giovedì 25 febbraio 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (26)

FUGGIRE DAL MONDO?

Avevo già tentato di ritirarmi dal mondo qualche anno prima, durante il periodo del servizio militare. Nella provincia di Pisa, dove svolgevo il servizio militare, c’era un monastero molto conosciuto. Un giorno bussai alla sua porta deciso a farmi monaco. Mi aprì il frate portinaio.

Alla mia richiesta non fu molto sorpreso. Erano tanti i ragazzi che volevano fare questo passo. Mi disse che avrei dovuto parlare col priore. Questo mi accolse molto amorevolmente e mi tenne a colloquio per oltre due ore. Con le conoscenze di ora capisco che mi sottopose ad una vera indagine psicologica. Alla fine concluse dicendo: “tu devi rimanere nel mondo laico, il monastero non è per te.” Senza spiegarmi nulla.

L’incontro con la clochard riportò in vita questo mio sentire confuso. Ho incontrato altri clochard a Parigi e a Londra. Con alcuni ho parlato. Altri li ho osservati da vicino. Molti erano ignoranti. La miseria li aveva spinti verso quello stato di abbrutimento.

Alla fine sono riuscito a capire meglio me stesso. Il priore aveva visto giusto. Il mio non era un voler fuggire dal mondo per bisogno di una vita spirituale. Io avevo sempre amato i piaceri del mondo, in cui mi tuffavo spesso e volentieri. Il mio era un tremendo bisogno di solitudine.

Un tremendo bisogno anche di una vita meditativa. Un mio cognato direbbe un tremendo bisogno “DE MI RICOGLIE U CIRVIDDRU” . Lui questo bisogno non ha mai potuto soddisfarlo. Io, ora, da pensionato, credo di averlo raggiunto e soddisfatto.

Da pensionato mi sono reso conto che la città non era fatta per me. Ho capito che la vita di appartamento, per un uomo attivo come me, mi avrebbe condotto alla pazzia. L’appartamento è una prigione. Il corpo ha bisogno di aria aperta. Di spazi liberi. Non può essere costretto tra quattro mura. I romani dicevano, a ragione, MENS SANA IN CORPORE SANO.

L’appartamento può essere appagante solo per chi, come la regina della casa, non cessa mai la sua attività di servizio. La casa è il suo regno. Molti uomini, da pensionati, tentano di invadere il suo campo o si propongono come principi consorte. Ma la loro decadenza psicofisica è inevitabile. Infatti, ci sono più vedove di vedovi.

Io amo gli ampi spazi. Amo la libertà della luce. La libertà dell’aria. Amo la MANUALITA’. Amo la bellezza di un fiore. Di un prato verde. Di un giardino ben curato. Ecco perché sono fuggito dalla “pazza folla” cittadina e dall’appartamento “prigione”.

Vivo da solo in riva al mare. Nella CASA DELLA LUCE. In un ambiente ampio e spazioso. Dove i muri sono ridotti all’essenziale (solo per le camere da letto). Dove ci sono molte aperture che consentono alla luce di entrare.

Mi sono creato, in un ambiente unico, il mio angolo studio, con apertura vista mare, da un lato. Con apertura vista ingresso, dall’altro lato. Mi sono autodefinito GUARDIANO DEL FARO. Vedo tutto quello che accade intorno a me. Una misura necessaria per la mia sicurezza. La casa, tranne che nel periodo estivo, quando arrivano i “bisonti”, è isolata. Non c’è anima viva nel raggio di un km.

Il contatto col consorzio umano si è ridotto di molto, ma non è sparito del tutto. Nei week ends mia moglie viene a stare con me. Le mie figlie, a cui ho dedicato la mia vita, sono disperse per il mondo per lavoro, ma credo abbiano capito questo mio bisogno di solitudine, che non è mancanza di amore. Tutt’altro.

Di tanto in tanto, mi incontro anche con qualche buono amico per una pizza e vado ai concerti, ai balletti classici e moderni, che considero la forma più alta di poesia. Tutto il mio tempo è dedicato allo studio, al giardinaggio e a lunghissime passeggiate sulla spiaggia al mattino, quando ancora i gabbiani non hanno spiccato il volo.

Si può dire che io abbia raggiunto quella vita monastica verso la quale avevo tentato di indirizzarmi. MUTATIS MUTANDI , si può dire che, nella mia vita quotidiana, io applichi una libera traduzione della REGOLA BENEDETTINA: ORA ET LABORA : STUDIA E LAVORA (nel giardino).

CONTINUA

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