mercoledì 29 aprile 2009

BARACK OBAMA E ABRAMO LINCOLN

Barak Obama, il neo Presidente degli Stati Uniti d’America, è l’uomo nuovo del XXI secolo. Egli si è posto l’obiettivo di RIFONDARE GLI STATI UNITI D’AMERICA per restaurare la loro leadership del Mondo Occidentale oggi in declino dopo la disastrosa presidenza di G. W. Bush.

Per farlo, egli ha scelto, come modello ispiratore, il vero fondatore della potenza americana: ABRAMO LINCOLN.

Nel XIX secolo, ABRAMO LINCOLN affrontò una guerra civile per salvare IL CONTINENTE NORD AMERICANO dal fato dell’EUROPA, che, all’uscita dal medioevo, mise da parte il grande lascito di CARLO MAGNO di una EUROPA UNITA e si frantumò in tanti STATI NAZIONALI contrapposti sempre in lotta tra di loro per affermare la propria supremazia sugli altri.

Abramo Lincoln (1809-1865) era un self made man(=un uomo che si era fatto da sé). Proveniva da una famiglia modesta della frontiera americana. Aveva studiato legge ed era diventato un avvocato di successo.

Egli fece la prima esperienza parlamentare nell'Illinois, lo stesso Stato di Barack Obama, e, successivamente, nel parlamento nazionale (Congresso). Nel 1856 aderì al partito repubblicano, che era antischiavista e, nel 1860, fu nominato candidato alla Presidenza degli Stati Uniti.

La sua candidatura era una candidatura di rottura. Alla sua epoca, la Federazione degli Stati Uniti aveva due anime. Una, quella del Sud, era ad economia agricola SCHIAVISTA. L’altra, quella del Nord, aveva puntato tutto sulla NASCENTE INDUSTRIA ed era di sentimenti ANTI SCHIAVISTA.

La elezione di Lincoln provocò la prima spaccatura tra gli Stati. Sette di essi si ritirarono dalla Federazione. Altri quattro li seguiranno all'inizio della GUERRA CIVILE.

Lincoln, nella sua carriera politica, si era distinto per la sua integrità morale e per la passione che metteva nella causa abolizionista della schiavitù. Ma nei suoi pensieri vi era, soprattutto ed innanzitutto, l'unità dell'Unione degli Stati.

Per tenerla in vita era pronto a sacrificare tutto. In una lettera del 1862 scrisse: "Se potessi salvare l'Unione senza liberare gli schiavi, lo farei; se potessi salvarla liberandoli tutti, lo
farei; se potessi salvarla liberandone alcuni e tenendone altri in schiavitù, lo farei".

La guerra civile scoppiò per mantenersi fedele a questo pensiero e la storia gli ha dato ragione: l'unità dell'Unione valeva una guerra civile. Un'America divisa e contrapposta in tanti Stati come l’Europa, difficilmente sarebbe diventata la più grande potenza mondiale del XX secolo.

E Barak Obama ha incominciato la sua lotta per mantenere gli Stati Uniti d’America “la più grande potenza mondiale” anche nel XXI secolo. Un compito difficilissimo perché sa che, all’orizzonte, sta nascendo UNA NUOVA STELLA di uguale grandezza: GLI STATI UNITI D’EUROPA.

mercoledì 22 aprile 2009

FEDERICO II : LO STUPOR MUNDI “PADRE” E “PATRIGNO”

Diamo a Cesare quello che è di Cesare: Federico Il ha dato all'Europa il primo stato moderno della storia. Tutti i sovrani d'Europa, che avevano a cuore il miglioramento istituzionale dei loro stati, lo tennero in grande considerazione. Edoardo I d'Inghilterra, il primo dei grandi legislatori del diritto scritto di quel regno, volle soggiornare nel suo regno per conoscere da vicino la sua legislazione, che era la più avanzata in tutta l'Europa medievale, e la struttura del suo governo, che - utilizzando funzionari laici al posto dei tradizionali ecclesiastici - realizzò la secolarizzazione del governo con quasi un secolo di anticipo rispetto agli altri stati.

Il suo Liber Augustalis fu il primo codice compilato scientificamente dopo quello di Giustiniano e le sue Costituzioni di Melfi del 1231 furono studiate e imitate in tutta Europa. Leggiamola la storia, ma leggiamola in tutte le direzioni, non solo in quella elogiativa. Può essere un motivo d'orgoglio per noi affermare, con forza, che Federico Il fu il sovrano di queste terre, ma obbiamo dire, con altrettanta forza, che lo sviluppo storico successivo gli diede torto.

Col suo stato centralizzato, egli negò all'Italia meridionale l'esperienza della nascente civiltà comunale, dove si formarono le mentalità democratiche e si acquisì il senso dello stato nelle coscienze individuali. Due obiettivi che i meridionali ancora oggi non hanno raggiunto appieno.

Se vogliamo, egli fu più "benìgno" verso la Germania, quando non pretese la centralizzazione del potere, ma diede la più ampia autonomia agli stati regionali (i lander di oggi e i fuedi di allora) nell'ambito della struttura imperiale, che - se vogliamo tradurla nei termini scientifici della scienza politica moderna - assumeva la forma di una confederazione di stati. Così, i tedeschi crebbero al loro attuale .federalismo attraverso 1' sperienza storica di secoli.

