mercoledì 11 gennaio 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (38)

LA DICOTOMIA CERVELLO-MENTE

Quando l'uomo esce dalla ferinità, con la sua posizione eretta, è in possesso solo di questi due stadi del cervello (Hawkes-Wooley, 1963: 59), ma -da quel momento- incomincerà a svilupparne un terzo (Trivus, 1971: 35-37), la neocorteccia, che si dimostrerà la più rivoluzionaria delle strutture biologiche dell'uomo.

Nel tempo, la neocorteccia diverrà la sede dove si registreranno le azioni che egli compie nella vita quotidiana per affrontare e risolvere, a livello istintuale, i problemi che gli si pongono e ne conserverà la memoria (Oakley, 1954: 17).

Quando imparerà a coordinare questa memoria avrà acquisito l'abilità che lo rende "diverso e superiore a tutti i mammiferi" (Burtt, 1946: 13), al cui ordine appartiene: il pensiero.

Il pensiero è una conquista relativamente tarda nella storia dell'uomo. L'uomo che usciva dalla ferinità non lo possedeva. Egli agiva sotto l'impulso degli istinti primordiali (paleocervello) o delle emozioni e del sentimento (cervello mammifero).
Il pensiero sopraggiungerà quando egli avrà acquisito la capacità-abilità di organizzare le imitazioni e le azioni interiorizzate (informazioni) (Mumford, 1969: 90) in immagini mentali per creare dei messaggi.

cioè, quando svilupperà la capacità di organizzare una lingua semplice di base, fatta di agenti, azioni, attributi, ecc., sviluppando, così, un'attività del cervello prima sconosciuta, a cui noi oggi diamo il nome di mente. E' da questo momento che nasce la dicotomia cervello-mente, che sarà poi la sua caratteristica fondamentale (Prometeo, 1984).

Nella storia dell'uomo, quest'organizzazione delle informazioni si è avuta a diversi livelli: dalla più semplice, quella sensomotoria dell'uomo primitivo, alla più complessa, quella operatorio formale dell'uomo contemporaneo, per cui parliamo di livelli di struttura mentale o intelligenza.

La storia dell'uomo è stata la storia dell'evoluzione di questi livelli di struttura mentale. Tutte le conquiste fatte dall'uomo nella storia sono conquiste strettamente ed indissolubilmente legate alle sue capacità intellettive.

La capacità di coordinare i suoi movimenti in posizione eretta, la lavorazione della prima pietra per farne un arnese, l'invenzione della lancia o dell'arco per la caccia grossa, l'invenzione dell'agricoltura e della terracotta, ecc., rappresentano tutti stadi dell'evoluzione delle sue capacità intellettive.

Queste sono cresciute lentissimamente, per passi graduali e successivi, ma non consecutivi. Tra i diversi livelli non c'è mai stata, fino al XVII secolo, un'evoluzione costante. I regressi a livelli inferiori, fino ad un certo periodo storico, sono stati la regola piuttosto che l'eccezione.

Per questo motivo, letture della storia, come quella di Vico, non sono arbitrarie, ma trovano una giustificazione nelle vicende dell'uomo. Il progresso costante, anche se lento - esasperatamente lento, almeno fino al primo quarto del XX secolo - si è avuto solo a partire dal secolo della rivoluzione scientifica.

Cioè, da quando Galileo - nel XVII secolo - consegnò ai suoi simili un metodo per la ricerca valido sotto tutti i climi e in ogni angolo della terra, e la cui diffusione fu facilitata dal fatto che la tribù umana era completamente civilizzata, tranne poche frange di nessuna rilevanza storica, e relativamente omogeneizzata, almeno per quello che riguarda l'Occidente.

Le orde barbariche, che nei tempi antichi premevano alla frontiera del mondo civile e che spesso erano la causa contingente della sua distruzione, secondo l'efficace lettura della storia fatta da Toynbee, erano completamente assorbite nel mondo civilizzato.

CONTINUA
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