domenica 8 giugno 2008

LO STATO DIVENTA AMICO DELL’UOMO: IL WELFARE STATE

Il primo intervento dello Stato nell'economia era stato dettato dall'esigenza di creare un equilibrio stabile nel sistema economico ed evitare, così, i guasti che il sistema capitalista, se lasciato a se stesso, produceva periodicamente. Questo fu il periodo delle grandi nazionalizzazioni nel settore dei servizi.

Successivamente, questo intervento si estese fino ad interessare direttamente la grande industria: da quella di base a quella manifatturiera. Così, accanto ad un settore privato dell'economia, nacque e si sviluppò, a partire dagli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, un settore pubblico che, secondo Aneurin Bevan, ministro del primo governo laburista inglese del secondo dopoguerra, doveva assumere un ruolo strategico nella politica del governo.

Secondo il socialista Bevan, le nazionalizzazioni dei settori strategici della grande industria e dei servizi dovevano costituire le premesse indispensabili per la realizzazione di una politica di grandi riforme sociali in senso egualitario e garantista.

In poco più di un quarto di secolo, lo Stato inglese nazionalizzò il 16 per cento dell'industria nazionale. Gli altri Stati europei lo seguirono a ruota. La Francia con il 23 per cento. L'Italia, con il suo settore nazionalizzato e quello a partecipazione statale, il 20 per cento, la Germania il 14 e iì Benelux il 10.

Su queste premesse, il governo socialista dì Clement Attlee (19451951) impostò la sua politica per la realizzazione di un piano assistenziale, che fu elaborato, in piena seconda guerra mondiale (1942) e su incarico di Winston Churchill, dal liberale William Beveridge.

Il piano Beveridge sì basava sull'impegno da parte dello Stato di GARANTIRE L’ASSISTENZA AL CITTADINO DALLA CULLA ALLA TOMBA (A questo tipo di Stato, più tardi, verranno date varie definizioni: Welfare State, Stato assistenziale, Stato del benessere, Stato garantista, ecc), senza distinzioni sociali.

Al cittadino, come membro di diritto dello Stato, veniva garantito:
1) un minimo dì sicurezza economica;
2) tutta l'assistenza sanitaria;
3) una pensione per la vecchiaia o in caso di inabilità;
4) e - soprattutto – veniva salvaguardata la sua dignità umana: quello che prima riceveva, in caso di bisogno, come carità pubblica o privata, ora gli veniva attribuito come diritto sin dalla nascita, sia che nascesse ricco o povero.

Era una concezione nuova e rivoluzionaria dello Stato. Allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo del liberismo puro, si sostituiva la concezione dell'umanità dell'uomo verso l'uomo. Allo Stato gendarme, così caro ad Adam Smith, si sostituiva lo Stato-amico che liberava l'uomo dalla paura del bisogno.

L'esperienza storica, tuttavia, ha dimostrato che il settore pubblico dell'economia non ha svolto quel ruolo strategico che era nei pensieri dei suoi ideatori. Col passare del tempo, esso era diventato un cronicario delle industrie private decotte, che venivano addossate alla collettività per garantire i livelli occupazionali.

Esso non creava ricchezza, ma la distruggeva. I suoi deficit erano diventati paurosi e riesciva a sopravvivere solo grazie ai costanti finanziamenti dello Stato. La sua stessa esistenza, come industria assistita, stravolgeva le regole dell'economia di mercato, secondo le quali ogni impresa ha un proprio ciclo di vita e riesce a restare sul mercato (e quindi a vivere) solo se è competitiva e produce utili.

Il settore pubblico, invece, era diventato immortale e come tale era al di sopra e al di fuori delle leggi del mercato. Non produceva più per il mercato, ma produceva solo per perpetuare se stesso a spese della collettività.

Il fallimento delle nazionalizzazioni venne ampiamente riconosciuto da tutti, ed i partiti di sinistra, che prima ne facevano dei cavalli di battaglia, le hanno cancellate dai loro programmi.

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