giovedì 30 giugno 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (9)

GLI EVOLUZIONISTI SOCIALI

Con i sociologi o, come sono più spesso definiti, gli evoluzionisti sociali (Turgot, Condorcet, Comte), si entra in un altro campo di azione. Quello che interessa a questi pensatori non è tanto il corso degli eventi storici, così come essi sono avvenuti, che è compito dello storico, ma la società, nel suo insieme, che essi fanno oggetto delle loro riflessioni e sviluppano delle generalizzazioni che definiscono leggi dello sviluppo sociale

Ma, prima di occuparci di essi e del loro pensiero, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione ad alcuni pensatori che, pur non occupandosi di storia, ma di letteratura, formularono alcune idee che eserciteranno una certa influenza nei secoli successivi. In effetti, essi, senza averne coscienza, davano una sterzata di 180 gradi alle concezioni della storia dell'uomo che erano prevalse fino ad allora, da quella ebraica, che, con la caduta dell'uomo, aveva fissato per sempre l'ideale di perfezione da cui l'uomo si allontanava sempre più, a quella pagana dell'Età dell'oro, che sosteneva, più o meno, la stessa tesi; da quella greco-romana che, con i suoi cicli di crescita e di decadenza, aveva condannato l'uomo a ripercorrere sempre le stesse tappe, a quella cristiana, che aveva reso l'uomo uno strumento per la realizzazione della volontà di Dio, ed introdussero, coscientemente, quel concetto di progresso, che a Vico, mancava e che farà tanta strada nel secolo successivo.

Ma, nel presente, essi (Jean Desmaret de Saint Sarlin, 1595-1676, Charles e Pierre Perrault, 1628-1703, 1611-1680; Charles Irenee Cartel, abbé de Saint Pierre, 1658-1745; Bernard Le Rovier, de Fontanelle, 1657-1757) mossero una vibrata rivolta contro la tradizione umanistica dei Bacone, dei Pascal e dei Boyle, i quali sostenevano che gli autori antichi erano superiori ai moderni e che l'umanità aveva subito, nel corso del tempo, un processo di invecchiamento e, quindi, di decadenza.

Per bacone i grandi geni appartenevano solo all'età giovane del mondo e questi geni si chiamavano Aristotele, Platone, ecc. L'uomo moderno, che aveva superato gli antichi nel metodo, poteva competere con gli antichi e superarli solo indirizzandosi verso campi limitati della ricerca e del sapere (ed egli proponeva la compilazione di una storia naturale, a più mani, da cui dovevano essere inferiti, per induzione, gli assiomi fondamentali). Solo così i moderni potevano vincere la superiorità intellettuale degli antichi. E, in effetti, Bacone fu il campione della modernità, ma egli faceva una netta distinzione: intellettualmente l'individuo singolo era meno dotato (proprio a causa della teoria dell'invecchiamento della razza umana) dei giganti dell'antichità, ma collettivamente i moderni erano superiori agli antichi.

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giovedì 16 giugno 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (8)

LE GRANDI CIVILTA’

E' con la civiltà persiana che lo Spirito del mondo prese coscienza di sè. Per Hegel, " con l'impero persiano entriamo, per la prima volta, nella continuità storica. I persiani sono il primo popolo storico; la Persia fu il primo Impero che scomparve " ( Hegel, 1956: 173 ). Il primo Impero dinamico, la cui storia conobbe grandi sconvolgimenti, grandi conquiste e, alla fine, la totale distruzione ad opera dei greci. " Qui troviamo, per la prima volta nella storia, un passaggio che non è rimasto in sè, ma che ha dato luogo all'abbattimento di un regno. Il regno cinese. il regno indiano, sono ancora quelli che sono sempre stati. Invece in Persia abbiamo col passaggio anche la distruzione; e questo è il segno dell'avvento dello spirito " ( de Ruggero, 1972: 192 ).

Con i greci lo spirito entra nella sua gioventù e la Grecia è la terra della giovinezza. Essa iniziò la sua storia con " Achille, il giovane ideale della poesia e la chiuse con Alessandro, il giovane ideale della realtà ( Hegel, 1956: 223 ). La storia della Grecia abbraccia tre periodi: quello della crescita, in cui il contatto con l'Oriente fu molto importante; quello della maturità, fatto di vittorie e di prosperità, quando tutte le sue energie sono dirette verso l'esterno e si incominciano a tradire i valori originari all'interno, e quello del declino, quando entra in contatto con la nazione che è portatrice di uno spirito più maturo: Roma.

Ma, pe Hegel, neanche Roma è la sede definitiva dello spirito. Essa rappresenta solo una maturità, il momento in cui si afferma la sua potenza universale e la sua supremazia sulla individualità ( Hegel, 1956: 278 ). La vera sede dello spirito è il mondo cristiano-germanico, nato dalla disgregazione dell'impero romano, dal sorgere ed affermarsi della religione cristiana e dai nuovi popoli che si affacciarono alle porte della storia: i popoli germanici.

Qui lo spirito raggiunge la sua vecchiaia. non nel senso di decadenza, ma - come abbiamo visto - come il momento più alto e più completo della propria vigoria fisica e psichica. " Lo spirito tedesco è lo spirito del mondo moderno e, anche, il periodo finale della storia. In esso Dio realizza completamente la sua libertà nella storia " ( Bury, 1952: 255 ).

Nel suo movimento di autorealizzazione, lo spirito del mondo raggiunge diversi gradi di libertà umana. Nel mondo orientale solo uno era libero, il despota, e la forma tipica di governo era il dispotismo. Nel mondo greco-romano, dove , accanto ad una forma di governo democratico, vigeva l'istituto della schiavitù, solo alcuni erano liberi ( il cittadino, non l'uomo in quanto tale ), e le forme tipiche di governo erano l'aristocrazia e la democrazia. Nel mondo cristiano-germanico, dove si è affermata il principio cristiano del valore infinito della coscienza soggettiva, tutti sono liberi e la forma di governo è la monarchia.

