giovedì 27 ottobre 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (26)

L’UOMO PRIMITIVO E L’UOMO MODERNO

L'uomo primitivo e l'uomo moderno hanno avuto anatomicamente e biologicamente le stesse potenzialità. Solo che l'uomo primitivo non poteva sfruttarle perchè non aveva i dati ( esperienze-conoscenze acquisite ).

L'uomo, perciò, ha dovuto seguire questo cammino: aveva la macchina (il computer-cervello ), ma non aveva i dati. Allora, prima ha acquisito i dati ( lungo periodo storico di accumulazione e di codificazione ); poi ha imparato ad organizzarli e trasformarli; infine, ha imparato ad utilizzarli ( attraverso la trasmissione organizzata ), e solo allora ha incominciato a produrre a getto continuo ( epoca moderna, metodo scientifico ).

" La trasmissione organizzata è incominciata con l'istituzionalizzazione del progresso scientifico. Il suo risultato si trova accumulato nelle nostre biblioteche scientifiche, tecniche e culturali. L'accumulazione delle conoscenze, specialmente della conoscenza scientifica nelle nostre biblioteche e nelle future banche della conoscenza computerizzate, è praticamente senza limiti. Ma questo processo di accumulazione, a tre stadi ( scientifico, tecnico e culturale ) è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per la possibile continuazione dell'evoluzione biologica attraverso quella tecnologica-scientifica.

Però è certamente una condizione sine qua non per l'ulteriore sviluppo dell'intelligenza " ( Leinfellner, 1983: 166). Tuttavia, " i neurologisti hanno stimato che anche nella fase attuale... [ l'uomo ] usa solo il due o tre per cento delle potenzialità dei suoi [ circuiti ] interni " ( Koesler, 1959: 514). E questo è molto importante ai fini del suo sviluppo futuro.

Ma come è avvenuto questo processo ? Noi sappiamo che, biologicamente, l'uomo è rimasto immutato da almeno diecimila anni. Sappiamo anche qual è stata la sua evoluzione. Dalla primordiale forma di pesce che vive nelle acque tiepide e salmastre di un mare primordiale, alla forma di un anfibio, per passare poi a quella di rettile, per raggiungere, infine, quella di mammifero.

La storia di questa evoluzione ( filogenesi ) è inscritta dentro ognuno di noi esattamente così come si è svolta. Essa si ripete ogni qual volta un ovulo viene fecondato. Nella vita del feto si riproducono, secondo la " legge di ricapitolazione " ( Hackel, 1879, I: 6 ), le tappe dell'evoluzione ( ontogenesi ).

C'è uno stadio nello sviluppo del feto in cui si somiglia ad un pesce ( che vive nello stesso ambiente tiepido e salmastro del mare primordiale ), poi ad un anfibio e, infine, a un mammifero. Così, nell'ontogenesi, si ripercorre in nove mesi il cammino che nella filogenesi ha richiesta milioni di anni.

Ricerche più recenti hanno dimostrato che l'ontogenesi dell'uomo si può scrivere anche per altre strade: quella del DNA o acido desossiribonucleico. Vincent Sarich e Allen Wilson, due genetisti dell'università californiana di Berkley, hanno dimostrato, attraverso l'esame del DNA, che l'uomo differisce dalle scimmie antropoidi, dal punto di vista genetico, soltanto dell'un per cento. Questo significa non solo che il ramo evolutivo dell'uomo si è staccato di recente ( non oltre i cinque milioni di anni, essi sostengono ) da quello delle cugine scimmie, ma anche che l'uomo, con quell'un per cento, ha saputo costruire la sua evoluzione mentale e culturale*.

CONTINUA
www.franco-felicetti.it

Nessun commento: