giovedì 30 ottobre 2008

COSENZA: URBANISTICAMENTE SQUALLIDA PERIFERIA DI RENDE?

Non è un hotel a 5 stelle che salverà Cosenza dal suo fato prossimo venturo. Il fenomeno che sta accadendo sul suo territorio è chiaro e leggibile. Ma gli attuali Amministratori sono ciechi e sordi. Oppure fanno come gli struzzi: per non vedere una realtà sgradevole mettono la testa sotto la sabbia.

Mentre Rende si struttura sempre più come una città cosmopolita, Cosenza arretra. Tranne il grande gioiello dell’isola pedonale di corso Mazzini, Cosenza non offre nulla. Urbanisticamente è una città costruita male. La maggior parte del suo territorio è coperto di casa popolari o di edilizia economica, triste eredità del dopoguerra.

Case popolari sulla grande arteria di via Popilia. Case popolari a S.Vito. Case popolari a Torre Alta. Case popolari sul lungo Busento. Edilizia economica ad ovest di Via Veneto e Piazza Cappello.

Cosenza non è cresciuta in base ad un piano urbanistico lungimirante, anche se, negli anni sessanta, fu chiamato a redigere il piano regolatore Elio Vittorini, uno dei massimi urbanisti italiani dell’epoca.

Ma è inutile recriminare sul passato. Acqua passata non macina più. Quello che è da condannare, con forza, è l’inerzia e la mancanza di immaginazione degli Amministratori attuali, che assistono passivamente a questo lenta perdita di status di Cosenza nei confronti di Rende.

Mentre Rende è un brulicare di vita, Cosenza sta progressivamente diventando spenta. Senza vita. Il fermento di vita si sta spostando su Rende sia di giorno che di notte. La MOVIDA ha ormai una caratteristica quasi esclusivamente rendese.
Cosenza ha rinunciato a conservare il suo storico status di città-guida quando non ha saputo cogliere l’occasione per fare del centro storico la più grande ed eclatante attrazione turistica di tutto il Mezzogiorno.

Ma vi ha rinunciato anche quando non ha avuto la fantasia di mettere mano alla struttura urbanistica della città. Quando non ha saputo immaginare la trasformazione di una città orizzontale, quale Cosenza è, in una città verticale, liberando spazi per fare di Cosenza una città a dimensione d’uomo, con servizi di primo livello.
Trasformare urbanisticamente una città oggi si può. All’estero lo fanno. Le tecniche ingegneristiche hanno fatto passi da gigante. Anche una zona ad alto rischio sismico può diventare una città verticale.

Se gli Amministratori di Cosenza avessero questa apertura mentale raggiungerebbero un doppio risultato. Eliminerebbero, inglobandole, le varie zone di disagio sociale, i vari ghetti, e farebbero di Cosenza un polo di aggregazione e di attrazione di alto livello, dove la vita rifluirebbe copiosa.

Per gli amministratori di Cosenza non ci sono giustificazioni perchè questo riordino urbanistico sarebbe a costo zero per le casse comunali. Il Comune dovrebbe solo “guidare” questa “rivoluzione” ad opera dell’iniziativa privata, che investirebbe i suoi capitali creando ricchezza e lavoro almeno per i prossimi vent’anni.

Il "Gruppo giovani imprenditori edili Ance" in un convegno, tenuto in Comune, si è autodefinito “I giovani costruttori della città di domani”. Diamo loro l’opportunità di verificare la concretezza delle loro idee.

Ma è fondamentale che anche il corpo elettorale faccia la sua parte: eleggere, come recita la legge, un Amministratore Unico che abbia idee e fantasia, alla Giacomo Mancini senior, e non un PRIMUS INTER PARES senza idee e senza fantasia, che spende tutto il suo tempo a MEDIARE gli inconfessabili interessi dei “suoi” (si fa per dire) collaboratori.

Se il cittadino abdica alla sua capacità di scelta, alla sua capacità di discrimine dei candidati a Sindaco della città, e non capisce che la nuova legge sulle elezioni comunali e provinciali ha messo fine allo strapotere clientelare dei partiti e ha restituito all'uomo, come singolo, tutte le responsabilità della gestione della cosa pubblica locale, non c'è salvezza. Tutto continuerà come prima e questa volta non possiamo attribuirne la colpa che a noi stessi che non abbiamo saputo cogliere questa grande opportunità di rinnovamento.

sabato 25 ottobre 2008

UN FONDAMENTALE DIRITTO DEL CITTADINO: LA LIBERTA' DALLA PAURA

In questi giorni di tremenda crisi finanziaria ed economica incomincia a serpeggiare nella mente del cittadino LA PAURA.

