martedì 4 ottobre 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (21)

L’ANTROPOLOGIA CULTURALE (3)

Spengler condannò l'uomo a ripetersi in un'incessante fase di nascita, crescita, maturità e decadenza. Con la sua visione pessimistica della storia, vide le civiltà come un mondo chiuso, che nulla apprende dall'esterno e nulla trasmette.

Le culture nascono dal nulla e nel nulla ritornano non appena il loro ciclo si è concluso, senza uno scopo, nè un significato. La loro è una decadenza biologica, un annientamento di tutte le loro energie, è la fine di ogni cosa. Le culture si succedono senza comunicare tra di loro. Le successive non apprendono nulla dalle precedenti. Il ciclo non è, come quello di Vico, a spirale, in cui il ricorso avviene ad un livello più avanzato.

Per Spengler, una nuova cultura non potrebbe accettare nulla dall'esterno, in quanto non sarebbe in grado di integrarlo. Essa può integrare solo ciò che ha prodotto di suo. In sostanza,quella di Spengler è una lettura della storia parziale, incompleta e fuorviante. Mentre è vero che tutta la storia umana si è svolta secondo delle fasi di nascita, crescita, maturità e decadenza, non è vero che le culture siano state incomunicabili tra di loro ( Borkman, 1981: 34-39 ).

I fatti storici ci dimostrano, e noi cercheremo di darne una spiegazione scientifica nel corso di svolgimento di questo lavoro, che ogni cultura ha prodotto, creato, sviluppato idee e conoscenze tecniche e scientifiche che sono poi state utilizzate dalla civiltà successiva per raggiungere un livello di struttura mentale più avanzato, il quale sarebbe stato impossibile senza di quelle. Ma Spengler non credeva nel progresso.

La storia del mondo non è la somma di queste culture, ma è la loro sintesi. Nell'uomo dei nostri giorni, noi troviamo l'uomo delle civiltà Mesopotamiche, dell'Egitto, del mondo classico (greco-romano ) e del Rinascimento. Tutte queste civiltà coesistono in lui che utilizza forme di pensiero e conoscenze tecniche e scientifiche che ognuna di queste civiltà ha maturato dopo anni, decenni e secoli di travagli e di passione. L'uomo, a qualsiasi civiltà egli sia appartenuto, non è stato mai un nuovo cominciamento, ma è stato la crescita, la sintesi di quello che lo ha preceduto ( Kline, 1954: X-XI ).

CONTINUA

www.franco-felicetti.it

Nessun commento: