venerdì 1 gennaio 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (18)

UNA RIVOLUZIONE A 360 GRADI

Ero partito dall’Italia con una mentalità letteraria e mi sono scoperto, invece, di avere una mentalità scientifica. Il lavoro era alienante. Durissimo. A sera il fisico era distrutto. Non solo per me che lo facevo per la prima volta in vita mia. Ma anche per chi faceva questo lavoro da sempre e l’avrebbe fatto fino alla fine della sua età lavorativa.

Un mio compagno di lavoro, molto più anziano di me, mi diceva che lui riusciva a sopravvivere, ed essere pimpante ogni mattino, grazie alla moglie che, quando ritornava dal lavoro, gli faceva dei massaggi con un unguento su tutto il corpo.

Io non avevo una moglie. Io ho supplito mettendomi a letto a dormire per un’ora appena arrivato a casa. Dormivo quando e dove potevo. Anche sull’autobus che mi portava all’università che si trovava al capolinea (circa ¾ d’ora di viaggio). Chiedevo all’autista di svegliarmi all’arrivo.

Dormivo perché dovevo ritrovare le mie forze il più possibile per seguire i corsi serali liberi dell’università, che erano di varia natura. Io mi ero scritto a tre di essi. Non avevano niente a che fare con i miei studi universitari italiani, ma erano su argomenti che mi interessava approfondire per conoscenza personale.

Ritornavo a casa verso le 22,00 e mi aspettavano altre due ore di studio. Questi non erano studi regolari o finalizzati. Erano testi di argomenti che ritenevo utili per la mia formazione. Studiavo retorica, scienze sociali, etnologia, etologia, management.. Ritenevo lo studio della retorica molto importante perché avevo scoperto che, per essere efficaci, non BASTA DIRE LE COSE, MA BISOGNA “SAPERLE” DIRE. Ed io ero affascinato dai grandi oratori.

Alle cinque mi alzavo per essere sul lavoro alle sette. Lavoravo ad una catena di montaggio, dove era impegnato solo il fisico, le mani. I ritmi di lavoro erano bestiali. Era lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo allo stato più disumano, di cui aveva parlato KARL MARX. Ma la paga era buona. In america i lavori meno usuranti sono pagati poco. Ed io avevo bisogno di guadagnare molto se volevo realizzare i miei progetti.

Sul lavoro la mente non era coinvolta. Era libera di vagare ed io riuscivo a sopravvivere al tremendo dolore fisico tenendola impegnata in attività intellettuali. Scrivevo, mentalmente, capitoli di un mio possibile romanzo futuro.

Mentre studiavo per il diploma magistrale in Italia avevo scoperto che, se sei una nullità nella vita sociale, puoi dire le più grandi verità di questo mondo senza che nessuno ti prenda in considerazione. Se, invece, sei qualcuno, anche se dici le più grosse stupidaggini si apre un dibattito su quello che dici. Io volevo diventare un narratore famoso per prendermi il piacere di dirle grosse.

Durante quel lavoro disumanizzante, tenevo in esercizio la mia mente di futuro narratore. Almeno un risultato immediato lo raggiungevo. Non avvertivo il dolore fisico. Il dolore si percepisce con la mente. Se la mente è impegnata in altre attività il dolore non viene percepito. Ed io quel dolore tremendo alle spalle, che mi arrivava dopo mezz’ora di lavoro, non lo percepivo più. Oh dio, c’era, ma io dovevo arrivare alla fine della giornata ed era meglio non percepirlo.

Funzionava. Ma questa attività “intellettuale” sul lavoro mi fece prendere coscienza che il mio desiderio di diventare un narratore non era basato su una VOCAZIONE, ma era una pura e semplice ASPIRAZIONE, che non trovava riscontro nella realtà dei fatti. Non ero VOCATO per la letteratura, ma per le scienze. Questa scoperta della fondamentale differenza tra ASPIRAZIONE E VOCAZIONE ha cambiato la mia vita.

Tutta la narrativa inglese che avevo acquistato venne messa da parte. E mi diedi a seguire le mie tendenze naturali nelle mie letture.

CONTINUA

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