domenica 25 gennaio 2009

LA SEPARAZIONE DEI POTERI E IL PARTITO DEI GIUDICI

L'esperienza storica italiana degli ultimi anni ha dimostrato che l'indipendenza e l'autonomia della Magistratura non sono messe in pericolo dagli altri due poteri dello Stato (parlamento e governo). Ormai negli Stati democratici moderni è profondamente radicato il concetto della separazione dei poteri, che è a fondamento e a garanzia del potere democratico.

Amministrare la giustizia significa garantire la certezza del diritto, che viene garantita solo quando il magistrato, oltre ad essere indipendente e autonomo, riesce a garantire anche la sua imparzialità. La giustizia di parte non è giustizia: è la prevaricazione di un potere che persegue fini di diversa natura: politici, sociali, economici, ideologici, ecc.

Nel caso italiano, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura sono messe in pericolo dall'interno della magistratura stessa, che è diventata altamente ideologizzata.

Le correnti non esistono solo nei partiti politici. Anche nella magistratura troviamo correnti ideologiche, che si rifanno ad altrettante visioni politiche. Troviamo magistratura indipendente (destra conservarice), unità per la costituzione (sinistra) e magistratura democratica (estrema sinistra).

E’ stato detto che l’indipendenza del giudice e la certezza del diritto possono essere meglio garantite se la magistratura stessa rinuncia a fare politica, abolendo la correntocrazia e facendo uso di quell’unico, ma immenso potere che è la giurisdizione, attraverso sentenze pronunciate in nome del popolo

Per questo al singolo magistrato, oltre all'indipendenza e all'autonomia, la costituzione ha dato tutta una serie di garanzie che lo metteno al riparo da qualsiasi influenza che non sia la sua coscienza.

È reclutato per concorso. È inamovibile. Si distingue solo per le sue funzioni e l'azione disciplinare contro di lui è esercitata da un organo di autogoverno, il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura).

Ma tutto questo non si è dimostrato sufficiente per garantire al cittadino la certezza del diritto e l'imparzialità del giudice. Spesso il singolo magistrato porta con sé sullo scranno le sue passioni politiche, le sue esigenze di mettersi in mostra (protagonismo), il suo “delirio di onnipotenza”.
Quando questo avviene, e questo in Italia è all’ordine quotidiano, la giustizia è in crisi e la magistratura nella sua interezza (anche se i guasti sono opera di una minoranza) perde di credibilità e con essa perde di credibilità anche lo Stato.

Il “delirio di onnipotenza” di una certa magistratura( i PM) è iniziato con l’inchiesta di Mani Pulite negli anni novanta del secolo scorso. L’inchiesta era sacrosanta. La corruzione in Italia era arrivata a livelli intollerabili. Ma qualcuno dei PM, di smisurate e non confessate ambizioni, ne fece l’occasione per colpire quasi tutto il sistema del potere partitico che riteneva corrotto e corruttore.

Non fu toccato solo un partito: il PDS, che aveva sempre predicato, ma non praticato, la moralità nella vita pubblica. Ma era stato risparmiato perchè la magistratura aveva bisogno per coprirsi sul piano politico. Se metteva tutti i partiti nel mucchio difficilmente avrebbe potuto portare a termine la sua opera di demolizione di un’intera classe politica.

Ma questo idillio tra magistratura e PDS, ora PD, si è avviato sul viale del tramonto. La star assoluta di Mani Pulite, il PM Di Pietro, si è liberato della toga per dare libero sfogo alle sue ambizioni di sempre: fondare un partito politico per continuare la sua opera di moralizzatore con altri mezzi. Se questo era, ed è, il fine, il nome di questo partito non poteva che essere L’ITALIA DEI VALORI.

Questo partito PERSONALE, questo ONE MAN PARTY, il secondo dopo quello di Berlusconi, si è dato due obiettivi: moralizzare la vita pubblica italiana ed ergersi a difensore della Magistratura, sempre e comunque.

Questo partito dei giudici, e per i giudici, ha fatto venir meno l’utilità politica del PD ed i suoi esponenti, ipso facto, ne stanno subendo il contraccolpo. Sono stati messi sotto accusa a Napoli, a Pescara, a Firenze. E sembra che la cosa non debba fermarsi qui.

