giovedì 17 dicembre 2009

FRANCO FELICETTI’S STORY (16)

LA SCOPERTA DEL CAMPUS UNIVERSITARIO

L’università americana, per me, era una novità assoluta. In Italia non esisteva nulla del genere. Ero affascinato da questo “CAMPUS” universitario, che ancora oggi non esiste in Italia, tranne che a Cosenza. E sono orgoglioso di dire che alla sua istituzione ho dato anche il mio piccolo contributo.

Il “Campus” era, ed è, una grande estensione di terreno, all’estrema periferia della città, dove si svolgeva tutta la vita universitaria. Era ed è una piccola città dove c’è tutto. Dalle casa per gli studenti alle case dei docenti. Il teatro, il cinema, i negozi, la libreria, le cafeteria (ristoranti self service). Ed era servita da un proprio pulmino interno.

Ma io ero stato attratto da una novità assoluta per me: i CLUBS UNIVERSITARI. Luoghi di ritrovo per il tempo libero degli studenti. Ogni facoltà ne aveva uno. Io mi sono iscritto a quello internazionale, di cui ancora conservo lo stemma da mettere all’occhiello della giacca.

Questi clubs svolgevano anche una funzione sociale importante e fondamentale. Nel Nord America (Stati Uniti e Canada), la donna, che non trova marito prima dei 24 anni, ha paura di rimanere zitella. Ma la novità non era questa. C’era, e c’è, il costume che molte ragazze vanno all’università con l’obiettivo di scegliersi il futuro marito.

Decidono in anticipo che tipo di marito vogliono avere. Se vogliono un ingegnere, non importa quale facoltà esse frequentino, si iscrivono al club degli studenti in ingegneria. E cosi di seguito per gli avvocati, per i dirigenti d’azienda (manegement), ecc. ecc. Trovato il futuro marito si fermano al B.A. il titolo di base (biennio) delle università americane. Solo in poche proseguono fino in fondo per brillare di luce propria.

A cavaliere degli anni sessanta-settanta, a Cosenza si aprì un dibattito sul tipo di università da fondare per contribuire a promuovere lo sviluppo economico e sociale della Calabria. I socialisti, ed una parte della democrazia cristiana, la volevano fortemente innovativa. Che guardasse al futuro per non farne una fabbrica di disoccupati istituendo una università di tipo tradizionale.

Il pensiero andava alle università-campus americane. Il modello era il M.I.T. di Boston, una università tecnologica fortemente innovativa. A me fu chiesto, dai dirigenti del mio partito (socialista), di contribuire a formare una opinione pubblica favorevole, tenendo una serie di conferenze in ogni angolo della provincia cosentina e scrivendo articoli sulla “PAROLA SOCIALISTA” per confutare le tesi di chi voleva una università di tipo tradizionale.

Prima di rientrare in Italia, avevo girato un filmino superotto che illustrava il campus e la sua organizzazione territoriale e didattica. Questo filmino ebbe un grande effetto sulle popolazioni cosentine. Quello che colpiva era che all’interno del campus c’erano le case dei docenti, ma anche quelle degli studenti e che la vita sociale fosse organizzata come una piccola città.

C’era il teatro. C’erano le librerie. I negozi. Gli snacks. E c’erano i clubs degli studenti molto attivi nell’organizzazione del tempo libero. Io li frequentavo tutti. Ho frequentato anche un corso di ballo tenuto da uno di questi clubs.

Alla fine la tesi dell’ UNIVERSITA’ TECNOLOGICA prevalse, ma non senza compromessi che ne hanno un tantino modificato l’idea originaria. Ma, dopo la sua istituzione, il progetto originario fu parzialmente stravolto. Quelle facoltà, che erano state tenute fuori, irruppero con tale violenza che fu giocoforza istituirle dietro la forte spinta dell’opinione pubblica.
CONTINUA

Nessun commento: