mercoledì 27 febbraio 2008

IL RADICALISMO ISLAMICO: UNA NUOVA SFIDA PER L'OCCIDENTE

L'Occidente ha vinto la sfida del comunismo dopo quasi ottant'anni di contrapposizioni. Ma il suo "way of life" (=il suo modello di vita) non si è affermato come modello vincente su scala planetaria.

E' risultato vincente solo su quel terzo del globo, che aveva messo in pratica l'ideologia comunista per realizzare un modello di società senza Dio (ateismo di Stato), che avrebbe dovuto raggiungere una presunta maggiore giustizia sociale, economica e politica.

Ora l'Occidente si trova davanti una nuova e ben più temibile sfida: il FONDAMENTALISMO ISLAMICO, che non è meno espansionista dell'ideologia comunista ed è portatore di un modello di società globale, in cui la religione è al centro di tutto.

Questo modello ha un profondo retroterra storico e non fa alcuna distinzione tra le due principali sfere dell'attività umana: quella laica (che interessa l'economia, la cultura, la politica e il sociale) e quella religiosa

Il suo fondatore fu Maometto, il quale riuscì a dare un'unità alla 'nazione araba' fondando una nuova religione: l'Islam, i cui precetti sono racchiusi nel libro sacro dei musulmani (Corano).

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la 'nazione araba' prese due indirizzi diversi. Alcuni Stati iniziarono una profonda politica di Occidentalizzazione. Altri riaffermarono, con forza, l'islamismo, come segno di distinzione dall'Occidente.

Ma in entrambi queste due categorie di Stati si perseguiva un processo di secolarizzazione (=separazione delle due sfere: laica e religiosa) per arrivare ad uno Stato completamente laico.

La politica di occidentalizzazione, tuttavia, trovò un grosso ostacolo nella classe degli ayatollah (i custodi delle sacre scritture dell'islam), che chiedeva un ritorno agli antichi precetti del Corano, di cui erano imbevute le masse (gli strati inferiori della popolazione).

Questa classe di ayatollah, che aveva un grosso seguito nella popolazione, vedeva il mondo occidentale come IMMORALE, CORROTTO e PORTATORE DI VALORI CULTURALI NEGATIVI, da cui il musulmano doveva rifuggire.

Per questo motivo, tra mondo islamico e mondo occidentale non ci poteva e non ci doveva essere INTEGRAZIONE, ma ci doveva essere solo DISTINZIONE E DIFFERENZA per riaffermare la propria INTEGRITA’ CULTURALE E MORALE.

sabato 23 febbraio 2008

UN INSUPERATO STRUMENTO IMPERFETTO: LA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE RAPPRESENTATIVA

Il nome astratto democrazia è uno dei termini più antichi del vocabolario politico. Esso deriva dal greco Democratia ed è composto da demos (popolo) e Kratos (autorità). Furono i greci, infatti, e più precisamente gli ateniesi, a fare il primo esperimento di governo democratico nel V secolo a.C.

Tuttavia, il concetto che i greci avevano della democrazia è del tutto diverso da quello moderno. Per essi, governo democratico voleva dire partecipazione diretta del popolo alla formazione delle leggi, partecipazione diretta alla direzione politica ed amministrativa dello Stato attraverso un sistema di rotazione o sorteggio delle cariche.

Tutto ciò era possibile in quanto la popolazione (che godeva dei diritti politici) della città-Stato di Atene ammontava a poche migliaia di persone. Ma oggigiorno, la popolazione dello Stato ammonta a milioni di individui-cittadini, sparsi su un territorio almeno venti volte più grande di quello di Atene, per cui il metodo della democrazia diretta sarebbe impossibile.

L'ampliamento dei confini dello Stato, la dilatazione delle sue funzioni e l'infinita complessità della sua organizzazione hanno fatto sorgere un nuovo tipo di democrazia in cui il cittadino partecipa alla vita dello Stato indirettamente, attraverso dei rappresentanti che elegge di tempo in tempo per rappresentarlo in parlamento.