Mentre il PD, che si è sempre autodefinito il partito moralizzatore per eccellenza dello scenario politico italiano, perde consensi man mano che i suoi esponenti vengono messi sotto accusa dalla magistratura, il PARTITO DEI GIUDICI cresce esponenzialmente nei consensi elettorali. In Abruzzo, nelle recentissime elezioni regionali, è passato dal 7% al 15%. Il PD è andato sotto di molti punti ed ha perso la guida della regione.

giovedì 22 gennaio 2009

IL DIFFICILE COMPITO DI EDUCARE

Lasciatemi iniziare questo mio contributo sull’annoso problema di Via Popilia con un plauso a IL QUOTIDIANO, un giornale locale che tiene fede al suo motivo di essere: denunciare, vigorosamente, tutto quello che non va nella nostra città.

Ha fatto una lunga e meritevole battaglia sul centro storico. Ora ha iniziato a farla per Via Popilia, un quartiere in forte evoluzione urbanistica a cui non corrisponde un’altrettanta evoluzione sociale e psicologica.

Rosita Gangi ci informa che le nuove famiglie in arrivo non sono propense a mescolarsi nel quartiere. Hanno comprato casa nel quartiere, ma i loro figli non li iscrivono alla scuola media del quartiere, la Fausto Gullo. Preferiscono le scuole del centro città.

Hanno tutto il diritto di farlo, ma non sanno che, facendolo, possono provocare grossi traumi futuri ai loro figli. Sono ragazzi che devono vivere la loro adolescenza nel quartiere. Tenerli separati dai loro coetanei popiliani doc significa una sola cosa: emarginarli. Se non vogliono che frequentino i popiliani nella Fausto Gullo, certamente non vorranno che li frequentino nel quartiere. E allora sarà giocoforza farli vivere nel recinto del loro caseggiato o tenerli chiusi nel proprio appartamento.

A quell’età, i ragazzi hanno bisogno di incontrarsi e stare con quanti più coetanei possibili. Una personalità equilibrata e matura nasce solo se si ci arricchisce con le diversità di cui sono portatori gli altri. Portare i propri figli a Via Roma o a Via Negroni significa che i loro figli non conosceranno la psicologia del popiliano doc. Nelle loro ore libere lo eviteranno, se possono. Senza rendersi conto che, abitandoci, sono popiliani anche loro. Non popiliani doc, ma pur sempre popiliani, anche se acquisiti.

Questi genitori non sanno che mandando i propri figli alla scuola del quartiere otterrebbero due risultati non di poco conto. Farebbero dei propri figli degli uomini liberi in quanto avrebbero come amici tutti i ragazzi del quartiere che frequentano la Fausto Gullo. I compagni della zumbini o quelli della Misasi abitano in quartieri distanti e sono difficilmente frequentabili nelle ore libere pomeridiane.

Ma il secondo risultato sarebbe ancora migliore. La Fausto Gullo è la scuola con le strutture didattiche, ricreative e sportive migliori di Cosenza. Il Sole24ore l’ha definita la migliore scuola della Calabria. Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, ha detto, “questi giovanissimi della Fausto Gullo, hanno dato una vera e propria lezione di solidarietà e di civiltà. Hanno capito che la Fenice appartiene anche a loro e che é un simbolo della cultura, cioé dell'attività peculiare dell' uomo”.
E’ vero. La Fausto Gullo ultimamente si è appannata per una lunga presidenza non degna. Ma ora è retta da una persona di grande intelligenza e grande sensibilità umana, unita ad una ricca preparazione professionale.

Questo il suo impegno per la Fausto Gullo, che mi fece pervenire nel mio esilio volontario dopo pochi mesi che mise piede nella scuola come preside titolare: “E’ una splendida scuola la nostra…ma tanto difficile da gestire…Io non mi lascio scoraggiare dai problemi o dagli ostacoli anzi c’è un antico motto che mi ripeteva sempre il mio caro professore di greco del biennio “ tà calà estì calepà, tà calepà estì calà” ossia “il bello è difficile e il difficile è bello” che spero mi dia sempre l’entusiasmo di lavorare per la crescita culturale e sociale dei ragazzi che incontrerò nel mio percorso, con la speranza di fare della.Gullo la splendida scuola dell’aureo periodo “Felicetti”.

