domenica 31 agosto 2008

IL PARLAMENTO E LE CARTE COSTITUZIONALI

La Grecia classica aveva inventato la democrazia diretta. Le tribù germaniche, che sconvolsero tutto il mondo civilizzato occidentale nel V secolo, non avevano uno Stato organizzato con regole scritte (costituzioni) come i Greci. Avevano le loro consuetudini, che erano consuetudini di libertà ed uguaglianza, i due cardini su cui è fondata ogni democrazia moderna.

La loro consuetudine di riunirsi per prendere le decisioni che riguardavano la tribù era una forma di democrazia diretta, ma essi non ne ebbero mai coscienza.

Il parlamento moderno è figlio diretto di questa consuetudine, che sopravvisse nelle popolazioni d'Europa. L'uomo europeo, nato dalla mescolanza delle popolazioni latine e germaniche, adattò questa consuetudine alle esigenze di una comunità che diventava sempre più estesa e non poteva più riunirsi direttamente, ma doveva farlo attraverso suoi rappresentanti eletti.

Questa fu l'origine della democrazia parlamentare rappresentativa dei nostri giorni. L'uomo medievale vi aggiunse un nuovo elemento quando decise che il patto consuetudinario, che lo legava al sovrano in un rapporto di diritti e doveri, fosse messo per iscritto.

La Magna Charta, che i baroni inglesi strapparono a Giovanni Senza Terra nel 1215, può essere considerata la madre di tutte le costituzioni che seguirono. Essa sanciva, tra l'altro, il diritto del popolo a ribellarsi al sovrano se questo veniva meno al patto costituzionale sottoscritto.

lunedì 25 agosto 2008

LA CONOSCENZA E’ DEMOCRATICA O ARISTOCRATICA?

Sono stato per parecchio tempo senza scrivere nulla sul mio blog. L’estate mal si concilia con internet. In estate si ha bisogno degli spazi aperti, dove ci si può abbandonare all’ammirazione della bellezza del creato.

Non importa se al mare, in montagna o nella fredda GREEN ALBION (come nel caso mio). L’essenziale è sentirsi rinnovati dentro, come mi sento rinnovato io in questo momento. Sono ritornato alla mia sede di sempre. La mia preferita. In riva al mare.

La spiaggia si sta liberando dell’unico elemento inquinante: l’uomo. Fra poco la spiaggia ridiventerà deserta e ritorneranno i gabbiani. I miei amici di sempre. I cieli incominceranno ad essere cangianti.

Potrò riammirare i tramonti stupendi dell’autunno. Il mare sarà complice. Sarà dinamicamente diverso in ogni istante. Solcato dalle correnti marine, andrà da un blue intenso ad un celestino chiaro. Da un grigio cupo ad un grigio appena accennato.

Ma la sua bellezza più grande è quando si agita fortissimamente. Quando raggiunge forza nove. Con onde che sembrano toccare il cielo e la mia casa (un primo piano con scala esterna) è come se si reggesse sulle palafitte.

A volte, per giorni il mare staziona nel mio giardino e nel mio vialetto d’ingresso. Ma questa forzata “reclusione” non mi disturba. Vivo solo e posso liberamente abbandonarmi a quello che sento dentro. Dimenticandomi di tutto il resto del mondo. Anche se non potrei mai rinunciare al mio unico, insostituibile, legame con esso: internet.

In questi momenti, la musica classica mi è compagna. Brahms, Beethoven, Paganini, Ciaikoskij, e tutti gli altri, mi aiutano a sentirmi in sintonia con lo sconvolgimento degli elementi che avviene all’esterno. Specialmente quando le tempeste marine di pioggia e vento si infrangono sulle vetrate della mia casa.

Perché tengo un blog? Nei miei lunghi anni di studio e di ricerche nel mondo anglosassone, su entrambi i lati dell’Atlantico, ho appreso una verità fondamentale: la conoscenza non partecipata è sterile. Non concorre a produrre altra conoscenza. La mia, tanta o poca che sia, non voglio rimanga solo un mio patrimonio, ma voglio che sia messa a disposizione di tutti. Il senso più alto di un blog è proprio questo: partecipare il proprio sapere ad altri.

Il primo ad intuire che la conoscenza non deve rimanere un fatto di pochi, ma deve diventare un fatto in cui sono coinvolti tutti fu Bacone, nell’Inghilterra del Seicento. Bacone sosteneva che i moderni potevano competere con i giganti dell’antichità classica solo se si impegnavano in una ricerca collettiva.

Su queste sue idee fu fondata la Royal Society, la quale si pose il compito di raccogliere tutta la conoscenza prodotta in ogni angolo della Terra e metterla a disposizione di tutti. Una conoscenza che si voleva democratica come principio.

La Royal Society chiese a tutti i viaggiatori inglesi di mandare alla Society una relazione, più o meno dettagliata, di tutte le nuove conoscenze in cui si imbattevano. In tutti i campi. Da quello economico-produttivo a quello “scientifico”. Da quello del costume a quello politico.

Da questa conoscenza messa a disposizione di tutti nacquero la Rivoluzione Industriale e lo stile di vita inglese. Non c’è nulla nello stile di vita inglese (polo, cricket, ecc.) che non provenga da qualche altro Paese. Ma gli inglesi ebbero il genio di trasformarlo e renderlo inequivocabilmente britannico.

La stessa cosa avvenne nella Rivoluzione Industriale. Il mitico artigiano-inventore inglese si rifaceva a conoscenze acquisite da altri popoli, ma la macchina a vapore è inequivocabilmente britannica, anche se la forza-vapore fu scoperta in Francia.

Anche la tanto osannata AGRICOLTURA ALL’INGLESE è rintracciabile in altri Paesi, ma la sua caratteristica è inequivocabilmente britannica.

Per concludere posso dire che la conoscenza messa a disposizione di tutti democraticamente ha sprigionato le risorse inventive di un popolo che aveva scoperto il profitto come mezzo per arricchirsi.

Nell’Europa continentale la conoscenza non è stata mai democratica. Ha sempre avuto una connotazione aristocratica. L’inventore non era mai un artigiano, ma uno “scienziato” o uno “studioso” amatore, il quale era mosso, non dall’attesa di un profitto, ma dalla gratificazione fine a se stessa della scoperta.

Ancora oggi, mentre nel mondo accademico americano tutta la conoscenza prodotta viene messa on line a disposizione di tutti, nella nostra Italia, la conoscenza prodotta nel mondo accademico non viene partecipata, ma rimane chiusa, gelosamente, nel cassetto di chi l’ha prodotta.