giovedì 18 febbraio 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (25)

LA BUROCRAZIA DEL VECCHIO MONDO

Appena sbarcato a Napoli ho dovuto prendere atto dell’abissale differenza tra l’organizzazione della società italiana e quella americana. Quella americana si distingue per la quasi totale assenza di burocrazia. Quella italiana ne è, invece, strangolata.

In america avevo tenuto tutti i rapporti (con la banca, con gli uffici governativi, datori di lavoro, ecc.) come Franco Felicetti. Quando, perciò, chiesi alla mia banca canadese di trasferire il mio “gruzzoletto” presso Il Banco di Napoli in Italia non pensai di far tramutare quel Franco in Francesco.

Se non fosse stato per la mia testardaggine avrei rischiato di perdere i miei soldi. L’impiegato di banca si rifiutò di riconoscere quei soldi come miei. Franco e Francesco sono due persone differenti in Italia. In linea di principio aveva ragione la banca. Ma io chiedevo un po’ di flessibilità mentale. Non c’è stato nulla da fare.

Son dovuto ricorrere al direttore generale con una mia proposta. Io avrei lasciato quei soldi in banca aprendo un mio conto come Francesco e la banca mi avrebbe erogato, mese per mese, la cifra fissa di cui avevo bisogno. Così, se si fosse fatto avanti un Franco, la banca non avrebbe perso molto. Il buon senso alla fine prevalse e il mio programma di studio a Parigi fu salvo.

Finiti i miei sette esami, la tensione che mi aveva sorretto sparì .e subentrò una stanchezza mentale che mi afflosciò Ma sapevo come ritrovare le mi forze. Mi sedevo ai gradini delle scale interne della facoltà e mi “scolavo” una bottiglia di Martini rosso. Questo metodo. per ricostituire le mie energie mentali sfruttate, l’ho usato anche a Londra, nella BRITISH LIBRARY, dove ho scritto tutti i miei libri.

Stare sui libri per nove ore al giorno in biblioteca creava, inevitabilmente, una stanchezza mentale, che faceva progressivamente diminuire la mia produttività. Quando questo avveniva, andavo a cenare in un PUB ed innaffiavo, abbondantemente, il rustico cibo con parecchie PINT di birra. Questa forte sbornia mi faceva dormire come un bambino fino al mattino. Era un metodo molto efficace per ritrovare intatte tutte le mie energie mentali.

Partii per Parigi due giorni dopo gli esami. Mi ero fatto precedere da una “Vespa 150” con la quale intendevo fare il giro d’Europa prima di rientrare definitivamente in Italia. Sul treno feci un incontro molto importante. Una figura che avevo spesso incontrato nelle mie letture, ma incontrarla di persona è stato rivelatore perché mi ha fatto scoprire un aspetto nascosto della mia mente.

Un CLOCHARD. Anzi, UNA CLOCHARD. Nel senso più alto del termine VAGABONDO. Una persona colta. Ben educata, che lascia il mondo per rifugiarsi nel proprio io. Senza fissa dimora. E che, spesso, si lascia andare ad una vita di abbrutimento. Non nascondo che ho sentito spesso questo richiamo. Ma, a quell’epoca, era latente. È stata la clochard che ne ha stimolato la maturazione.

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