Di qui il nome di democrazia parlamentare rappresentativa. "Questo genere di democrazia è completamente nuovo al mondo". Non è un sistema perfetto, ma è il migliore dei sistemi esistenti.

martedì 19 febbraio 2008

MASSIMO D’ALEMA: L’ULTIMO VERO CREDENTE DELL’IDEOLOGIA COMUNISTA

Il vero credente è una figura psicologica che si è storicamente delineata solo nei partiti fortemente ideologicizzati, come quello comunista, fascista, nazista, ecc. Nei partiti democratici questa figura non si è delineata, né potrebbe mai delinearsi.

Questi partiti, in effetti, non hanno un credo acriticamente assunto come verità indiscussa ed indiscutibile dai loro iscritti. Ma sono dei partiti pragmatici, il cui obiettivo non è quello di cambiare il mondo, come nei partiti ideologicizzati, ma più semplicemente è quello di risolvere i problemi che affliggono la società.

Il vero credente è un indottrinato di seconda mano, se è un semplice iscritto, di prima mano se è un dirigente che ha frequentato la SCUOLA DI PARTITO, come Massimo D'Alema. Per il vero credente al di sopra di tutto c’è il partito e la sua ideologia, che viene assunta come verità assoluta, di cui egli è il geloso custode.

Giancarlo Pajetta, un leader storico del Partito Comunista Italiano (PCI), molto prima della caduta del Comunismo in Russia, soleva ripetere che solo il PCI possedeva la verità. Tutti gli altri “erano teste di cazzo”, tanto per riportare le sue testuali parole. La storia lo ha smentito. La “teste di cazzo” era lui e la sua ideologia.

Il vero credente è pronto a sacrificare tutto al partito, anche la propria libertà personale (come è stato testimoniato durante le purghe di Stalin del 1936). Nei suoi comportamenti, il vero credente è coerente, inflessibile, esigente. Non solo verso gli altri, ma anche, e soprattutto, verso se stesso.

Se la situazione lo richiede, è pronto a mettere da parte le proprie ambizioni personali per il bene del partito (come ha fatto Massimo D'Alema quando ha rinunciato alla Presidenza della Camera dei Deputati a favore di Fausto Bertinotti).

Come nell’Ordine dei Gesuiti l’obbedienza deve essere Perinde ac cadaver (= fino alla morte), così la dedizione del vero credente al partito è totale, acritica, indeflettibile.

Il suo scopo è quello di contribuire a far raggiungere al partito gli obiettivi che gli sono propri: la conquista del potere politico. Non importa con quali mezzi e quali strumenti, anche se si preoccupa sempre di dare a questi strumenti e mezzi una vernice di democraticità e di moralismo.

Nella scuola di partito, gli è stata inculcata l’idea di machiavelli che il fine giustifica i mezzi. E la DIALETTICA è lo strumento principe per raggiungere lo scopo.

Nella lotta politica, per il vero credente, non esistono avversari, ma solo nemici, che vanno eliminati con le armi della dialettica. La principale della quali è la demonizzazione del nemico politico da battere.

Nello scenario politico italiano di questi giorni non c’è più posto per la figura psicologica del vero credente. L’ha eliminata Walter Veltroni, il primo degli uomini nuovi della sinistra italiana. Come primo atto di Segretario del PD, egli ha messo da parte il vecchio armamentario dialettico del PCI o PDS nella lotta politica.


E si è impegnato a condurre una competizione elettorale corretta e rispettosa versi tutti. Il suo obiettivo è quello di svelenire il clima politico italiano per dare a tutti un sacrosanto diritto di cittadinanza nell’agone politico. Solo così il Paese può sentirsi unito anche nelle diversità di vedute.

