martedì 28 agosto 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (66)


LE CITTA’ STATO GRECHE INTRODUCONO IL METODO DELLA DISCUSSIONE

La civiltà greca è potuta sorgere e fiorire perchè essa era costituita da tante piccole città-stato contigue e relativamente sviluppate. Tra di loro si stabili, quindi, una gara di emulazione.

Queste citta-stato avevano una caratteristica fondamentale comune: la discussione (Hume, 1963). Ogni problema comune veniva dibattuto e discusso in assemblea (Vernant, 1962:3). Questa pubblicità degli atti politici si estese al pensiero privato. Tutto veniva comunicato e dibattuto.

Così venne meno la gelosa custodia del sapere, da parte di una classe ristretta di sacerdoti e funzionari di stato, come nelle antiche civiltà, e tutto diviene motivo di dibattito, di confronto e di confutazione.

Il sapere, da divino, come era considerato nelle antiche civiltà, diventa umano e come tale può essere messo in discussione. La sua validità era espressa dal consenso (Vernant, 1981: 89).

"... Le ... contese ed i ... dibattiti aguzzarono le menti degli uomini: una grande varietà di argomenti veniva comunicata per la ricerca del consenso, mentre ognuno cercava di prevalere sugli altri; e le scienze, essendo libere da qualsiasi forma di autoritarismo, fecero conquiste così rimarchevoli che persino oggi esse suscitano la nostra ammirazione " (Hume, 1963).

I greci erano facilitati alla riflessione, inoltre, perchè avevano sviluppato una capacità espressiva, orale e scritta, superiore a quella delle civiltà precedenti, le quali erano rimaste attaccate alla scrittura cuneiforme e geroglifica.

I greci avevano adottata, migliorandola, la scrittura alfabetica inventata dai Fenici. Le grandi conquiste intellettuali che essi fecero furono dovute anche alle grandi possibilità fornite da questa lingua, che essi avevano costruito, molto complessa ed in grado di esprimere qualsiasi concetto. Cosa che non potevano fare nè gli egiziani, nè i babilonesi.

Così, anche se le grandi idee giacevano nella cultura della Mesopotamia e dell'Egitto, solo i greci potevano esprimerle (Burckhardt, 1963). Con l'invenzione dell' ARTICOLO DETERMINATIVO essi erano in grado, non solo di generalizzare il sostantivo (il leone), ma anche di SOSTANTIVIZZARE l'aggettivo e il verbo e, quindi, erano in grado di esprimere, oltre ai concetti concreti, attraverso la generalizzazione del sostantivo, anche i concetti astratti (il caldo, il freddo, ecc.).
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venerdì 24 agosto 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (65)

L’UOMO MASSA LASCIA IL PASSO AL CITTADINO

" La civiltà greca ha svolto un ruolo decisivo nel determinare nell'uomo la presa di coscienza della propria dignità. Negli stati più antichi, gli uomini sono, fondamentalmente, i servitori del capo dello stato, e la dignità che si riconoscono è semplicemente la partecipazione al prestigio del capo.

Il cittadino degli stati greci, al contrario, è cosciente di possedere una dignità in quanto membro di un gruppo organizzato, retto da determinate leggi, valide per tutti gli uomini liberi, a esclusione degli schiavi. Egli non è più servo di un uomo, ma viene ad essere sottomesso a una legge " (Denis, 1973, I: 20).

I greci erano delle tribù indoeuropee che invasero la Grecia in due ondate successive: gli Achei, nel XV secolo a.C., e i Dori, nel XII. Gli Achei si stabilirono in Tessaglia, da dove, alcuni sostengono, fossero originari, e nel Peloponneso, da dove cacciarono gli Achei, che si stabilizzarono in Attica.

Entrambe le tribù erano di stirpe ariana ed avevano gli stessi usi e costumi dei germani dei tempi dell'impero romano. Una di queste tradizioni voleva che la vita comune fosse regolata dall'assemblea generale dei guerrieri in armi.

Da qui si sviluppò, successivamente, la polis e la democrazia. Essi avevano lo stesso spirito dei germani ( Guthrie, 1926, II: 859 ): prima assimilavano la cultura e la lingua della civiltà conquistata e poi su questa innestavano le loro tradizioni, che erano di natura politica: gli affari comuni erano risolti in comune.

In mezzo a loro non c'era una casta sacerdotale o un re che fosse stato investito del potere da un dio. Il potere, tutto il potere, era appannaggio dell'assemblea generale e veniva distribuito secondo le necessità. Il re era elettivo ( Andrewes, 1962: 17 ). Questo fu il carattere fondamentale della civiltà greca: il potere era democratico, mentre nelle civiltà dell'Antico Oriente era autocratico.

