giovedì 4 marzo 2010

FRANCO FELICETTI’S STORY (27)

L’ULTIMO ATTO: LA VILLE LUMIERE

Parigi era la tappa finale dei miei studi all’estero. Alla Sorbona ho frequentato la facoltà di diritto ed economia, dove studiavo “diritto internazionale” ed “economia politica” . Due discipline che non interessavano il mio piano di studio italiano. Ma anche in Canada avevo studiato “scienze politiche” che non rientravano nel mio piano di studio italiano.

Io avevo un progetto ben preciso per quanto riguardava la mia formazione. Avevo, ed ho, una grossa capacità di apprendimento, quindi non ho avuto difficoltà a sovraccaricarmi nello studio. Ho preso due direzioni. La prima mi avrebbe condotto alla laurea in lingue ed istituzioni europee, che rappresentava il mio lavoro futuro sicuro. L’altra riguardava la mia aspirazione a fare politica. Un mondo, questo, tutto da esplorare. Incerto. Molto incerto.


Volevo essere un politico molto preparato. Miravo in alto. Nel mio piano di studio dell’università italiana avevo inserito “diritto amministrativo”, un esame secondario gravosissimo, ma che andava nella direzione della politica. Per conto mio ho studiato “diritto pubblico” e “urbanistica”. Da laureato, mi sono anche iscritto alla facoltà di sociologia di Trento, ai tempi in cui la frequentava anche Renato Curcio, il prima BRIGATISTA ROSSO della storia italiana.

Da questi studi extra curriculari nacque il primo libro che ho scritto, di sociologia politica: LA STRUTTURA POLITICA DELLA SOCIETA’, da cui nacque, successivamente, un testo di educazione civica destinato alle scuole medie superiori. Questo testo ha avuto un discreto successo, ma a me non sono mai stati corrisposti i diritti d’autore. Non ho inteso protestare. Non ho mai amato i soldi per i soldi.


All’università della Sorbona , avevamo formato un gruppetto di colleghi interrazziale. Francesi, italiano (io solo), magrebini, neri delle Antille. Tutti ragazzi e ragazze molto responsabili. La notte andavamo in giro per Parigi. Volevamo divertirci assaporando la notte in questa città che non si addormenta mai. Ma, puntualmente, al mattino eravamo tutti a lezione. Ci andavamo direttamente. Il dovere verso noi stessi prima di tutto. Si dormiva quando si poteva.

Parigi è stata un’esperienza fantastica. Come studioso. Come giovane assetato di esperienze di vita. Come giovane ambizioso. La GRANDEUR a Parigi si respira con l’aria. La bevi al mattino col caffè. La senti in ogni centimetro quadrato che calpesti. Di crisi di crescenza intellettuale a Parigi ne ho avuto più d’una. Mi sentivo piccolo piccolo. Ma ogni volta riprendevo quota più forte di prima.

A Parigi non dovevo lavorare per vivere. I soldi li avevo portati dal Canada, ma erano contati. Mi dovevano bastare per tutto l’anno scolastico. I richiami per un giovane a Parigi sono forti. Non puoi far finta di non sentirli. Un giovane deve anche saper rispondere alle sfide se vuole maturare anche come uomo.



Per me, il fatto dei soldi si pose subito. La notte spendevamo poco, ma io quel poco non l’avevo. Dovevo rinunciare a qualcosa. Non volevo rinunciare alle nostre nottate. Sentivo che quelle erano esperienze che ti danno un’altra dimensione come uomo. Ho rinunciato alla qualità del mangiare: ho rinunciato alla mensa universitaria. Me la permettevo di tanto in tanto, quando la fame era troppo forte.

Per tutto il resto dell’anno ho mangiato una “baghette” di mezzo kg, con un formaggino, uno solo, come companatico per pranzo ed altrettanto per la cena. Non ero a Parigi per mangiare. C’ero per studiare in un ambiente culturale unico e per diventare un uomo di esperienza.

CONTINUA

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