Ma Veltroni, il pragmatico, non può garantire la nascita del nuovo se dietro di sé ha D'Alema, l’ideologista. L’ultimo degli uomini vecchi. Il vero credente per antonomasia. D'alema controlla la fetta maggioritaria del vecchio PDS e ha incominciato la sua campagna elettorale risfoderando la logica stantia della demonizzazione dell’ avversario poltico.

Veltroni ha posto le premesse per ricostruire la credibilità della sinistra italiana su altre basi. D'Alema pregiudica questo tentativo con la sua azione che sa di archeologia delle idee.

Veltroni vuole dimostrare che il Paese cresce e avanza anche nelle idee e nelle mentalità. Il Paese non può rimanere attaccato a prassi che sanno di Ottocento. Si deve evolvere, e Massimo D'Alema può dare un grosso contributo: mettendosi da parte. Il Partito Democratico, e il Paese, gliene saranno grati. E Veltroni avrà una chance in più.

giovedì 14 febbraio 2008

IL PRAGMATISMO E LE IDEOLOGIE

Le ideologie sono il prodotto del mondo germanico. Hegel ne fu il fondatore e Karl Marx il suo profeta. Esse si diffusero soprattutto nell’Europa continentale. Il mondo anglosassone (Inghilterra e Stati Uniti d’America) rimasero attaccati al loro tradizionale pragmatismo, che – secondo la loro lettura della storia- avevano ereditato direttamente dal mondo romano.

In effetti, soprattutto gli Stati Uniti, si sono sempre definiti i veri eredi di Roma, che conquistò tutto il mondo allora conosciuto grazie alla forza del suo pragmatismo. Secondo la visione degli storici americani, i popoli neolatini hanno tradito il pragmatismo dei loro padri per abbracciare l’astro nascente delle ideologie. E questo li precipitò nel disastro.

Oggi si dice che le ideologie siano morte. Ne siamo proprio sicuri? Forse è vero che siano morte come visioni globali dell’organizzazione politica della società attorno ad un’idea guida, che diventa articolo di fede per il vero credente.

In questo senso, le ideologie sono state storicamente sconfitte dal loro più acerrimo nemico: il pragmatismo, in cui oggi tutti si riconoscono. Ma non sono morte totalmente. Hanno lasciato dietro di loro una mentalità ideologica, che ancora persiste in larghi strati della popolazione.

Questa mentalità è di intralcio alla formazione di uno Stato veramente democratico in cui sia garantito il fair play tra le forze politiche, nel pieno riconoscimento del ruolo e della funzione di ciascuna forza. La differenziazione tra le forze, che ci deve essere, deve essere basata esclusivamente su una sana dialettica programmatica.

L’Italia è ancora lontana da questo obiettivo, anche se qualcosa sembra muoversi in questo senso per le prossime elezioni politiche di primavera. Entrambe le due maggiori forze politiche in campo hanno promesso il reciproco fair play, mettendo, finalmente, da parte la demonizzazione dell’avversario.

Chi è affetto da questa non scomparsa mentalità ideologica è il vero credente, il quale non sa vivere senza una verità “rivelata”, una “causa” in cui riconoscersi e in cui credere per sentirsi sollevato dal peso di fare scelte. Di dover decidere con la propria testa. Cosa che non sa fare. Egli esprimerà il suo consenso, o il suo dissenso, secondo le indicazioni di color che sanno (vertici del partito). E tanto gli basta.

Il vero credente, di qualsiasi segno sia (rosso, bruna, nera), non svilupperà mai una mentalità democratica. Questa, infatti, richiede una mente sgombra da qualsiasi preconcetto. Una mente libera, che ha bisogno di autoconvincersi prima di decidersi a fare una scelta in un senso o nell’altro.

Quest’ultima è la mentalità del vero laico. Il vero credente è un laico fasullo. Egli non vive di dubbi, non è pronto a mettere tutto in discussione, come fa il vero laico, ma vive di certezze, che gli derivano dall’ideologia che ha abbracciato: morta, ma non sepolta. Il coloro dell’ideologia non ha importanza.

