martedì 13 gennaio 2009

LA CRISI DEL CAPITALISMO FINANZIARIO

L’uomo, quando uscì dallo stato ferino, aveva solo dei BISOGNI PRIMARI. Il primo era, ed è, quello di procurasi il cibo. Il secondo era, ed è, quello di coprirsi. Il terzo era, ed è, quello di procurarsi un rifugio. Anche quello di riprodursi era, ed è, un bisogno primario, ma egli non ne aveva coscienza.

Quando perse il pelo, l’uomo dedicava tutta la sua giornata alla ricerca del cibo. L’invenzione dell’agricoltura, la sua prima rivoluzione, lo sollevò da questa ricerca affannosa. Poteva produrre cibo in quantità anche attraverso l’allevamento di animali.

Questo conquistato BENESSERE materiale lo fece uscire dalla vita per bande nomadi e gli lasciò il tempo per organizzare le sue grandi civiltà urbane. Ma questo fece crescere anche i suoi bisogni, che divennero sempre più complessi man mano che il benessere aumentava.

Nella CIVILTA’ CONTADINA le cose non cambiarono di molto fino al XVIII secolo della nostra epoca. La ricchezza e il benessere erano fondate sulla proprietà della terra. Le grandi ricchezze individuali esistevano, ma il loro accumulo era strettamente legato al sistema di produzione, che era, per necessità, lento.

Fu la seconda rivoluzione dell’uomo, quella industriale, che diede un grande impulso alla velocità nella produzione di ricchezza e benessere. Il ciclo naturale agricolo venne spinto in secondo piano e si affermò il ciclo industriale creato dall’uomo. La macchina, al contrario della terra, produceva oggetti a getto continuo e la velocità di circolazione della merce creava ricchezze sempre più grandi.

Se prima era il possesso della terra che creava ricchezza e benessere, ora era il capitalismo industriale che velocizzava la formazione di queste ricchezze. Ma fin qui era stata un’evoluzione naturale: anche il capitale era legato, più o meno strettamente, al possesso delle cose materiali.

Ma il capitale, al contrario dei beni materiali, poteva essere diviso in tantissime parti (azioni) che venivano commercializzate (negoziate) alla stregua di qualsiasi merce. E’ a questo punto che nacque il capitalismo finanziario.

Negoziando (commercializzando) le azioni, la formazione della ricchezza acquisì una terza natura: era il DENARO CHE CREAVA ALTRO DENARO a velocità supersonica. Il capitalismo industriale passava in second’ordine, come prima vi era passato quello agricolo.

Il capitalismo finanziario fu spinto fino all’esasperazione negli Stati Uniti d’America. La circolazione del denaro venne velocizzata al massimo. Gli strumenti finanziari, creatori di ricchezza, vennero moltiplicati e lanciati sul mercato, che sembrava insaziabile.


Questa corsa pazza, negli Stati Uniti, venne facilitata distribuendo, generosamente, carte di credito e mutui sulla casa a tassi stracciati (subprime), I lavoratori erano orgogliosi di avere 6/7 carte di credito nel proprio portafoglio. Ma questa aumentata capacità di spesa impegnava il 60/70 per cento delle proprie entrate mensili.

Fintanto che tutto scorreva, questa sistema si reggeva. Ma, non appena iniziarono le difficoltà, chi si era indebitato non riuscì a far fronte nemmeno al proprio mutuo sulla casa, che era stato trasformato in uno STRUMENTO FINANZIARIO negoziato (commercializzato) nei mercati finanziari di tutto il mondo.

Così, la crisi non rimase un affare interno americano, ma divenne un flagello per i risparmiatori di tutto il mondo che avevano investito i loro risparmi in questi titoli che si rivelarono SPAZZATURA.

L’Italia è la meno esposta a questo cataclisma perché era, ed è, molto arretrata nella formazione di un capitalismo finanziario rampante.

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