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venerdì 10 giugno 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (7)

HEGEL
Hegel, a differenza di Vico, che non si era interessato alle vicende di alcun popolo o nazione in particolare. prese in esame, anche se sommariamente e, alcune volte, erroneamente, tutto lo svolgimento storico delle varie civiltà che si erano succedute nel corso del tempo fino ai suoi giorni, che furono, perciò, visti come il punto di arrivo della storia del mondo.

Se per Vico la storia del mondo si svolgeva secondo un processo di corsi e ricorsi, in cui l'idea di progresso era quasi completamente assente, per Hegel essa si era svolta secondo una linea evolutiva dalla prima civiltà, che egli faceva corrispondere alla Cina, fino ai suoi giorni. Questa evoluzione era avvenuta secondo le legge dialettica (Reichenbach, 1974: 77) della tesi, antitesi e sintesi. Il passato ( tesi ) veniva negato dal presente (antitesi) e, da questa negazione, nasceva la sintesi. In base a questo concetto, "ogni periodo storico, negando il periodo precedente, ' fa suo ' tutto ciò che di significativo vi era in esso e lo conserva come l'aspetto di una realtà sociale più ricca e più completa.

Così, secondo Hegel, ogni generazione successiva può considerare se stessa, allo stesso tempo, come la negazione, la custode e la perfezionatrice della cultura che essa ha ereditato dalle generazioni precedenti. La nostra stessa cultura dell'Europa Occidentale è, in parte, qualcosa di nuovo al mondo. Ma tutto ciò che di vitale vi era nelle culture della Grecia, di Roma, della Giudea e del cristianesimo medievale, non è andato realmente perduto" (Aiken, 1956: 76).

La storia del mondo, per Hegel, è la storia della Spirito, la cui essenza è la libertà, che realizza se stesso attraverso varie tappe, analogamente a quanto avviene per l'uomo. Così esso ebbe un'infanzia, una gioventù, una maturità e una vecchiaia. Quest'ultima, per Hegel, non significa decadenza, ma rappresenta il culmine della propria vigoria fisica e psichica.

Lo Spirito del mondo, per Hegel, conobbe la sua infanzia nell'antico oriente, ma senza prendere coscienza di sè. La civiltà cinese, con la quale iniziò la storia, e la civiltà indiana, con il suo panteismo dell'immaginazione, non seppero elevarsi dal mondo della materia per raggiungere il traguardo della Ragione e della Libertà*. Esse furono civiltà statiche, non soggette o mutamenti perchè "non hanno maturato quegli elementi, la cui interazione costituisce il progresso vitale" (Hegel, 1956: 116). Esse rimangono, perciò, ora come allora, al di fuori della storia del mondo.

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giovedì 2 giugno 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (6)

VICO
Per Vico il processo storico, iniziato con gli uomini primitivi, si è svolto secondo delle linee di sviluppo identiche a quelle della mente umana. Come questa conosce tre fasi: quella dei sensi, quella della fantasia e quella della ragione così il divenire storico dell'uomo si è svolto secondo le tre età corrispondenti degli dei, degli eroi e degli uomini. Secondo Vico, gli uomini " prima sentono senza avvertire, dappoi avvertono con animo perturbato e commosso , finalmente riflettono con mente pura " (Vico, 1976: 91).

Nell'età degli dei, gli uomini erano completamente immersi nei sensi, soggiacevano alle passioni più violenti ed erano dediti esclusivamente al soddisfacimento dei bisogni del corpo. La natura, per gli uomini primitivi, era dotata di anima e intesa come viva e capace di usare la propria forza. I fenomeni naturali, quali tuoni e fulmini, creavano panico e terrore e furono la causa diretta della prima spiegazione fantastica, della " prima favola divina, la più grande di quanto mai se ne finsero appresso, cioè Giove, re e padre degli uomini e degli dei, in atto fulminante " (Vico, 1976: 141).

Il terrore e il culto degli dei fecero sentire all'uomo l'esigenza di organizzare la propria vita e a darsi una prima struttura sociale che fosse gradita agli dei e contribuisse a placare la loro collera. Sorsero così gli istituti del matrimonio e della famiglia ad opera di uomini super dotati - gli eroi, appunto - che, con la loro forza bruta e l'aggressività, imposero la loro supremazia sugli elementi della propria comunità e su quegli individui estranei ( famoli ) che volontariamente si sottomettevano in cambio di protezione L'unione di queste primitive strutture sociali e l'alleanza dei loro capi, o patres, dettero vita alle prime città e alla formazione di una classe aristocratica - i patres - che elesse nel proprio seno un re; così nacquero i primi governi aristocratici.

La lotta, all'interno di questa società, dei famoli e degli altri clientes, per la conquista di maggiori spazi e la partecipazione alla gestione della res publica, condusse alla istituzione del governo democratico, che rappresentava, per Vico, la forma di civiltà più avanzata raggiungibile nel corso storico.

Per Vico, tuttavia, il corso storico non si esauriva con l'istituzione del governo democratico. Quest'ultimo conteneva, irrimediabilmente, i germi della sua decadenza, per cui si creavano le condizioni per l'inizio di un ricorso storico, fatto - come il precedente - di barbarie, società eroiche e governi democratici, che Vico aveva individuato, rispettivamente, nelle invasioni barbariche del V secolo, nel feudalesimo e nell'età moderna. Il ricorso storico, anche se simile al corso storico, non era identico ad esso. Corso e ricorso si svolgevano secondo un movimento ciclico a spirale.

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