venerdì 10 maggio 2013

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (86):IL LIMITE DEL PENSIERO GRECO

La Grecia era arrivata, superando le civiltà dell'Antico Oriente, alla generalizzazione e alla logica, ma non seppe arrivare al concetto di legge fisica della natura. La natura rimaneva ancora animata e cosciente. L'uomo greco non poteva conoscerla. Solo il suo creatore poteva farlo. L'uomo poteva conoscere solo ciò che egli stesso aveva creato. La natura era più forte di lui e le doveva obbedienza (Vernant, 1982: 339 ). Nella spiegazione del mondo fisico, i greci non andarono oltre l'intuizione corredata dalla generalizzazione. E questo modo di vedere le cose rimase in auge per più di duemila anni, sotto la torreggiante autorità di Aristotele. Questa concezione, che non era basata sull'osservazione dei fenomeni, ma solo sull'intuizione che di essi se ne aveva e sulla generalizzazione razionale, sarà superata solo nel secondo Rinascimento (Einstein-Infeld, 1965:19). Essi (Platone, ecc.) sostenevano che la vera conoscenza era un atto della ragione (per questo essi sono chiamati razionalisti), ecco perchè era privilegiata la conoscenza matematica, che, attraverso postulati o assiomi fissati intuitivamente, consentiva, attraverso la deduzione, di raggiungere la verità o conoscenza (Reichenbach, 1974: 43). Per i greci, comunque, i dati dell'esperienza sensibile servivano per fornire, induttivamente, materia all'intuizione. Il processo si svolgeva in quattro momenti: induzione ---> intuizione ---> assioma ---> deduzione. La ragione, quindi, era la sola fonte di conoscenza. "Per Platone, la scienza che trattava con il mondo dei sensi non era scienza, ma era un plausibile mito" (Cornford, 1926: 578). Maturati gli elementi del pensiero razionale, i greci si diedero ad indagare (nel V secolo) sui problemi dell'uomo attraverso un rigoroso processo logico. Attraverso l'induzione semplice essi intuivano una verità (postulato, assioma), che essi ritenevano indimostrabile perchè evidente per se stessa (Platone) e da questa partivano, attraverso il processo del metodo deduttivo, di cui Platone fu il sistematizzatore, alla conquista di altre verità consequenziali ed incontrovertibili(corollari). Non importava se l'intuizione era vera o falsa. Il rigore del processo deduttivo faceva sempre arrivare a conclusioni che erano valide (per quell'impostazione) e concordi con la premessa. Questo era il loro limite: la verità oggettiva era irraggiungibile. La verità era soggettiva, anche se essi non ne presero mai consapevolezza. CONTINUA www.franco-felicetti.it

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