mercoledì 15 febbraio 2012

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (44)

L’UOMO IMPARA A MODIFICARE L’AMBIENTE

Le singole e frammentarie conoscenze acquisite dall'uomo di Cro-Magnon costituiscono la base di partenza della superiore esperienza dell'Homo sapiens. La via era stata indicata: fortuità, risposta ad una sfida e/o curiosità cosciente. Così vennero tutte le altre conquiste culturali dell'uomo: dall'invenzione dell'agricoltura alla organizzazione sociale.

Era l'evoluzione biologica che prendeva un'altra strada: non era più l'uomo che mutava per adattarsi all'ambiente, ma era l'ambiente che veniva mutato per essere adattato alla sopravvivenza dell'uomo.

E questo avveniva grazie a quella massa grigia di cui la natura aveva inspiegabilmente dotato l'uomo. Sin dall'uomo di Neandertal, essa aveva raggiunto la sua maturità fisiologica completa; uguale a quella che noi possediamo oggi (Jones, 1941: 7.

Ma era una massa che non serviva a nulla, almeno nell'immediato, Era lì nella scatola cranica, pronta all'uso, con le stesse potenzialità che noi le riconosciamo oggi, ma inservibile e di nessuna utilità immediata per l'uomo.

Le sue potenzialità erano e sono enormi. Nemmeno oggi esse vengono utilizzate a pieno. Sembra che se ne utilizzano solo il tre per cento. Ma era ed è la carta vincente dell'uomo. Una carta il cui valore non esiste a priore;cioè, il suo valore non è bello e pronto per essere usato, ma esso va costruito dall'uomo secondo certe regole ben precise.

Ed esso non ha un valore fisso ed univoco nel tempo. Esso muta nella storia. Ogni epoca storica ha dato alla sua carta il massimo valore che era capace di esprimere, sia verso l'alto, sia verso il basso.

In breve, il suo valore dipende dalle abilità acquisite dall'uomo e dalla sua capacità di adattamento in una determinata epoca storica.

Queste sono le due classiche definizioni dell'intelligenza dell'uomo, ossia della sua struttura mentale, che non è mai stata uguale nel tempo, ma si è evoluta costantemente, anche se non in modo continuativo, per cui parliamo di livelli di struttura mentale o grado di intelligenza.

L'uomo di Neandertal era ancora dominato dagli istinti in cui predominavano la paura e l'aggressività. Egli non aveva maturato alcuna attività mentale che non fosse legata alla meccanicità istintuale.

Ma aveva appreso a dare una prima forma ai suoni ed ai rumori che emetteva per trarne delle parole che designassero le cose in cui si imbatteva.

Ma erano parole non coordinate tra di loro. Ognuna esprimeva e indicava una cosa. Egli era assolutamente incapace di dare ad esse una sequenzialità per trarne un pensiero. Cioè, egli aveva appreso, se vogliamo, a ricavare delle singole informazioni dalla sua esperienza quotidiana, ma non aveva appreso a saperle collegare per ricavarne un messaggio, cioè un pensiero compiuto.

Egli era come il bambino che ha appena imparato a camminare in posizione eretta e a pronunciare alcune parole come "papà", "mamma", "genitori", ecc., ma non ha ancora maturato la capacità di metterle insieme per ricavarne un pensiero semplice e di senso compiuto come "papà e mamma sono i miei genitori".

Nè poteva essere diversamente. Le potenzialità del cervello vanno sviluppata gradatamente, con passaggi obbligati e consequenziali, almeno così ci dice l'ontogenesi nella vita dell'individuo (Bruner, 1965: 71-78) nella nostra esperienza quotidiana.

Nella filogenesi, cioè nella storia evolutiva dell'uomo, è avvenuta la stessa cosa. Ogni stadio, dal livello sensomotorio dell'uomo primitivo a quello operatorio formale dei nostri giorni, è stato preparatorio dello stadio successivo e senza quello non si sarebbe potuto avere questo.

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