mercoledì 24 agosto 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (16)

SPENGLER

La storia del mondo, per Spengler, non può essere confusa con la storia dell'umanità. Questa non esiste e, se esiste, è un " concetto zoologico e un nome vuoto " ( Spengler, 1957: 40 ).

La storia del mondo non si è svolta in senso lineare e concatenato inseguendo un fantomatico " progresso " dell'umanità, ma si è svolta secondo " un eterno formarsi e disfarsi, un meraviglioso apparire e scomparire di forme organiche... una molteplicità di civiltà possenti, scaturite con una forza elementare dal grembo di un loro paesaggio materno, al quale ciascuna resta rigorosamente connessa in tutto il suo sviluppo: civiltà, che imprimono ciascuna una propria forma all'umanità, loro materia, e che hanno ciascuna una propria idea e delle proprie passioni, una propria vita, un proprio volere e sentire, una propria morte...

ogni civiltà ha proprie, originali possibilità di espressione che germinano, si maturano, declinano e poi immediatamente scompaiono " ( Spengler, 1957: 40-41 ). La storia del mondo, per Spengler, è la somma di queste civiltà. Nulla di più.

Per Spengler, " il mezzo per conoscere le forme morte è la legge matematica ", mentre " il mezzo per conoscere le forme viventi è l'analogia " ( Spengler, 1957: 14 ). E le civiltà hanno un ciclo di vita analogo a quello dell'uomo. Esse hanno un'infanzia, una gioventù, una maturità e una vecchiaia. Nello svolgimento di questo ciclo, esse diventano prima una cultura, poi una civiltà ed, infine, una civilizzazione. La " cultura nasce nel momento in cui si desta una grande anima " ( Spengler: 45 ) e in questa fase si è nel pieno " vigore creativo, nella feconda primavera " ( Braudel, 1973: 243 ). Le culture diventano una civiltà quando si pongono delle aspirazioni e le realizzano nel pieno della maturità, ma, quando tutti i fini sono raggiunti e non si hanno altre aspirazioni, le civiltà si trasformano in civilizzazione.

" La civilizzazione è l'inevitabile destino di una civiltà. Con ciò si può raggiungere un'altezza, dalla quale si può scorgere la soluzione dei problemi ultimi e più ardui. Le civilizzazioni sono gli stadi più esteriori e più artificiali di cui una specie umana superiore è capace. Esse rappresentano una fine, sono il divenuto che succede al divenire, la morte che segue alla vita, la finità che segue all'evoluzione " ( Spengler: 57 ). E la civiltà Occidentale ha raggiunto questo stadio, quello della civilizzazione, sin dal XIX secolo.

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