La paura di un futuro buio, fatto di un ritorno alla povertà e alla perdita di tutto il sistema dei diritti economici e sociali che l’uomo ha faticosamente conquistato nella storia.

Negli Stati assoluti, che uscivano dal medioevo, l'individuo, che non era ancora un cittadino, ma un suddito, aveva solo doveri. Questo era anche vero per l'Inghilterra. La Magna Carta del 1215, infatti, non concedeva nessun diritto al suddito, ma rappresentava un contratto stipulato tra il re ed i suoi baroni per il riconoscimento dei reciproci diritti.

Il suddito di questi Stati era completamente assoggettato alla supremazia del sovrano, che lo gettava in prigione senza un regolare processo, lo tassava senza il suo consenso, acquartierava i soldati nella sua casa, lo derubava della sua proprietà, gli proibiva di professare una religione diversa da quella ufficiale, ecc.


Nello Stato moderno, invece, l'individuo, non più suddito, ma cittadino, entra in contatto con lo Stato in un rapporto di diritti e di doveri. Il primo e fondamentale diritto che gli è riconosciuto è la libertà dalla paura della disoccupazione, della vecchiaia, della povertà, delle malattie, ecc.

Senza questo primo e fondamentale diritto economico, tutti gli altri diritti civili e politici, di cui il cittadino gode sin dalla nascita, perdono di valore e lo rendono meno libero.

Riflettiamoci . E confidiamo nella saggezza degli Stati che sappiano trovare gli strumenti giusti per superare questa tremenda crisi finanziaria-economica che potrebbe riportarci ai tempi bui del passato.

Tuttavia, un risultato notevole e positivo questa crisi l’ha raggiunto. Ha fatto prendere coscienza a tutti i governi, Occidentali e non, che, in un mondo ad economia globalizzata, le regole di Bretton Woods vanno strette. Vanno riscritte. E questo è l’impegno che hanno preso sia i governi Occidentali che quelli emergenti asiatici e sudamericani.

Se questo avverrà, la crisi sarà stata salutare perchè ci darà un mondo migliore e più affidabile.

giovedì 23 ottobre 2008

I CONCETTI CHE CONTANO:RAZZA E RAZZISMO

La teoria della razza pura fu sviluppata e portata alle sue estreme conseguenze soprattutto nella Germania di Hitler.

La supposta discendenza da un capostipite comune e la rassomiglianza fisica furono presi come segni di superiorità razziale. I teorici del nazismo affermavano che il popolo tedesco costituiva una razza pura, non inquinata da altre razze.

Secondo Hitler le qualità intrinseche dell'uomo sono determinate dalla sua discendenza o dal suo sangue. E i tedeschi erano la più alta specie umana che la grazia dell'onnipossente avesse concesso a questa terra.

Chiunque fosse nato da genitori tedeschi, in qualsiasi parte del globo terrestre, sarebbe rimasto per sempre tedesco nel suo carattere e sarebbe appartenuto alla razza eletta.

Gli antropologisti, comunque, affermano che in Europa non vi sono razze pure e che probabilmente non ve ne sono nel mondo.

Generalmente la popolazione di una nazione è composta da razze o stirpi diverse che, nel tempo delle migrazioni, hanno vagato su uno stesso territorio.

mercoledì 15 ottobre 2008

I CONCETTI CHE CONTANO: NAZIONE E NAZIONALISMO

Il concetto di nazione e quello di nazionalismo hanno giocato un grande ruolo nella storia d'Italia. Il primo ci ha fatto sentire, nel XIX secolo, di appartenere ad un unico gruppo culturale, linguistico, storico, etnico e ci ha condotto alla costituzione di uno Stato unitario.

Il secondo, che è una esasperazione del primo, nel XX secolo ci ha fatto ubriacare di potenza (FASCISMO) e ci ha condotto alla totale distruzione della Seconda Guerra Mondiale, facendoci odiare il termine stesso dì "patria" e di "nazione", che abbiamo sostituito nel dizionario politico col termine "paese" e abbiamo coniato l'espressione ’ALL’ITALIANA’, “per indicare una cosa mal fatta, in modo approssimativo, raffazzonata alla meglio, da pasticcioni che vogliono fare i furbi o da furbi tanto pasticcioni che anche un ingenuo si accorge dell'inganno...

