sabato 28 maggio 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (5)

LA SHIFTING LEADERSHIP DEGLI STATI EUROPEI

Il cammino dell'uomo nella storia è sempre stato costellato da una molteplicità di stati o nazioni che, ad un certo punto della loro esistenza, hanno assunto, di fatto e di diritto, la leadership, molto spesso anche politica, del mondo conosciuto per guidarlo verso nuovi traguardi, che lo facevano avanzare nell'organizzazione sociale e politica della società. Questa leadership, nel XVIII secolo, fu assunta dall'Inghilterra ( Barone-Ricossa, 1974: 111 ) nell'ambito della civiltà europea, dopo essere passata per altre nazioni della stessa civiltà ( Kroeber, 1963 ).

La storia del mondo, a partire dall'XI secolo e fino all'inizio del secolo XX, è la storia d'Europa, che ha saputo creare una civiltà che ha permeato di sè tutti i nuovi continenti ( Bagby, 1963 ) e si è imposta pacificamente, in virtù della sua riconosciuta superiorità ( Boas, 1962: 5 ), in tutti gli angoli del vecchio mondo. E, nell'ambito di questa civiltà, l'Inghilterra rappresenta la fase finale e culminante, dopo di che la leadership verrà assunta da un'altra nazione di una civiltà più ampia - quella Occidentale - che ingloba anche l'Europa, ma in una posizione subalterna e gregaria.

A partire dal XVIII secolo , quando si sono incominciate ad avere le prime grandi visioni sintetiche della storia ( Diltey, 1967: 45 ), si è sempre sentita l'esigenza di dare una spiegazione globale alla storia dell'uomo e delle sue civiltà per cercarne il senso ultimo, non su basi meramente intuitive e trascendentali, come avevano fatto S. Agostino ( De Civitate Dei ) e Bossuet ( Histoire Universelle ), ma su basi scientifiche, che dessero validità universale alla spiegazione, proprio come il metodo scientifico, inventato nel XVII secolo, aveva dato validità universale alla spiegazione fisica.

Filosofi, sociologi, storici e, di recente, antropologi hanno cercato di determinare le leggi dello svolgimento della storia dell'uomo e delle sue civiltà. I filosofi hanno visto nella storia un disegno generale che andava al di là delle capacità umane ( Croce, 1973: 108-112 ). Per i filosofi,l'uomo, nel suo agire, attuava inconsciamente un disegno che era al di fuori e al di sopra della sua intelligenza. Il vero promotore della storia era, di volta in volta, la Provvidenza o lo Spirito del mondo che realizza se stesso, per citare solo i due più importanti filosofi che si sono occupati della storia: Vico e Hegel.

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giovedì 19 maggio 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (4)

L’ITALIA ESCLUSA DALLO SVILUPPO

Che l'Italia fosse esclusa dall'ulteriore sviluppo della sua civiltà dalla scoperta del continente americano, che spostò il baricentro delle attività economiche e commerciali, è una grande favola a cui si è creduto per troppo tempo (cipolla, 1974: 288).

Nel XVII secolo, l'Italia perse i suoi tradizionali mercati a favore degli inglesi, dei francesi e degli olandesi, non perchè si era spostato il baricentro economico e commerciale, ma perchè le citate nazioni producevano, a prezzi inferiori, " un nuovo tipo di tessuto, più leggero, meno durevole, ma più vivace e più bello (Cipolla, 1952: 182).
I reali motivi dell'esclusione dell'Italia non furono i fatti geografici (che d'altronde aveva sempre superato brillantemente nel passato, raggiungendo ogni angolo della terra con i suoi traffici), ma fu il sistema politico, che non garantiva più all'individuo quel clima di libertà e di autorealizzazione, di cui aveva goduto nel periodo comunale, e che aveva promosso il suo spirito di iniziativa.

Questo provocò un inaridimento delle sue capacità di intrapresa, che avevano perso quello slancio inventivo e creativo, che avevano avuto nella fase di crescita, e si limitarono a gestire il presente e l'esistente. I fatti veri sono che " l'Italia ... era ricca - ne era certo Braudel almeno per la prima parte del Seicento - ma non era più pronta a rischiare i suoi capitali e, per così dire, giocava in difesa " (Pagano de Divitiis, 1986: 120).

Non fu lo stretto di Gibilterra il vero ostacolo. In quello stesso periodo gli inglesi, e gli olandesi, si spingevano a Sud fino in Italia e il suo tradizionale mercato del Levante, oltrepassando lo stretto di Gibilterra (Wilson, 1957: 4).

L'ostacolo vero fu nella decadenza di quello spirito di intraprendenza e di apertura mentale che avevano fatto la sua fortuna. Già a partire dal XVI secolo, l'Italia aveva perduto la sua tradizionale apertura mentale ed aveva sviluppato quello spirito di arroganza che è stato, nella storia, una caratteristica di tutte le civiltà mature, per cui si sono sempre chiuse a qualsiasi contributo di idee e di conoscenze provenienti dal mondo esterno, ritenendolo inferiore (barbaro).

Cioè, quando l'Italia divenne Maestra non seppe essere anche, e contemporaneamente, alunna (come vedremo in seguito) per conservare quella duttilità mentale che consente all'individuo, come alla nazione, di essere sempre aperto all'apprendimento di nuove idee, di nuove tecniche, che sono la premessa indispensabile per la continua crescita.