La civiltà greca nasce, sin dalle origini ( Gschnitzer, 1988: 73-75 ), come una civiltà di individui, mentre nelle altre civiltà l'individuo non esisteva; esisteva solo la massa.
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domenica 19 agosto 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (64)

DAL MITO AL PENSIERO RAZIONALE

Il passaggio dalle antiche civiltà d'oriente al mondo greco è caratterizzato dalla progressiva maturazione di un nuovo livello di struttura mentale o intelligenza.

Dal mondo del mito si passa, gradatamente e nei secoli, alla realtà del pensiero razionale. Con i greci incomincia, per la prima volta nella storia, la riflessione cosciente sui dati della conoscenza.

Non che l'uomo delle civiltà precedenti non riflettesse, ma egli non ne aveva coscienza. I pensieri si presentavano semplicemente ed egli non si chiedeva perchè e come si presentassero.

Con Omero, invece, vediamo che i suoi personaggi sono coscienti di pensare e di riflettere, anche se non hanno ancora maturato il concetto della SOGGETTIVITA’ e, quindi, credono che il loro pensiero, la loro riflessione sia dettata da un dio che vuole e consiglia che essi seguano una data linea di azione a loro più confacente.

Nella poesia epica e in quella lirica (vedi Esiodo) l'individuo non ha ancora maturato il concetto di soggettività. Se egli pensa e riflette è perchè un dio (Omero) o le muse (Esiodo) pensano e riflettono per lui (Snell, 1953: 177).

Solo con la poesia tragica (nel V secolo), l'uomo matura il concetto di soggettività e, quindi, se pensa e riflette, lo fa in prima persona, senza la intermediazione di alcuno.

E' da questo momento che nasce la vera individualità autonoma ed indipendente. Gli dei esistono, ma essi, pur influenzando il corso degli avvenimenti umani, vivono in una sfera loro propria e sono anch'essi soggetti alla stessa legge degli esseri umani: il fato, contro il quale essi sono impotenti come gli uomini.

A differenza dei babilonesi e degli egiziani, che si incamminarono sul sentiero della conoscenza per esigenze esclusivamente (o preminentemente) pratiche, i greci diedero vita al pensiero speculativo, non necessariamente finalizzato ad una esigenza pratica. Essi tentarono di andare al perchè delle cose e del mondo per fini squisitamente conoscitivi (Michel, 1963, I: 181).

Mentre i dotti babilonesi ed egiziani appartenevano ad una corporazione, o casta, inserita nella mappa del potere dello stato (sacerdoti, ecc.), e il sapere era gestito direttamente, ed esclusivamente, da questo potere, i greci erano delle individualità o, in termini volgari, cani sciolti, che non perseguivano fini di potere, ma rispondevano, nella ricerca della conoscenza, soltanto a moti interiori che li spingevano sempre più avanti nella speculazione.

Essi non ponevano "limiti al loro campo di indagine. Talete era contemporaneamente medico, matematico, astronoma e geografo" (Michel, 1963, I:181). A queste due considerazioni se ne aggiunge necessariamente una terza: i due diversi tipi di organizzazione della ricerca erano legati alle due differenti organizzazioni politiche.

Autoritaria ed autocratica la prima, dove l'individuo non esiste (Barbu, 1960: 62), democratica la seconda, dove l'individuo, non solo esiste, ma è al centro del mondo e può liberamente promuovere la propria formazione spirituale, politica e scientifica.
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lunedì 13 agosto 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (63)


L’UOMO DELL’ANTICO ORIENTE PRIGIONIERO DEL SUO PARADIGMA CULTURALE

Le civiltà dell'Antico Oriente erano rimaste vittime del livello di struttura mentale che esse stesse avevano maturato in millenni di storia.

Elaborato il primo paradigma culturale che la storia conosca, nel primo millennio della loro storia, esse ne rimasero prigioniere per tutto il resto della loro esistenza come civiltà e divennero, di conseguenza, incapaci di ulteriore sviluppo.

Esse non varcarono mai la soglia DELL'INTELLIGENZA PRE-CONCETTUALE. Nelle iscrizioni delle primissime (come delle ultime) dinastie in Egitto, o nelle iscrizioni dei popoli che si avvicendarono, nei millenni, in Mesopotamia, troviamo sempre un elenco delle opere fatte, o dei fatti accaduti, esposti in modo narrativo e senza la benchè minima riflessione su di essi: sono singoli fatti messi uno accanto all'altro senza un collegamento d'insieme tra di loro.

