ricevimento qualche giorno prima di ripartire per l’Italia. Era la segretaria-guida della scuola che lo dava in mio onore. Aveva invitato tutti i docenti della scuola ed i suoi amici iraniani. Quel signore era senza violino. Lo andai a salutare e mi sono rammaricato che non avrei più sentito la sua bellissima musica e le sue canzoni.

Ad un certo punto questo signore uscì. “Sta andando a prendere il violino”, dissi al docente della scuola italiana che mi era seduto vicino. Il docente più odioso che abbia mai incontrato. Era talmente imbevuto della superiorità della CIVILTA’ OCCIDENTALE che diventava inviso a tutti gli iraniani.

Quel signore ritornò col violino. Si mise al centro del salone. Immediatamente si fece un gran silenzio e lui con la bacchetta del violino indicò me e disse: “POUR VOUS”. Suonò due pezzi sublimi. Lo ringraziai alla stessa maniera della prima volta. Tutti i presenti, iraniani e italiani, batterono le mani per tutti e due. Per il musicista che ci aveva regalato due sue bellissime canzoni e per me che avevo dimostrato un grande rispetto per i costumi iraniani.

Mi andai a risedere vicino a quell’italiano odioso. “Ecco cosa significa essere preside”, mi disse. Allora ho chiarito brutalmente. “Lei è un borioso con una mente piccina. Lei contesta la preside perché vuole il suo posto. Tratta gli iraniani, anche i suoi colleghi della scuola, come se fossero esseri inferiori solo perché appartengono ad una società sottosviluppata rispetto alla nostra”.

“Lei vorrebbe che gli iraniani si inchinassero di fronte a lei che appartiene alla superiore cultura Occidentale. E non sa che questa gente possedeva una grandissima civiltà quando noi italiani abitavamo ancora nelle capanne. Hanno simpatia per me perché percepiscono che io ho un profondo rispetto e apprezzamento per quello che hanno dato alla civiltà dell’uomo.

“Se solo studiasse un po’ la loro storia apprenderebbe che il loro antico DIO UNICO AHURA MASDA e il suo profeta-sacerdote ZARATUSTRA, hanno detto qualcosa con seicento anni di anticipo rispetto ai nostri VANGELI. Come seicento anni dopo i VANGELI venne MAOMETTO che prese molto da questi.

“ Io mi auguro che lei mantenga la promessa di cambiare il suo atteggiamento all’interno della scuola, come mi auguro che lei cambi il suo atteggiamento verso tutta la società iraniana, anche se non condividiamo la politica del suo governo attuale. Quello che noi dobbiamo rispettare è la loro storia. È la loro civiltà. E vedrà che anche lei non avrà bisogno di diventare preside per avere i successi che ho avuto io.” Rimase in silenzio.

La segretaria-guida aveva capito benissimo il mio spirito. La mia era una sete di conoscenza. Volevo fare anche la mia esperienza con l’OPPIO per un fatto culturale. Letterario, se vogliamo. E lei trovò il modo di farmela fare, anche se c’erano fortissimi rischi. In Iran era fortemente proibito usare oppiacei. Ma un suo amico industriale, di antica nobiltà, con la moglie, decisero di farmela fare a casa loro.

Per prima cosa la vestizione. Mi fecero togliere i pantaloni e mi fecero mettere dei pantaloni neri larghi che mi consentivano di sedermi sul tappeto a gambe incrociate. Il mio ospite aveva invitato un amico. Tutt’e tre stavamo per andare in un locale adiacente alla casa. Ma la moglie si oppose. Volle che rimanessimo in casa e mise a disposizione il salotto buono con un tappeto preziosissimo.

Lei preparò tutto. Le zollette di oppio. La pipa. I cuscini. Soprattutto per me, che non avrei retto molto a gambe incrociate. Ma fece anche di più. Disse che sarebbe stata la mia assistente per guidarmi in questa esperienza. Per farmi evitare le possibili conseguenze dopo la sbornia d’oppio.

Di tanto in tanto porgeva, solo a me, dei “frutti” e mi diceva: “mangi questo”. Fumammo per quasi tre ore discutendo del più e del meno. I “frutti” variavano, ma ero costantemente rifornito. Poi la segretaria mi informò che funzione avevano. Evitare una presa troppo forte dell’oppio su di me. Ci riuscì. Quella notte dormii come non mai. E la mattina seguente potei svolgere la mia funzione come al solito.

Una cosa devo dire. Per onestà. Tra me e la segretaria si era stabilita una certa complicità. Non tutto poteva essere detto alla preside. Non avrebbe capito. Ufficialmente, io andavo a letto presto.

CONTINUA