Noi meridionali, suoi diretti discendenti, siamo rimasti con una mentalità medievale dove regna ancora il barone, comunque camuffato. Sono queste le cose che dobbiamo dire. Sia gloria a Federico II. Mettiamo in evidenza tutti i suoi pregi. Additiamolo pure come la prima grande novità della storia per quanto riguarda la concezione dello Stato e dei rapporti tra le razze e le culture. Ma diciamo anche che a noi fu “patrigno” suo malgrado.

Non vide o non volle scegliere neanche la seconda strada che aveva davanti. Aveva la forza e le qualità per unificare l'Italia e fame il primo stato nazionale d'Europa con quasi due secoli di anticipo rispetto alla Francia e alla Spagna, ma quest'idea era lontana mille miglia dalla sua visione delle cose.
Se lo avesse fatto, forse avrebbe ucciso la nascente civiltà comunale, ma avrebbe salvato l'Italia dai suoi campanilismi e avrebbe fatto gli italiani con sette secoli di anticipo rispetto a Cavour.

Nella realtà dei fatti, egli era solo un sovrano illuminato, che governava col pugno di ferro, come avevano fatto i suoi avi normanni di Sicilia e i suoi trisavoli normanni di Normandia e d'Inghilterra.
All'interno del suo stato non ebbe e non consentì mai la formazione di un contropotere, come avvenne in Inghilterra. Ma i sovrani più illuminati di quel regno seppero leggere le tendenze del tempo e vi si adeguarono loro malgrado. Federico 11, pur non essendo primo in tutto, non volle o non seppe farlo. E il costo di questo fallimento lo abbiamo pagato noi e lo continuiamo a pagare ancora oggi.

Il suo stato fu un faro, ma - non ponendosi il problema di estendere il suo regno a tutta la penisola, dopo aver soffocato qualsiasi anelito alle libertà comunali meridionali - condannò il meridione al sottosviluppo dei secoli successivi. I suoi eredi furono i baroni, antichi e moderni, a cui aveva tolto ogni potere (liber Augustalis) con largo anticipo rispetto agli altri sovrani d'Europa, ma aveva lasciato loro il più completo controllo sulla popolazione, che resterà sottomessa agli antichi servaggi feudali molto più a lungo di qualsiasi altro stato europeo.

I baroni avevano tutto l'interesse a lasciare le popolazioni nella più totale sottomissione e nella più totale ignoranza per continuare a detenere il potere. Questa fu anche l'eredità di Federico IL Diciamole queste cose. Ci fanno crescere.

mercoledì 8 aprile 2009

UN’ENNESIMA BEFFA PER COSENZA STORICA

Ci volevano le piogge degli ultimi mesi per far capire che il centro storico di Cosenza sta morendo. Ma quella che ha visto Franco Ambrogio è solo la sua morte fisica. Le stradine che dirupano. Gli edifici che si sgretolano.

Egli non ha saputo vedere che il Centro Storico sta morendo anche economicamente. Come è già morto culturalmente e socialmente.

Egli non ha capito che la vita di una città, di un centro storico, non è fatta solo dall’ambiente fisico, che deperisce e muore quando la linfa vitale non c’è più. E la linfa vitale di ogni centro abitato, sia esso un quartiere, una città, un borgo carico di storia, è fatta dalla gente palpitante che vi vive, che vi opera, che vi realizza i suoi sogni, siano essi economici, culturali, sociali e, perché no, psicologici.

E di gente nel centro storico ce ne sempre di meno. Chi può scappa. Ci sono rimasti solo i disperati. Chi non sa dove andare per mancanza di risorse. E, diciamolo pure, c’è rimasto anche chi vi trova un riflettore per saziare la propria sete di notorietà attraverso associazioni pro centro storico fasulle.

Franco Ambrogio sarebbe partito bene se avesse chiesto 30 milioni di euro alla Regione per un progetto globale di rinascita del centro storico. Il suo recupero fisico doveva rappresentare il primo passo per il recupero totale di questo piccolo gioiello che la storia ci ha tramandato..

Il secondo passo sarebbe dovuto essere quello di riportare la gente nel centro storico. Non rincorrendo chimerici ritorni ad un passato residenziale. Ma promovendo un richiamo forte per attirarvi la gente attraverso l’industria del tempo libero. Ma, per fare questo, ci vuole immaginazione. Ci vuole la capacità di ideare un punto di svolta che inneschi uno sviluppo autopropulsivo.

Solo così il centro storico ritornerà al suo antico splendore e creerà ricchezza per la città di Cosenza e il suo hinterland. In certi momenti, l’amministratore pubblico deve avere coraggio e fantasia. Ne avrà Franco Ambrogio? Saprà egli avere uno sguardo d’aquila per guardare lontano? Saprà egli valutare le idee che pur circolano sul centro storico? Saprà egli avere il coraggio dei bruzi che si ribellarono al loro fato di servi per proiettarsi in un futuro fatto di libertà e di ricchezza?