domenica 22 aprile 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (53)

L’UOMO DIVENTA VITTIMA DELLA SUA ORGANIZZAZIONE DEL SAPERE Queste civiltà erano in grado di risolvere qualsiasi problema tecnico-pratico che riguardasse la loro organizzazione sociale. Esse, però, erano delle affastellatrici di conoscenze (Finkelstein, 1979: 18). Le producevano per necessità, ma non erano in grado, nè erano interessate a dare loro un ordine. Ogni nuova tecnica serviva a qualcosa, ma terminata la spinta della necessità, non si aveva più alcun interesse alla riflessione sul suo funzionamento. Nè essa veniva messa in relazione con altre tecniche per ricavarne una nuova conoscenza. Esse non avevano bisogno di questa forma di pensiero, nè erano in grado di produrla. La sistematicità, la classificazione, l'ordine, la generalizzazione, la reciprocità, la consecutio logica erano al di fuori della loro portata. Eppure esse avevano accumulato, affastellato, una massa enorme di conoscenze che avrebbero potuto metterle in condizione di operare una svolta nel pensiero umano. Ma esse erano destinate a rimanere società quantitative. Vittime della legge dell'evoluzione filogenetica della mente dell'uomo. Secondo questa legge, ogni popolo, che ha prodotto un nuovo paradigma culturale, una nuova organizzazione del pensiero, rimane attaccato ad esso e non è più in grado di produrne uno nuovo che lo superi. Tutte le società del passato furono vittime di questa legge. La loro organizzazione sociale non ammetteva una diffusione delle conoscenze a tutto il popolo. Esse rimanevano appannaggio delle classi dominanti, che le gestivano a fini di potere, e così lo scriba era geloso della sua arte, come lo era l'artigiano, e ne custodiva gelosamente i suoi segreti. Questo atteggiamento mentale si conserverà fino al Rinascimento. Il popolo era irremediabilmente escluso dal sapere. Esso era un affare di Stato nelle società dell'Antico oriente e un affare privato di una classe ristretta nel mondo greco-romano. Ed era un affare che riguardava il sapere nella sua globalità, nel senso che esisteva ancora l'unità del sapere. Le branche delle singole conoscenze, caratteristiche dei nostri giorni, non esistevano. Per questo motivo, il paradigma culturale, la nuova organizzazione del pensiero, il nuovo livello di struttura mentale, non poteva essere superato dall'interno della stessa società, che era collettivamente interessata al sapere, come Stato, nelle società dell'Antico oriente, e come classe ristretta, nelle civiltà classiche e rinascimentale. Solo un nuovo venuto, che fosse libero dai condizionamenti psicologici del vecchio paradigma, era in grado di operare la svolta. E, nelle società anteriori al XVII secolo, che, con l'invenzione del metodo scientifico, rivoluzionò l'organizzazione delle conoscenze, solo un altro popolo poteva farlo, partendo dal vecchio paradigma ormai in crisi. CONTINUA www.franco-felicetti.it

venerdì 6 aprile 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (52)

L’UOMO CREA L’ORGANIZZAZIONE SOCIALE

Questa nuova organizzazione sociale richiede uno sforzo creativo eccezionale. Non ci sono esperienze di popoli precedenti da cui mutuare. Tutto deve essere creato e inventato dal nulla. Ed essi non posseggono una struttura mentale capace di creare ed inventare a priori.

Le loro creazioni e le loro invenzioni sono il frutto di risposte concrete alle esigenze e ai problemi immediati del vivere civile in una società urbana, le cui dimensioni erano novità assolute.

Il problema della scrittura, che "in principio serviva all'economia del tempio" (Speiser, 1969: 86). Il problema dei numeri, che servivano allo stesso scopo. Il problema delle osservazioni astronomiche, che servivano all'agricoltura.

Il problema della geometria, che serviva per misurare i campi dopo le piene. Il problema della tecnica, che serviva per imbrigliare la natura. I problemi sociali (giustizia, sicurezza, amministrazione) che un simile tipo di organizzazione poneva. Quelli dell'unità di peso e misura. Quelli della moneta di scambio, che serviva per superare il baratto che era diventato impraticabile.

Tutte queste nuove arti devono essere esercitate da persone altamente specializzate che non possono essere impegnate direttamente nell'attività produttiva, ma devono vivere sul surplus che il nuovo tipo di organizzazione sociale è in grado di produrre (questa è l'inizio della divisione del lavoro). Queste persone non lavorano per se stesse, ma per il tempio e il palazzo (Zaccagnini, 1983: 245) da cui dipendono.

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