La loro attività intellettuale non andava oltre la semplice riproduzione dei dati dell'esperienza percettiva. Le informazioni che esse ricavavano dalla loro attività quotidiana, o dalla loro esperienza di vita, non venivano organizzate e sistematizzate, ma venivano sistemate una accanto all'altra (sincretismo) senza alcun ordine, il cui concetto era loro estraneo.

L'attività di pensiero, intesa come riflessione sui dati acquisiti per dare loro un ordine, una classificazione, per dare loro una definizione o metterle in relazione, era completamente assente.

Nella loro esperienza di millenni, esse non riuscirono a maturare i concetti che le avrebbero messe in grado di riflettere sulla loro esperienza e cosi maturare un secondo livello di struttura mentale. Eppure, nelle conoscenze che esse avevano acquisito e prodotto questi concetti erano insiti, ma esse non seppero cavarli fuori.

"Esse potevano risolvere correttamente equazioni complesse, ma sempre in termini numerici, e sempre con esempi concreti, poiché non possedevano la NOZIONE DI GENERALITA’. Secoli dopo, i loro risultati furono usati dai matematici greci che avevano inventato i metodi generali" (Hall-Hall, 1979: 12).

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sabato 11 agosto 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (62)

LA SCOPERTA DELL'INDIVIDUO

L'uomo, sin dal suo sorgere, ha sentito l'esigenza di dare un'interpretazione globale dell'universo nel quale era inserito con una qualche forma di coscienza (Fritz, 1988: 13). Questa interpretazione non è stata mai univoca nella storia.

Essa fu sempre strettamente connessa con gli strumenti intellettuali che l'uomo possedeva. Nelle civiltà dell'Antico Oriente, l'uomo non era ancora intellettualmente equipaggiato per dare una spiegazione razionale dell'universo.
Egli poteva solo darne una giustificazione attraverso l'immaginazione (mito). La natura era giustificata con l'intervento degli dei che tutto avevano creato dal caos primitivo.

La spiegazione, invece, avrebbe richiesto un lavoro di analisi, che presupponeva il possesso di strumenti di pensiero che erano impensabili nel suo livello di struttura mentale.

La giustificazione, invece, non richiedeva alcuna analisi, ma richiedeva solo il racconto di come le cose erano avvenute E a questo provvedeva il mito, che è proprio della mentalità analagica-immediata antropomorfica.

La spiegazione si poteva avere solo se si possedevano, almeno, le tre categorie principali del pensiero razionale: ordine, definizione e generalizzazione Ma queste civiltà non rifletterono mai(Wiener-Noland, 1957: 5) sui processi che avevano seguito per raggiungere una nuova conoscenza o una nuova tecnica. Esse erano soddisfatte del risultato finale, che serviva loro per uno scopo pratico

Nella matematica, per esempio, da cui possono essere tratte le tre categorie mentali di ordine, definizione e generalizzazione, esse avevano raggiunto una conoscenza che non sarà superata dai greci anzi quest'ultimi saranno al di sotto di esse

Eppure esse non rifletterono mai un momento per domandarsi: "perchè il triangolo isoscele aveva due angoli uguali? Perchè l'area di un triangolo era uguale alla metà di un rettangolo di base ed altezza uguali?" (Struik, 1981: 53).

Perchè l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa era uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti (che più tardi, ma molto più tardi, sarà chiamato teorema di Pitagora)?

Al perchè delle cose e dei fenomeni esse non erano interessate. Esse erano interessate, per esigenze esclusivamente pratiche, al come una cosa o un fenomeno avveniva.

L'ordine, la definizione, la generalizzazione, la teorizzazione erano al di fuori del loro pensiero, che era figurativo e, cioè, percettivo, imitativo e fantastico: esso poteva comprendere la realtà nella sua staticità: l'essere della cose.

Il pensiero figurativo opera sui singoli casi. Esso è ancora centrato, se vogliamo usare un termine piagetiano. Le relazioni d'insieme, le trasformazione appartengono al pensiero operativo che esse non raggiungeranno mai, anche se avevano preparato le condizioni per farlo.

La massa di conoscenze che esse avevano accumulato in tutti i campi contenevano tutte le informazioni da cui, più tardi, i greci trarranno un sapere qualitativamente diverso.

Queste civiltà, se vogliamo dirlo in altri termini, rappresentano il contenuto della forma che i greci daranno alla conoscenza: il pensiero operatorio, che parte dalla realtà concreta per operare su di essa e ricavarne nuove conoscenze

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