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sabato 14 maggio 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (3)

L’EUROPA CROGIOLO DI TUTTE LE IDEE PRODOTTE NEL MONDO

La forma di governo parlamentare rappresentativo è il punto di arrivo di un processo storico iniziato con le invasioni barbariche dell'Europa del V secolo ed è il frutto di una plurisecolare lotta per il potere all'interno dello stato tra corona, nobiltà e borghesia.

Questa lotta, in un primo tempo, era comune a tutti gli stati europei (Felicetti, 1983), ma, nel XVI secolo, nell' Europa continentale essa si risolse a favore della corona che si affermò come potere assoluto, che governa attraverso atti della propria volontà, mentre in Inghilterra essa si risolse, nel secolo successivo, a favore della borghesia e di quella parte della nobiltà che l'aveva seguita sui campi di battaglia nello scontro frontale che essa ebbe con la corona per l'affermazione dei poteri del parlamento.

La Rivoluzione Industriale è il punto di arrivo di un processo storico iniziato con la civiltà sumerica (Usher, 1921) e che, attraverso alterne vicende ed alterne fortune, con periodi bui -quando tutto sembrava ritornare al punto di partenza- e con periodi luminosi -quando l'umanità ripercorreva a tappe forzate e frenetiche tutta la strada percorsa dalle generazioni precedenti- raggiunse la sua maturità in Europa e, precisamente, nell'Inghilterra del XVII-XVIII secolo.

L'Europa è stato il crogiolo di tutte le idee, di tutte le tecniche e di tutte le invenzioni prodotte dalle civiltà precedenti e contemporanee e il suo prodotto finale fu superiore alle singole parti e qualitativamente diverso: un uomo con abiti mentali più sofisticati e meglio strutturati che gli hanno consentito di raggiungere traguardi mai sognati prima.

Non furono i fattori geografici e politici da soli che determinarono il sorgere della Rivoluzione Industriale e la forma di governo parlamentare rappresentativo.

Essi furono il prodotto di quest'uomo nuovo europeo, pervaso da una grande sete di apprendere, desideroso di andare alla scuola del mondo per imparare tutto quello che si era prodotto nel passato recente e lontano e su di esso costruire il futuro, quello proprio e quello dell'umanità intera.

E questo atteggiamento mentale, comune a tutti i popoli che hanno creato una civiltà (Greci, Rinascimento, ecc.), era una prerogativa, quasi esclusiva -come dimostreremo- dell'uomo inglese a partire dal XVI secolo, che -lottando sui campi di battaglia- seppe conservare, innalzandole a vette mai raggiunte prima, e le istituzioni parlamentari -scomparse nel resto d'Europa- e la libertà di autodeterminazione,del singolo individuo e dei gruppi,che quelle istituzioni garantivano.

Solo in questo senso le condizioni geografiche e politiche giocarono un ruolo decisivo.

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giovedì 5 maggio 2011

UNO STUDIO SULLA STORIA DELL’UOMO (2)

L’EUROPA DEL XVIII SECOLO

Che cosa aveva l'Europa del XVIII secolo, della cui civiltà l'Inghilterra era la punta avanzata, che la rese capace di riuscire dove nessun'altra civiltà del passato o contemporanea era riuscita ?

Non basta dire, per rispondere alla prima domanda, che il parlamento era un istituto piuttosto diffuso nell'Europa medievale e che solo in Inghilterra trovò il terreno fertile per crescere e svilupparsi nella forma in cui lo conosciamo oggi (Toynbee, 1957, I: 237).

Bisogna dire perchè, al di là dei fattori fisici e politici, questo terreno fertile si trovasse solo in Inghilterra e non anche in Spagna, dove nacque il parlamento rappresentativo, o in Francia, dove nacque il moderno esecutivo.

Non basta dire, per rispondere alla seconda domanda, che la rivoluzione industriale si verificò in Inghilterra perchè questa aveva un sistema politico favorevole, una favorevole posizione geografica, una grande esperienza nel commercio internazionale, una favorevole politica di libera circolazione dei beni all'interno, una accentuata crescita demografica e una relativa abbondanza di fonti di energie.

Bisogna dire perchè queste condizioni, da sole, non dettero vita ad una società industriale in altre civiltà del passato remoto e recente e la crearono, invece, nell'Inghilterra del XVIII secolo

Nel mondo greco-romano si avevano le stesse condizioni politiche, la stessa posizione geografica favorevole (era al centro del mondo antico, dal ricco est al selvaggio ovest), la stessa grande esperienza nel commercio internazionale, la stessa libero circolazione dei beni all'interno, la stessa crescita demografica favorevole e le fonti di energia (De Martino, 1979: 735-36) potevano essere disponibili (Sambursky, 1963: 230), eppure non si ebbe alcuna Rivoluzione Industriale. Perchè? L'esistenza di una forma di economia schiavistica da sola non è una spiegazione sufficiente, come vedremo.

Nell'Italia del Rinascimento troviamo le stesse condizioni che abbiamo trovato nella Grecia antica, ma neanche questa civiltà produsse una società industriale. Perchè? Eppure questa civiltà era molto avanti sulla via di una produzione di massa. Aveva sviluppato al massimo il lavoro artigianale, aveva dato vita a tecniche di produzione avanzatissime ed aveva creato tutti gli strumenti del capitalismo finanziario.

In sostanza, "alla fine del medioevo, l'Europa possedeva risorse tecnologiche sufficienti per una Rivoluzione Industriale. Ci si può, quindi, chiedere come mai il mondo abbia dovuto attendere così a lungo Watt e Arkwright" (The Economist, 1967: 16).

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