Allora, pur non conoscendola, io ho creduto e credo in questo impegno. Chiedo, con umiltà e vigore, nell’interesse dei loro figli, che ci credano anche i nuovi abitanti di Via Popilia.

martedì 13 gennaio 2009

LA CRISI DEL CAPITALISMO FINANZIARIO

L’uomo, quando uscì dallo stato ferino, aveva solo dei BISOGNI PRIMARI. Il primo era, ed è, quello di procurasi il cibo. Il secondo era, ed è, quello di coprirsi. Il terzo era, ed è, quello di procurarsi un rifugio. Anche quello di riprodursi era, ed è, un bisogno primario, ma egli non ne aveva coscienza.

Quando perse il pelo, l’uomo dedicava tutta la sua giornata alla ricerca del cibo. L’invenzione dell’agricoltura, la sua prima rivoluzione, lo sollevò da questa ricerca affannosa. Poteva produrre cibo in quantità anche attraverso l’allevamento di animali.

Questo conquistato BENESSERE materiale lo fece uscire dalla vita per bande nomadi e gli lasciò il tempo per organizzare le sue grandi civiltà urbane. Ma questo fece crescere anche i suoi bisogni, che divennero sempre più complessi man mano che il benessere aumentava.

Nella CIVILTA’ CONTADINA le cose non cambiarono di molto fino al XVIII secolo della nostra epoca. La ricchezza e il benessere erano fondate sulla proprietà della terra. Le grandi ricchezze individuali esistevano, ma il loro accumulo era strettamente legato al sistema di produzione, che era, per necessità, lento.

Fu la seconda rivoluzione dell’uomo, quella industriale, che diede un grande impulso alla velocità nella produzione di ricchezza e benessere. Il ciclo naturale agricolo venne spinto in secondo piano e si affermò il ciclo industriale creato dall’uomo. La macchina, al contrario della terra, produceva oggetti a getto continuo e la velocità di circolazione della merce creava ricchezze sempre più grandi.

Se prima era il possesso della terra che creava ricchezza e benessere, ora era il capitalismo industriale che velocizzava la formazione di queste ricchezze. Ma fin qui era stata un’evoluzione naturale: anche il capitale era legato, più o meno strettamente, al possesso delle cose materiali.

Ma il capitale, al contrario dei beni materiali, poteva essere diviso in tantissime parti (azioni) che venivano commercializzate (negoziate) alla stregua di qualsiasi merce. E’ a questo punto che nacque il capitalismo finanziario.

Negoziando (commercializzando) le azioni, la formazione della ricchezza acquisì una terza natura: era il DENARO CHE CREAVA ALTRO DENARO a velocità supersonica. Il capitalismo industriale passava in second’ordine, come prima vi era passato quello agricolo.

Il capitalismo finanziario fu spinto fino all’esasperazione negli Stati Uniti d’America. La circolazione del denaro venne velocizzata al massimo. Gli strumenti finanziari, creatori di ricchezza, vennero moltiplicati e lanciati sul mercato, che sembrava insaziabile.


Questa corsa pazza, negli Stati Uniti, venne facilitata distribuendo, generosamente, carte di credito e mutui sulla casa a tassi stracciati (subprime), I lavoratori erano orgogliosi di avere 6/7 carte di credito nel proprio portafoglio. Ma questa aumentata capacità di spesa impegnava il 60/70 per cento delle proprie entrate mensili.

Fintanto che tutto scorreva, questa sistema si reggeva. Ma, non appena iniziarono le difficoltà, chi si era indebitato non riuscì a far fronte nemmeno al proprio mutuo sulla casa, che era stato trasformato in uno STRUMENTO FINANZIARIO negoziato (commercializzato) nei mercati finanziari di tutto il mondo.

Così, la crisi non rimase un affare interno americano, ma divenne un flagello per i risparmiatori di tutto il mondo che avevano investito i loro risparmi in questi titoli che si rivelarono SPAZZATURA.

L’Italia è la meno esposta a questo cataclisma perché era, ed è, molto arretrata nella formazione di un capitalismo finanziario rampante.