giovedì 10 dicembre 2009

FRANCO FELICETTI’S STORY (15)

LA SCOPERTA’ DELL’AMOR DI PATRIA

Arrivato a Vancouver, mio fratello Peppe mi abbuonò il debito pregresso. Il primo lavoro che ho trovato è stato come “JANITOR=UOMO DELLE PULIZIE” in un grande supermercato. Era un lavoro part time che mi consentiva di frequentare alcuni corsi all’università.

Il suo direttore mi aveva preso in simpatia. Alla fine scoprii perché. Messo da parte un certo gruzzoletto volevo frequentare l’università a tempo pieno. Avvisai il direttore del supermercato che volevo lasciare il lavoro. Questo cercò di dissuadermi. Mi disse: “noi non abbiamo mai avuto un uomo delle pulizie così efficiente come te. Se resti ti è aperta una carriera. Puoi diventare un direttore come me”.

Lo ringraziai, ma gli dissi che i miei obiettivi erano altri. Con molta ironia (che lui non capì), gli dissi che io ero un fervente credente nella DOTTRINA DI MONROE, un presidente degli Stati Uniti, che, nel 1823, gridò “L’AMERICA AGLI AMERICANI”, Io ero europeo e volevo ritornare in Europa per obbedire a quella dottrina. Credo che il povero direttore non ci abbia capito nulla.

Dopo essermi sistemato, la prima cose che feci fu una visita al CONSOLE ITALIANO A VANCOUVER. Mi misi a sua disposizione per qualsiasi cosa io potessi FARE PER LA COMUNITA’ ITALIANA.

Il Console, dopo qualche giorno, mi chiese di tenere due corsi serali di inglese per i LAVORATORI ITALIANI. Ne avevano bisogno. Il loro inglese era veramente misero. Ma era misero anche il loro italiano. Questi corsi mi impegnavano, per due ore, tutte le sere della settimana, ma io ero felice perché facevo qualcosa, GRATIS ET AMORE DEI, per quell’Italia di cui mi ero perdutamente innamorato sul suolo canadese.

Solo qualche anno dopo, capii che avevo agito bene, che ero nel solco della storia, quando il neo eletto Presidente degli Stati Uniti, J.F. KENNEDY, tenne il suo DISCORSO INAUGURALE. Egli disse agli americani: “NON DOMANDATEVI COSA L’AMERICA PUO’ FARE PER VOI, MA DOMANDATEVI COSA VOI POTETE FARE PER L’AMERICA”. Io avevo applicato questo insegnamento con qualche anno di anticipo.

Quest’amore fortissimo per l’Italia mi dura tuttora con la stessa intensità. Nella mia scuola, l’anno scolastico iniziava e terminava sempre con l’esposizione della bandiera italiana e la riunione di tutti gli alunni nell’auditorium per ascoltare e cantare in coro l’INNO DI MAMELI.

Volevo che anche i ragazzi incominciassero a sentire questo sentimento di italianità. Specialmente per gli alunni della FAUSTO GULLO, che si rifiutavano di riconoscersi finanche come COSENTINI. Erano POPILIANI e basta. E non avevano tutti i torti. VIA POPILIA era stata sempre ghettizzata e criminalizzata. Tagliata fuori dalla città. C’era un RILEVATO FERROVIARIO che la isolava dal centro cittadino e, quindi, le differenze si acutizzavano.

L’INNO NAZIONALE chiudeva, solennemente, anche il CONCERTO DEI VINCITORI del premio nazionale di musica “IL FLAUTO E LA CLAVIETTA D’ARGENTO CITTA’ DI COSENZA”, che la mia scuola aveva istituito. A questo Premio partecipavano, annualmente, dai 1000/1300 alunni provenienti da tutta Italia. Dopo 4/6 giorni di eliminatorie, che si svolgevano nell’AUDITORIUM della scuola, la semifinale e la finale si svolgevano nella magnifica cornice del TEATRO RENDANO.

IL CONCERTO DEI VINCITORI concludeva, alla presenza di tutte la autorità della città di Cosenza, il Premio e l’INNO DI MAMELI lo chiudeva. solennemente. Negli anni ottanta non c’era molto amore di Patria in giro per l’Italia. L’INNO NAZIONALE veniva ascoltato seduti e con molta distrazione in tutta Italia.

Ma non a Cosenza. Non al CONCERTO DEI VINCITORI del Premio di musica nazionale “IL FLAUTO E LA CLAVIETTA D’ARGENTO CITTA’ DI COSENZA”. A Cosenza tutti i presenti in teatro venivano invitati ad alzarsi in piede in segno di rispetto verso la PATRIA e unirsi al coro e all’orchestra degli alunni della FAUSTO GULLO per cantare tutti insieme l’INNO DI MAMELI..

Tutto questo era possibile perché la FAUSTO GULLO aveva formato un’orchestra con coro di 80 elementi. .Condotti da un’insegnante di musica di rare capacità professionali, MARILENA SALERNO, giovanissima titolare di cattedra.

Erano gli ANNI OTTANTA. Cose simili, nelle altre scuole d’Italia, si incominceranno a vedere molto tempo dopo, con la PRESIDENZA CIAMPI, che aveva, ed ha, un fortissimo SENSO DI ITALIANITA’.

CARLO AZELIO CIAMPI, che aveva vissuto sulla propria pelle questa mancanza di ORGOGLIO NAZIONALE all’estero, fece molto per promuovere questo SPIRITO DI ITALIANITA’. Ma sulla sua strada ha sempre trovato LA BECERA CULTURA INTERNAZIONALISTA, che riportava indietro l’orologio della storia.

Lo riportava a quel fatidico 1494, quando, quella che oggi chiamiamo Italia non esisteva nemmeno come concetto, i Signori degli STATI REGIONALI, UBRIACHI DI LOCALISMO, invitarono lo straniero in Italia per esserne dominati.

Mi riferisco ai tragici fatti di NASSIRIA, in Iraq, Ciampi e il governo in carica, non solo hanno fatto una grandissima COMMEMORAZIONE FUNEBRE NAZIONALE di questi eroi, che COINVOLSE ED INORGOGLI’ TUTTI GLI ITALIAI, ma avevano posto le premesse per farne un ALTO MOMENTO UNITARIO DI AMOR DI PATRIA negli anni a venire.

Consapevoli che il SENTIMENTO DI ITALIANITA’ può attecchire e crescere robusto solo se i grandi eventi, lieti o tragici che siano, sono vissuti UNITARIAMENTE DA TUTTA LA COMUNITA’ ITALIANA.

Il governo successivo, miope ed ottuso, preda ancora di una CULTURA TERZOMONDISTA, ha distrutto questo disegno facendo ricorso alla formula, che ha sempre diviso l’Italia sin dal 1494,: “OGNUNO PIANGA I SUOI MORTI”. E non sapeva, o non voleva sapere, che in un’Italia, psicologicamente unita, i MORTI DI UNO SONO I MORTI DI TUTTI.

La celebrazione di questi eroi, MORTI PER SERVIRE LA PATRIA, fu trasferita alle LOCALITA’ di appartenenza. Nessuno dei nuovi governanti ha pensato che questi eroi, se fossero rimasti UNITI ANCHE NELLA CELEBRAZIONE DELLA RICORRENZA, AVREBBERO CONTINUATO A SERVIRE LA PATRIA MANTENENDO ALTO E VIVO IL CONCETTO DI ITALIANITA’. Questi eroi, ormai, non fanno più storia. Sono caduti nel dimenticatoio LOCALISTICO.

CONTINUA

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