venerdì 7 maggio 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (36)

UN FUMATORE DI OPPIO


Ma alla mia guida chiesi di più. Volevo partecipare ad un RICEVIMENTO DELLA SOCIETA’ BENE.. E qui ho visto il DOPPIO VOLTO della civiltà islamica. All’esterno le donne erano tutte coperte dallo CHADOR, ma, all’interno, le classi agiate lo smettevano. Sotto lo chador c’erano abbigliamenti bellissimi all’occidentale. C’erano delle minigonne mozzafiato. Allora ho visto la vera bellezza delle donne iraniane. Ho capito perché ALESSANDRO MAGNO si innamorò della sua ROSSANA.

Vicino a me fecero sedere una ragazza di grande bellezza, un FLOWER BUD. Accanto la madre, un bellissimo e freschissimo FLOWER. Fui presentato Io parlavo in francese o inglese a secondo della lingua conosciuta dall’ospite. Mi chiesero se volevo bere. Mi portarono un bicchiere che sembrava acqua. Ma era gin. L’alcool in Iran è proibito.

Molti ospiti si esibirono facendo musica strumentale o cantando accompagnati. Uno di questi suonò il violino e cantò una sua canzone (era una autore di canzoni famose in Iran). La sua musica e la sua voce erano dolcissime e sentii il bisogno di congratularmi con lui. Ma lo feci alla loro maniera. Gli andai vicino. Mi misi la mano destra sul cuore e feci un inchino con la testa. Senza parlare.

La padrona di casa, appartenente a una delle più vecchie famiglie nobili dell’Iran, mi fece un grande onore, così mi spiego dopo la mia guida. Venne a fare la danza del ventre di fronte a me, dedicandomela. La mia guida mi disse che la padrona di casa era rimasta impressionata da come mi ero saputo inserire nei loro usi e costumi. Ecco perché la danza del ventre.

Incontrai questo violinista in una altro ricevimento qualche giorno prima di ripartire per l’Italia. Era la segretaria-guida della scuola che lo dava in mio onore. Aveva invitato tutti i docenti della scuola ed i suoi amici iraniani. Quel signore era senza violino. Lo andai a salutare e mi sono rammaricato che non avrei più sentito la sua bellissima musica e le sue canzoni.

Ad un certo punto questo signore uscì. “Sta andando a prendere il violino”, dissi al docente della scuola italiana che mi era seduto vicino. Il docente più odioso che abbia mai incontrato. Era talmente imbevuto della superiorità della CIVILTA’ OCCIDENTALE che diventava inviso a tutti gli iraniani.

Quel signore ritornò col violino. Si mise al centro del salone. Immediatamente si fece un gran silenzio e lui con la bacchetta del violino indicò me e disse: “POUR VOUS”. Suonò due pezzi sublimi. Lo ringraziai alla stessa maniera della prima volta. Tutti i presenti, iraniani e italiani, batterono le mani per tutti e due. Per il musicista che ci aveva regalato due sue bellissime canzoni e per me che avevo dimostrato un grande rispetto per i costumi iraniani.

Mi andai a risedere vicino a quell’italiano odioso. “Ecco cosa significa essere preside”, mi disse. Allora ho chiarito brutalmente. “Lei è un borioso con una mente piccina. Lei contesta la preside perché vuole il suo posto. Tratta gli iraniani, anche i suoi colleghi della scuola, come se fossero esseri inferiori solo perché appartengono ad una società sottosviluppata rispetto alla nostra”.

“Lei vorrebbe che gli iraniani si inchinassero di fronte a lei che appartiene alla superiore cultura Occidentale. E non sa che questa gente possedeva una grandissima civiltà quando noi italiani abitavamo ancora nelle capanne. Hanno simpatia per me perché percepiscono che io ho un profondo rispetto e apprezzamento per quello che hanno dato alla civiltà dell’uomo.

“Se solo studiasse un po’ la loro storia apprenderebbe che il loro antico DIO UNICO AHURA MASDA e il suo profeta-sacerdote ZARATUSTRA, hanno detto qualcosa con seicento anni di anticipo rispetto ai nostri VANGELI. Come seicento anni dopo i VANGELI venne MAOMETTO che prese molto da questi.

“ Io mi auguro che lei mantenga la promessa di cambiare il suo atteggiamento all’interno della scuola, come mi auguro che lei cambi il suo atteggiamento verso tutta la società iraniana, anche se non condividiamo la politica del suo governo attuale. Quello che noi dobbiamo rispettare è la loro storia. È la loro civiltà. E vedrà che anche lei non avrà bisogno di diventare preside per avere i successi che ho avuto io.” Rimase in silenzio.

La segretaria-guida aveva capito benissimo il mio spirito. La mia era una sete di conoscenza. Volevo fare anche la mia esperienza con l’OPPIO per un fatto culturale. Letterario, se vogliamo. E lei trovò il modo di farmela fare, anche se c’erano fortissimi rischi. In Iran era fortemente proibito usare oppiacei. Ma un suo amico industriale, di antica nobiltà, con la moglie, decisero di farmela fare a casa loro.

Per prima cosa la vestizione. Mi fecero togliere i pantaloni e mi fecero mettere dei pantaloni neri larghi che mi consentivano di sedermi sul tappeto a gambe incrociate. Il mio ospite aveva invitato un amico. Tutt’e tre stavamo per andare in un locale adiacente alla casa. Ma la moglie si oppose. Volle che rimanessimo in casa e mise a disposizione il salotto buono con un tappeto preziosissimo.

Lei preparò tutto. Le zollette di oppio. La pipa. I cuscini. Soprattutto per me, che non avrei retto molto a gambe incrociate. Ma fece anche di più. Disse che sarebbe stata la mia assistente per guidarmi in questa esperienza. Per farmi evitare le possibili conseguenze dopo la sbornia d’oppio.

Di tanto in tanto porgeva, solo a me, dei “frutti” e mi diceva: “mangi questo”. Fumammo per quasi tre ore discutendo del più e del meno. I “frutti” variavano, ma ero costantemente rifornito. Poi la segretaria mi informò che funzione avevano. Evitare una presa troppo forte dell’oppio su di me. Ci riuscì. Quella notte dormii come non mai. E la mattina seguente potei svolgere la mia funzione come al solito.

Una cosa devo dire. Per onestà. Tra me e la segretaria si era stabilita una certa complicità. Non tutto poteva essere detto alla preside. Non avrebbe capito. Ufficialmente, io andavo a letto presto.

CONTINUA

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