“In Italia, il sentimento nazionale, se non proprio spento, è assopito, estenuato. Ha dato un soprassalto. Ma non bisogna confondere una convulsione con un moto dì lunga durata. Ciò che ha costituito il cemento che ha tenuto insieme la nostra Repubblica, non è l'idea di nazione, ma la lotta per la libertà, per la giustizia sociale, per un Paese civile.

“Una battaglia non vinta, che deve continuare. Vincere questa battaglia è forse l'unica via attraverso la quale il sentimento nazionale potrà riprendere nuovo vigore» (Noberto Bobbio, in La Stampa; Anno 119, n. 265, 30 Novembre 1985. 10)

venerdì 10 ottobre 2008

LA CRISI FINANZIARIA IN BORSA

Entro in un campo non mio. Ma, per quello che so di economia, e non è poco, sento il dovere di dire anche la mia. Sto seguendo questa crisi in borsa da parecchio tempo e penso che gli “esperti”, in questo momento, non diano il MESSAGGIO giusto a chi ha investito i propri risparmi in azioni di aziende quotate in borsa.

Quando si dà il consiglio di non lasciarsi prendere dal panico si sta giocando in difesa. E chi gioca in difesa è sempre un perdente. E il panico prima o poi subentrerà se le vendite continuano così massicce.

Gli “esperti” dovrebbero fare un’altra lettura della situazione in borsa in questi giorni. Con i prezzi delle azioni così basse, E’ UNA GRANDE OPPORTUNITA’ PER INVESTIRE TUTTO IL DENARO DI CUI SI DISPONE.

I prezzi delle azioni in questi giorni non rispecchiano assolutamente il valore reale delle aziende. Comprare oggi a questi prezzi significa fare un grossissimo affare da qui 4/6 mesi. Ma anche prima di 4/6mesi.

Appena il mercato si calmerà i prezzi schizzeranno verso l’alto con una velocità supersonica.

E’ un peccato che io non abbia soldi da investire. Ma il consiglio che do a chi ne ha è: COMPRARE… COMPRARE … COMPRARE
E non ve ne pentirete.

mercoledì 8 ottobre 2008

IL SENSO DELLO STATO

Il senso dello Stato è una merce che non ha molto successo in Italia. L'esperienza storica ci ha sempre portato a diffidare di uno Stato che era, di volta in volta, gendarme, classista o totalitario.

La breve esperienza in corso di Stato democratico non è ancora riuscita a cancellare l'immagine storica di uno Stato avulso e distante che imponeva solo doveri, per sostituirla con l'immagine dello Stato-amico, democratico e repubblicano, che si è impegnato «a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (ART. 3 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA).

IL SISTEMA ELETTORALE E LA PRATICA SPARTITORIA DEL POTERE POLITICO

Il sistema elettorale proporzionale senza sbarramento, come l’abbiamo vissuto in Italia, ha sempre provocato la polverizzazione delle forze politiche organizzate (partiti).

Tranne che in un’unica, lodevole eccezione, questo sistema elettorale non ha quasi mai consentito la creazione di un Governo monocolore che avesse la possibilità di governare per l'intera durata del mandato.

I governi di coalizione sono stati sempre una necessità. Ma questo non era il male. In molti Stati, molto più maturi di noi politicamente, i governi di coalizione sono stati forti e stabili. Ma in questi Stati, come nella Germania, le coalizioni erano formati da due/tre partiti al massimo.

In Italia, invece, le coalizioni erano multipartitiche. Un partito molto corposo, sempre lo stesso, che per poter governare si circondava di una serie di partiti lillipuziani, i quali, per acquistare più forza, usavano l’arma del ricatto. Se non ottenevano quello che volevano mettevano in crisi la coalizione.

Questo situazione di debolezza delle coalizioni ha generato l'aberrante pratica SPARTITORIA del potere politico, che si diffuse anche all’interno dei partiti stessi.

Inoltre, la mancata possibilità di controllo, attraverso l'alternanza al potere tra opposizione e maggioranza, ha scatenato gli appetiti insaziabili dei singoli e dei gruppi all'interno dei partiti stessi, che vedevano nel denaro un mezzo necessario per acquisire un sempre maggiore potere di condizionamento politico.

In queste condizioni si è creata una nuova etica politica: l'illecito diventava lecito e i problemi reali della cosa pubblica passavano in seconda linea.

Perpetuarsi al potere diventava, di fatto, l'esigenza predominante.