giovedì 22 aprile 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (34)

DAGLI APPENINI ALLE ANDE


Dell’esperienza di Teheran, di gran lunga la più importante, ne parlerò nel prossimo post. Qui mi voglio occupare della SCUOLA DI CANTIERE del FIUME PAUTE, una località a 400 km a Sud di QUITO, ECUADOR. Qui IMPREGILO, l’impresa che dovrà costruire il PONTE DI MESSINA, stava costruendo una grossa diga idroelettrica.

Il Cantiere era lontanissimo dai centri abitati. C’era solo il villaggio di BUNGALOWS dei dipendenti di Impregilo. La scuola era allogata in uno di questi bungalows. I docenti erano tutti dipendenti dell’impresa che prestavano la loro opera anche come docenti. C’erano anche mogli di dipendenti, qualificate, che insegnavano.

Gli alunni avevano un’ottima preparazione, anche se raggiunta con una didattica tradizionale. Ma non era questo che importava. Era stata la vita che aveva dato una maturità straordinaria a questi ragazzi. Come Commissario non potevo non ammirarli. Anzi ho fatto di più. Sono diventato loro compagno di giochi.

Il Cantiere si trovava al centro di una foresta inestricabile, come la FORESTA AMAZZONICA, da cui non era troppo distante. Come piccoli esploratori, questi ragazzi avevano esplorato un vasto territorio tutto intorno al cantiere ed avevano tracciato dei sentieri. Io chiesi di essere uno di loro in una di queste escursioni. Le mie prestazioni, però, erano alquanto rallentate rispetto a quelle usuali.

Ma i ragazzi lo avevano capito. Era il fenomeno dell’altitudine che mi provocava questo rallentamento. Lo avevo percepito appena sbarcato a QUITO, la capitale dell’Ecuador sulla CORDIGLIERA DELLE ANDE, a 3000 m. di altitudine. I primi giorni le mie gambe ne risentirono. La foresta del Paute era a 3500 m. Ecco perché i ragazzi mi potevano essere maestri per quanto riguardava i fenomeni dell’altitudine.

In effetti, chiesero ad uno dei loro insegnanti di portarmi a quota 5000. A quell’altitudine non riuscivo a stare in piedi. Avevo difficoltà di respirazione. L’insegnante mi fece sdraiare per terra per una ventina di minuti finchè il corpo non si è assuefatto a quella altitudine.

Mentre stavo sdraiato per terra mi venne in mente un racconto che avevo letto da bambino: DAGLI APPENNINI ALLE ANDE, dal libro CUORE di EDMONDO DE AMICIS. Un libro che lessi molte volte. Ora questo viaggio l’avevo fatto io. Mutatis mutandi, naturalmente.

Terminati gli esami, andai a salutare il direttore del campo, il quale mi chiesi quanto mi doveva per i compensi d’esami. “Nulla”, fu la mia risposta. “La missione mi viene corrisposta dal Ministero degli Esteri italiano.” Il direttore si appartò per fare una telefonata. Al rientro mi disse: “il vice direttore generale di Impregilo, in questo momento, è in Ecuador, a Quito. Vorrebbe avere il piacere di averla a cena”.

Arrivai a Quito in aereo. La cena si rivelò un disastro totale per il mio stomaco, ma divenne un’esaltazione unica per la mia persona, come dirigente scolastico e come uomo di cultura. Il mio stomaco fu stravolto, ma non ebbi il coraggio di spegnere l’entusiasmo col quale il vice direttore generale di Impregilo aveva organizzato la cena. Voleva farmi assaggiare qualcosa di unico, ma, il poverino, non pensò che non tutti hanno gli stessi gusti.

Io odio l’aglio. Lui lo amava, evidentemente. Non sapevo se gli altri due commensali, suoi collaboratori, lo amassero anche loro o se si stavano adeguando come mi stavo adeguando io. Il cameriere mise davanti ad ognuno di noi un pentolino su un fornello a tre piedi alimentato da una fiammella. Nel pentolino c’era dell’olio bollente la cui superficie era coperta di agli. Aglio bollente. Al centro del tavolo mise una cesta piena di GAMBERETTI VIVI.

La fiammella teneva l’olio sempre bollente. Noi dovevamo mettervi i gamberetti i mangiarceli. Questa era la prelibatezza che il vice direttore voleva farmi assaggiare. Mi domandò se gradivo. “moltissimo”, fu la mia risposta. Qualche volta nella vita bisogna saper essere ipocrita.

Ma ci fu un rovescio della medaglia molto lusinghiero per me. Mi confessò che lui non era solito andare a cena con persone sconosciute, ma io ero un caso particolare. Impregilo aveva preparato un bel gruzzoletto di dollari per me come compenso d’esami, ma io li avevo rifiutati. Era la prima volta che questo accadeva. Negli anni passati tutti gli altri Commissari avevano presentato il loro conto.

Lui voleva rendersi conto se ero stato io a sbagliare o se erano stati gli altri che non erano stati sufficientemente onesti. Alla fine della serata si diede la risposta da solo. “Preside”, mi disse, “dato che lei deve fermarsi ancora per qualche giorno a Quito in attesa dell’aereo, Impregilo vuole ringraziarla per la sua correttezza offrendole un biglietto per le GALAPAGOS. LE SAREMMO GRATI SE ACCETTASSE”.

Come uomo di cultura sono stato felice di aver sottoposto il mio stomaco alla tortura dell’aglio. Le Galapagos è l’arcipelago, di fronte alle coste dell’Ecuador, dove CHARLES DARWIN elaborò la sua TEORIA SULL’EVOLUZIONE DELLA SPECIE. Una teoria che mise in crisi, dopo millenni, la TEORIA CREAZIONISTA uscita dalla Bibbia e difesa dalla Chiesa.

Non era il biglietto per le Galapagos che mi fece sentire gratificato. Quello potevo permettermelo da solo. Ma il gesto e il suo significato. Un uomo come me vive anche di queste cose.

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