Come ha detto uno studioso americano, è più facile che una ideologia riesca a fare più proseliti tra i veri credenti di altre ideologie di quanti possa farne tra le mentalità libere, democratiche e pragmatiche.

Le ideologie comunista e fascista sono di segno diverso e contrario, ma la struttura mentale del vero credente di entrambi è la stessa.

sabato 9 febbraio 2008

LE CONQUISTE DELLA MENTE DELL’UOMO:IL METODO SCIENTIFICO

Il metodo scientifico fu una rivoluzione nella mente dell'uomo. Essa si liberava del disordine, che l'aveva dominata per tutto il medioevo, ed acquistava, grazie a Galileo che ne fu l’inventore, l'ordine nella ricerca della conoscenza.

Con questo nuovo strumento (metodo scientifico), l'uomo metteva da parte il mondo delle opinioni, che non forniva certezze, ed introdusse quello delle verità dimostrabili.

I risultati ottenuti col metodo scientifico erano certi perché verificabili e ripetibili ad infinitum in qualsiasi angolo della terra e il metodo scientifico divenne il linguaggio universale di tutti gli uomini di scienza, indipendentemente dalla loro nazionalità.

venerdì 1 febbraio 2008

POLITICALLY CORRECT

Nello studio della storia, il tramonto di una civiltà incomincia a manifestarsi nella società civile. Quando una civiltà è nel suo pieno fulgore certi principi vengono ritenuti fondamentali per la sopravvivenza della civiltà stessa. E sono quei valori su cui quella civiltà si è fondata. Negli Stati Uniti d’America il valore fondante è stato il principio del MELTING POT.

Questa grande nazione è stata fondata dai PADRI PELLEGRINI, che, agli inizi del XVII secolo, fondarono le prime colonie europee nel NUOVO MONDO. I principi che sostenevano queste comunità erano quelli del protestantesimo inglesi. Ed in effetti, questi coloni avevano lasciato l’Inghilterra perché aspiravano a fondare una società più giusta, secondo la loro visione del puritanesimo inglese.

Secondo questa visione, fortemente aggregante, il nuovo arrivato, da qualsiasi parte del mondo, doveva abbracciare gli usi ed i costumi dei padri fondatori. Il nuovo arrivato doveva rinascere a nuova vita, il cui amalgama era basato sul possesso della lingua inglese. Questa fu l’America dei WASP (white, anglosaxon, protestant). E questa formula funzionò fino agli anni 50 del secolo scorso. Gli Stati Uniti divennero un CROGIOLO (= MELTING POT) che amalgamò tutte le genti da qualsiasi parte del mondo provenissero.

Questo sistema incominciò ad entrare in crisi sul finire del secolo scorso. Il primo cedimento fu sulla lingua. La forte emigrazione messicana e neolatina del nuovo mondo, fece sorgerà la necessità di affiancare lo spagnolo all’inglese, dando un grosso colpo al MELTING POT. La lotta per i diritti civili dei neri d’America diede un’altra spallata al principio dei WASP.

Questo è stato il punto di svolta della civiltà americana, che ha dovuto ripiegare su un nuovo principio: il POLITICALLY CORRECT, che significa che si devono tenere dei comportamenti che siano rispettosi di tutti senza distinzione di razza, di religione, di lingua, ecc. In tutti i campi. Dal sociale al politico.

Questo nuovo principio, come tutto quello che produce l’America, è sbarcato anche in Europa. E’ di questi giorni la notizia che il governo inglese, applicando il principio del politically correct, si appresta a proibire nelle scuole dell’infanzia l’espressione “mamma e papà” per sostituirla con quella neutra di “genitori” per non offendere quei genitori omosessuali.
Per me questo è troppo! Ribelliamoci prima che sia troppo tardi.